Vaccino antitubercolare più efficace con la somministrazione endovena anziché intradermica: lo hanno scoperto scienziati americani
Ricercatori Usa afferenti al NIAID (NIH’s National Institute of Allergy and Infectious Diseases) hanno dimostrato, in uno studio recentemente pubblicato su Nature, che il semplice cambiamento della posologia e della modalità di somministrazione del vaccino antitubercolare attualmente disponibile da intradermico a endovena sarebbe in grado di aumentare la protezione di un modello animale (macachi rhesus) dal rischio di infezione da M. tuberculosis, l’agente eziologico responsabile della tubercolosi.
Lo studio getta nuova luce sulla comprensione dei meccanismi di protezione dall’infezione e dalla malattia indotti dal vaccino antitubercolare vivo attenuato, il BCG (bacillo di Calmette-Guerin) e suffraga la messa a punto di trial clinici sulla somministrazione endovena di questo vaccino, al fine di determinarne la superiore efficacia anche nell’uomo.
I presupposti dello studio
Perché il vaccino antitubercolare possa controllare l’infezione da M. tuberculosis e prevenire la malattia clinica, è necessario che induca una risposta forte e sostenuta da parte delle cellule T del sistema immunitario, con particolare riferimento a quelle del polmone.
Il vaccino BCG è disponibile ormai da un secolo e risulta essere tra i vaccini più largamente utilizzati a livello globale. Il problema è che la sua efficacia è soggetta ad ampi range di oscillazione in quanto potrebbe non essere in grado di generare un numero di cellule T sufficienti a livello polmonare.
L’idea di sperimentare una modalità di somministrazione endovena di questo vaccino è venuta da precedenti osservazioni condotte da uno degli autori di questo studio, che avevano documentato la miglior efficacia del vaccino antimalarico endovena sia in modelli animali che nell’uomo.
Lo studio
I ricercatori hanno raggruppato la loro colonia di scimmie in 6 gruppi, per verificare se la modalità di somministrazione endovena fosse più efficace dei quella intradermica o per aerosol anche nella Tb, in termini di risposta immunitaria e a livello polmonare a 24 settimane.
Dai risultati è emerso che il vaccino endovena era il solo a garantire i livelli più elevati e duraturi di cellule T sia a livello ematico che polmonare.
Sei mesi dopo la vaccinazione, i ricercatori hanno esposto gli animali vaccinati (insieme ad un gruppo controllo di scimme non vaccinate) all’agente eziologico della Tb, introducendo il batterio patogeno direttamente a livello polmonare, e hanno monitorato questi animali per la presenza di segnali di infezione fino a 3 mesi.
In questo modo hanno osservato che:
– 9 scimmie su 10 vaccinate con il vaccino BCG antitubercolare erano protette in modo elevato
– 6 scimmie non mostravano segni di infezione documentabile a livello tissutale
– 3 scimmie mostravano una conta molto ridotta di batterio infettante a livello del tessuto polmonare
Tutti gli animali non vaccinati e quelli immunizzati per via intradermica o per aerosol, invece, mostravano segni di infezione significativamente severa.
Nel commentare i risultati, i ricercatori hanno ipotizzato che la ragione principale della maggior efficacia della modalità di somministrazione endovena risiede nel fatto che il vaccino viaggia velocemente in circolo per raggiungere i polmoni, i linfonodi e la milza, innescando l’attività delle cellule T.
In conclusione, lo studio ha dimostrato che il vaccino BCG somministrato endovena conferisce un grado di protezione dall’infezione di Tb senza precedenti rispetto alle altre modalità di somministrazione standard di questo vaccino.
Il prossimo obiettivo dei ricercatori è, ora, quello di verificare se dosi più ridotte di vaccino BCG somministrato endovena possano garantire lo stesso livello di protezione osservato in questo studio senza dar luogo ad effetti collaterali, rappresentati, prevalentemente, dallo sviluppo di un’infiammazione temporanea ai polmoni.
Inoltre, perché il passaggio all’uomo del vaccino BCG endovena diventi realtà, è necessario anche determinare non solo la sicurezza di questa prassi vaccinale, ma anche la sua praticità, essendo noto come la somministrazione endovena di un vaccino di questo tipo richieda maggiore perizia e si accompagni ad un rischio più elevato di infezione.