Rifiuti nucleari da attività medicale e industriale e rifiuti derivanti dallo smantellamento delle centrali atomiche italiane: oggi i siti sono 23 ma serve un deposito
Per quel che riguarda i rifiuti nucleari da attività medicale e industriale e quelli derivanti dallo smantellamento delle centrali atomiche italiane, “oggi sono 23 i siti” dove “sono conservati”, e “fino alla realizzazione del deposito nazionale di superficie ci sarà il problema di gestirli, che non è una criticità ma è un modo di fare non in linea con una buona tecnica”. Alessandro Dodaro, il direttore del dipartimento Fusione e tecnologie per la sicurezza nucleare ENEA e presidente Nucleco, lo dice in audizione alla Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad esse correlati, la ‘Ecomafie’.
“Stiamo preparandoci a lunghi anni di assenza del deposito nazionale – spiega Dodaro rispondendo alle domande della commissione come riferisce l’agenzia Dire (www.dire.it) – sono partiti quest’anno i primi convogli che portano in Slovacchia grandi quantità di rifiuti nucleari trattati da incenerire, perché poi tornino ridotti a un centesimo del loro volume iniziale”.
In Italia i rifiuti nucleari “non si inceneriscono perché non consentito dalla legge, per una volontà politica, ma in diversi altri Paesi invece sì”, aggiunge. Insomma, “stiamo cercando di sopperire noi all’assenza del deposito nazionale- prosegue- e riteniamo che per i prossimo 10-20 anni non ci saranno problemi, ma se parliamo di 50 anni non è accettabile“, mezzo secolo che è la durata garantita delle attuali soluzioni.
Per quel che riguarda il deposito nazionale di superficie per i rifiuti nucleari, “che si mantengano i tempi previsti è improbabile, ma se si inizia non crediamo ci saranno problemi”, precisa Dodaro.
Per realizzarlo “servono 6 anni” ma “se si procrastina” si arriverà molto piu in là, “però credo sarà fatto molto prima” della scadenza dei 50 anni di tenuta dell’attuale soluzione, specifica l’esperto.
Il deposito nazionale di superficie per i rifiuti nucleari italiani “è necessario e va realizzato per collettare tutti rifiuti presenti sul territorio nazionale, evitando l’attuale frammentazione”, raccomanda Dodaro.
“Oggi abbiamo 23 siti dove sono conservati rifiuti radioattivi: le 4 centrali in decommissioning di Sogin, i 4 impianti a ciclo combustibile sempre di Sogin, 7 Centri di ricerca nucleare Enea, Ispra e deposito Avogadro, 7 operatori del servizio integrato in esercizio e un operatore del servizio integrato non più in esercizio, il deposito Cemerad del quale Sogin e Nucleco si stanno occupando della messa in sicurezza”. Ciò detto, “la capacità del deposito temporaneo è ancora di buon livello- conclude Dodaro- la maggior parte dei rifiuti è trattata e condizionata, e sono pronti per il trasferimento al deposito Nucleco”, la situazione “è sotto controllo”, ma non si perda altro tempo.
ENEA: “IN CONSORZIO UE DEPOSITO GEOLOGICO MA ITALIA NON IDONEA”
L’Italia partecipa, con l’ENEA, al consorzio Arius e al working group Erdo “per provare a individuare tra i Paesi fondatori del consorzio un deposito regionale” geologico di profondità per lo stoccaggio di lungo periodo dei rifiuti nucleari ad alta attività “tra i Paesi che non hanno necessità costruirne uno proprio”, vista l’insufficiente quantità del materiale ad alta attività da gestire. Però il deposito geologico regionale non verrà realizzato in Italia, che è il “Paese meno idoneo”, spiega Dodaro.
“Il deposito geologico è molto più costoso” di quello di superficie ed “è giustificato solo se la quantità rifiuti ad alta attività è grande”, dice Dodaro, “in Italia la quantità di rifiuti ad alta attività non è sufficiente per realizzare un deposito italiano geologico, per questo dal 2010 ENEA partecipa come osservatore alle attività del consorzio Arius (Association for regional and international underground storage) e al working group Erdo (European repository development organisation) per provare a individuare tra i Paesi fondatori del consorzio un deposito regionale tra i Paesi che non hanno necessità di costruire il proprio deposito, rispettando così la direttiva Euratom ed evitando lo sforzo economico e umano di realizzare tanti depositi in Paesi che non hanno bisogno di uno proprio”.
Ciò detto, per l’individuazone del sito di un deposito regionale dei rifiuti radioattivi ad alta attività “l’Italia è il Paese meno idoneo– spiega Alessandro Dodaro, direttore del dipartimento Fusione e tecnologie per la sicurezza nucleare ENEA e presidente Nucleco- ci sono Paesi che già si offrono, il deposito regionale sarà un impianto che garantisce sicurezza e introiti non indifferenti, è un affare sicuro se fatto come va fatto, e trattandosi di un consorzio europeo serio non ho dubbi che sarà così”. Oggi, ricorda Dodaro, “i rifiuti sono conservati nelle centrali e negli impianti del combustibile, tutti assegnati alla Sogin che in ogni sito ha realizzato depositi temporanei che permettono di gestirli in sicurezza per 50-100 anni, garantiti per il mantenimento in sicurezza dei rifiuti”. Poi, “non è che dopo 50 anni” questi depositi “si autodistruggono- conclude- ma facendo gli interventi di manutenzione il tempo può essere prolungato” anche se “non è la cosa migliore da fare, centralizzare è sempre meglio che frammentare, anche per questioni di security”.