L’adiposità, soprattutto quella addominale, si associa ad un maggior rischio di artrite psoriasica (PsA), secondo uno studio pubblicato su Arthritis Care & Research
L’adiposità, soprattutto quella centrale, si associa ad un maggior rischio di artrite psoriasica (PsA), stando ai risultati di uno studio pubblicato su Arthritis Care & Research.
Lo studio ha anche dimostrato che l’attività fisica non ha un chiaro effetto modificante positivo sull’obesità e sul rischio di PsA, ma, se svolta a livelli elevati, è in grado di ridurre il rischio di PsA, indipendentemente dal BMI.
I presupposti dello studio
Che l’adipe eccessivo possa rappresentare un fattore stimolante ambientale di insorgenza di PsA in individui geneticamente predisposti è cosa già da tempo ipotizzata in letteratura.
“Il tessuto adiposo – ricordano i ricercatori nell’introduzione al lavoro – è un organo endocrino che produce diversi mediatori di infiammazione come le adipochine, che influenzano sia la patofisiologia delle malattie CV che di alcune condizioni infiammatorie, come nella malattia psoriasica”.
“A queste osservazioni – continuano – si aggiungono anche quelle relative all’attività fisica che ha la capacità di modificare gli eventi negativi dell’adiposità sulle malattie CV e le malattie metaboliche. Inoltre, livelli elevati di attività fisica sono stati correlati con la riduzione del grasso corporeo e l’incremento della fitness cardiorespiratoria, due fattori associati alla riduzione del rischio di malattie CV”.
Quello che non è ancora chiaro è se l’attività fisica possa condizionare lo sviluppo di PsA in soggetti suscettibili geneticamente alla malattia.
“A questo riguardo – argomentano i ricercatori – vi sono osservazioni secondo le quali il trauma fisico generato da un esercizio fisico ad elevata intensità, responsabile di stress meccanico, potrebbe stimolare una risposta infiammatoria (es: entesite), contribuendo allo sviluppo di PsA. Tali risposte infiammatorie locali potrebbero essere di rilevanza eziologica per la PsA, al punto da portare a considerare questa condizione reumatologica più come una malattia di natura auto-infiammatoria che una malattia autoimmune strettamente intesa”.
Lo scopo di questo studio longitudinale è stato, pertanto, quello di approfondire la conoscenza sull’associazione tra l’adiposità e la sua distribuzione corporea (centrale o periferica) con il rischio di andare incontro a PsA. Inoltre, si è voluto verificare se livelli elevati di attività fisica potessero modificare i possibili effetti avversi associati a un BMI e ad una circonferenza addominale elevati sul rischio di incidenza di PsA.
Lo studio ha analizzato prospetticamente i dati relativi a due survey osservazionali norvegesi di popolazione nell’ambito del programma HUNT (studio HUNT2 e HUNT3).
Sul totale dei 116.043 partecipanti ai 3 studi del programma, 37.070 pazienti avevano partecipato sia allo studio HUNT2, condotto tra il 1995 e il 1997, che allo studio HUNT3, condotto tra il 2006 e il 2008.
Gli outcome considerati sono stati, rispettivamente, l’insorgenza di PsA tra lo studio HUNT2 e il follow-up nello studio HUNT3, come pure l’insorgenza di nuovi casi diagnosticati, in base ai registri ospedalieri tra lo studio HUNT3 e il 2012.
L’analisi finale del BMI ha considerato, rispetto ai 37.070 pazienti iniziali, i dati relativi a 36.626 individui di ambo i sessi che avevano completato i questionari somministrati nel corso delle due survey, non affetti da PsA prima di essere inclusi nello studio HUNT2.
Le successive analisi relative alla circonferenza toracica e all’attività fisica hanno incluso, rispettivamente, 36.595 e 34.834 individui, in ragione del riscontro di dati mancanti.
Alla fine, i ricercatori sono ricorsi all’analisi di regressione di Cox per stimare gli hazard ratio (HR) di incidenza di PsA.
I risultati
Lo studio ha documentato l’insorgenza di 185 nuovi casi di PsA nel corso del follow-up dello studio HUNT3.
I ricercatori hanno osservato che, ad un incremento pari ad una deviazione standard sia del BMI — 4,2 kg/m2 per il sesso femminile e 3,5 kg/m2 per il sesso maschile – sia della circonferenza addominale – 10,8 cm per il sesso femminile e 8,6 cm per quello maschile – corrispondeva un HR di PsA pari a 1,4 (IC95%=1,24-1,58) nel sesso femminile e a 1,48 (IC95%=1,31-1,68) in quello maschile, rispettivamente.
Rispetto ai pazienti normopeso, l’hazard ratio di PsA nei pazienti obesi è risultato pari a 2,46 (IC95%=1,65-3,68), mentre quello dei pazienti in sovrappeso è stato pari a 1,41 (IC95%=1-1,99).
Quando i ricercatori hanno messo a confronto i quartili estremi di circonferenza addominale, l’hazard ratio calcolato è stato pari a 2,63 (IC95%=1,73-3,99). Inoltre, le analisi degli effetti combinati, che hanno preso in considerazione un valore di BMI inferiore a 25 kg/m2 e un livello elevato di attività fisica come riferimento, hanno mostrato che la presenza di un BMI uguale o superiore a 25 kg/m2 si associava ad un hazard ratio di PsA pari a 2,06 (IC95%=1,18-3,58) negli individui con attività fisica ridotta, e ad un HR pari a 1,53 (IC95%=0,8-2,91) negli individui con attività fisica elevata.
Gli hazard ratio per la presenza di valori elevati di circonferenza addominale e attività fisica sono risultati pari, rispettivamente, a 2,25 (IC95%=1,4-1,63) e a 1,85 (IC95%=0,95-3,5).
Le implicazioni dello studio
In conclusione, “…I risultati di questo studio longitudinale di popolazione indicato l’esistenza di un’associazione positiva tra l’adiposità, con particolare riferimento all’obesità centrale, e il rischio di incidenza di PsA – scrivono i ricercatori nella discussione del lavoro -. Per quanto non sia stato rilevato un chiaro effetto modificante dell’attività fisica sull’adiposità, gli individui caratterizzati da livelli più elevati di attività fisica hanno mostrato una riduzione del rischio di PsA, indipendentemente dal BMI. Lo studio, pertanto, suffraga osservazioni precedenti di letteratura secondo le quali il rischio di PsA è modificabile, sottolineando l’importanza di adottare misure preventive di contrasto all’obesità e di incoraggiamento a svolgere attività fisica al fine di ridurre l’incidenza di PsA”.