Ictus ischemico: cardiomiopatie possibile causa


Pazienti con ictus ischemico di origine sconosciuta possono avere cardiomiopatie sottostanti che potrebbero essere rilevate con la risonanza magnetica

Pazienti con ictus ischemico di origine sconosciuta possono avere cardiomiopatie sottostanti che potrebbero essere rilevate con la risonanza magnetica

Alcuni pazienti con un ictus ischemico di origine sconosciuta possono avere cardiomiopatie sottostanti che potrebbero essere rilevate con la risonanza magnetica cardiaca (RM). È quanto suggerisce un nuovo studio pubblicato su “Neurology”.

«Sebbene rare, le cardiomiopatie dovrebbero essere considerate come una possibile causa di ictus ischemico acuto» scrivono gli autori guidati da guidati da Ana Catarina Fonseca, dell’Hospital de Santa Maria di Lisbona. «La ricerca di cardiomiopatie dovrebbe includere la RM cardiaca quando l’ ecocardiografia è normale ma esiste un sospetto basato su motivi clinici o limitazioni diagnostiche ecocardiografiche note» specificano.

I ricercatori spiegano che, attualmente, la maggior parte delle classificazioni eziologiche dell’ictus considerano la cardiomiopatia dilatativa solo una possibile causa di ictus.
Tuttavia, studi recenti che hanno seguito in modo prospettico coorti di pazienti con cardiomiopatia ipertrofica , cardiomiopatia del ventricolo sinistro non compattato e cardiomiopatia restrittiva hanno mostrato che queste patologie sono associate a un aumentato rischio di ictus ischemico.

Indagine da effettuare dopo un’ecocardiografia non dirimente
Per questo studio, 132 pazienti (età media, 68 anni) con ictus ischemico di origine sconosciuta (dopo aver avuto un ecocardiogramma) sono stati sottoposti a RM cardiaca e in 7 pazienti (5,3%) è stata identificata una cardiomiopatia.

Quattro pazienti avevano cardiomiopatia ipertrofica, due avevano cardiomiopatia restrittiva e uno cardiomiopatia del ventricolo sinistro non compattato. Sei di questi pazienti erano stati classificati dopo una valutazione standard con ictus indeterminato e un paziente con ictus cardioembolico (fibrillazione atriale).

«Abbiamo riscontrato un tasso più elevato di cardiomiopatia in questi pazienti rispetto alla popolazione generale» scrivono Fonseca e colleghi. «Sebbene la frequenza delle cardiomiopatie che abbiamo riscontrato fosse bassa, è simile alla frequenza di altre cause di ictus che vengono sistematicamente ricercate in pazienti con ictus criptogenetico come infarto emicranico o vasculite primaria del sistema nervoso centrale».

Non crediamo che questo studio da solo sarà sufficiente a far raccomandare la RM a tutti i pazienti con un ictus di origine sconosciuta, precisano Fonseca e colleghi. Probabilmente c’è bisogno di uno studio più ampio e di alcune analisi di efficacia in termini di costi. «Forse, se vi fosse il sospetto che ci possa essere una cardiomiopatia, allora potrebbe essere eseguita una RM. Per esempio, se un paziente ha avuto un ictus di origine sconosciuta ed è relativamente giovane – tra i 50 e i 60 anni – e l’ECG mostra segni di ipertrofia ventricolare, si potrebbe prendere in considerazione una RM».

«Il nostro studio ha incluso solo pazienti portoghesi e poiché le cardiomiopatie si verificano con frequenze diverse in popolazioni diverse, abbiamo bisogno di uno studio multinazionale per confermare questi risultati» aggiungono gli autori. Fonseca e colleghi osservano che il rilevamento della cardiomiopatia potrebbe anche aiutare a decidere in merito al trattamento in corso.

Ricadute sulla scelta del trattamento medico, favoriti gli anticoagulanti
«Potremmo considerare di iniziare un anticoagulante per ridurre il rischio di ictus successivo» puntualizzano. Sebbene non sia noto con certezza se un anticoagulante sia preferibile a un antiaggregante per ridurre il rischio di ictus successivo in pazienti con cardiomiopatia, può essere preferibile l’uso di anticoagulanti in questi pazienti , poiché possono avere una maggiore tendenza a produrre coaguli.

Inoltre, i pazienti con cardiomiopatia devono essere indirizzati a un cardiologo per il follow-up in quanto hanno un aumentato rischio di aritmie e morte improvvisa, aggiungono Fonseca e colleghi. Nell’articolo su “Neurology”, i ricercatori riportano che i pazienti con cardiomiopatia ipertrofica sono noti per avere una probabilità da quattro a sei volte maggiore di sviluppo di AF rispetto alla popolazione generale. Inoltre, i trombi intracardiaci in pazienti con amiloidosi cardiaca sono comuni.

«Gli studi clinici che hanno studiato l’uso di anticoagulanti vs antipiastrinici in pazienti con ictus embolico o ictus indeterminato non hanno trovato alcuna differenza tra i 2 trattamenti» scrivono gli autori. «Sottogruppi specifici come i pazienti con cardiomiopatia in assenza di una diagnosi di AF probabilmente potrebbero trarre beneficio dall’anticoagulazione per la prevenzione secondaria».

«Mentre alcuni ricercatori raccomandano una profilassi con anticoagulanti a lungo termine per tutti i pazienti con cardiomiopatia del ventricolo sinistro non compattato, indipendentemente dal fatto che abbiano avuto complicanze tromboemboliche e indipendentemente dal grado di disfunzione ventricolare sinistra, questo è un punto su cui manca ancora consenso» affermano gli autori, aggiungendo che in un’analisi retrospettiva di 144 pazienti con questa cardiomiopatia, 22 (15%) ha avuto un ictus ischemico.

Uno studio pionieristico, secondo l’editoriale di commento
In un editoriale di commento, Gabriel R. de Freitas, dell’Universidade Federal Fluminense di Niteroi (Brasile) e Claudia Barreira, dell’Università di San Paolo del Brasile, notano che circa dal 9% al 25% dei pazienti con ictus ischemico ha un ictus embolico di origine sconosciuta (ESUS), con una recidiva annuale di ictus del 4,5% nonostante la terapia antipiastrinica.

Fanno inoltre notare che le forme più comuni di cardiomiopatia (ipertrofica e dilatativa) hanno una prevalenza di 1 adulto ogni 250-500. Sebbene le cardiomiopatie causino tipicamente ictus ischemico per AF, sono stati descritti anche eventi in pazienti senza aritmie; si pensa che questi siano il risultato di stasi e formazione di trombi nell’atrio sinistro. Le attuali linee guida non raccomandano la profilassi con anticoagulazione in pazienti con cardiomiopatie senza AF.

Gli editorialisti descrivono l’attuale studio come “pionieristico” in quanto suggerisce che le cardiomiopatie possano passare inosservate durante le indagini tradizionali e che possano causare ictus in pazienti classificati erroneamente come aventi una causa indeterminata, poiché la diagnosi delle cardiomiopatie avrebbe richiesto una RM cardiaca.
Lo studio «sottolinea che le cardiomiopatie potrebbero contribuire a un altro, probabilmente piccolo, pezzo del puzzle ESUS (ictus embolico di origine indeterminata)» scrivono.

«Tuttavia, la dimensione del campione relativamente piccola e la restrizione ai pazienti portoghesi sono limitazioni di questo lavoro ed evidenziano la necessità di replicare questo studio in una popolazione più ampia e multietnica» affermano. «Insieme, questi risultati ci portano a chiederci se la RM cardiaca debba diventare un test obbligatorio nei pazienti con ESUS».