Linfoma mantellare recidivato o refrattario a terapie precedenti: risposta vicina al 100% con le CAR T KTE-X19 di Gilead
I pazienti con linfoma mantellare (o linfoma a cellule del mantello) recidivato o refrattario a terapie precedenti possono trarre grande beneficio dal trattamento con le cellule CAR T anti-CD19 KTE-X19. Lo dimostrano i risultati di un’analisi ad interim dello studio di fase 2 ZUMA-2, presentati a Orlando al 61° congresso dell’American Society of Hematology (ASH).
Dopo una singola infusione di queste CAR T, il 93% dei pazienti ha risposto al trattamento e il 67% ha ottenuto una risposta completa. Il tasso di risposta obiettiva (ORR) osservato nel trial «è il più alto riportato finora in pazienti nei quali un precedente trattamento con un inibitore di BTK aveva fallito» ha sottolineato il primo autore dello studio, Michael L. Wang, dello University of Texas MD Anderson Cancer Center di Houston, presentando i risultati.
Infatti, ha ricordato il professore, negli studi precedenti a braccio singolo, quale è lo ZUMA-2, l’ORR tipico in pazienti con linfoma mantellare progredito dopo un trattamento con inibitori di BTK è risultato compreso fra il 25 e il 42%.
Inoltre, ha riferito Wang, il profilo di sicurezza di KTE-X19 è risultato coerente con quello emerso negli studi precedenti su cellule CAR T anti-CD19.
Proprio grazie ai risultati dello studio ZUMA-2, Kite e Gilead hanno presentato subito dopo il congresso alla Food and Drug Administration (Fda) domanda di approvazione delle CAR T KTE-X19 come trattamento per il linfoma mantellare recidivato/refrattario e hanno reso noto di voler inoltrare la stessa richiesta all’Agenzia europea per i medicinali (Ema) nel primo trimestre del 2020.
Il prodotto aveva già ricevuto dall’agenzia Usa lo status di ‘breakthrough therapy’ e da quella europea la designazione PRIME, che garantiscono in entrambi i casi una valutazione accelerata del dossier registrativo.
KTE-X19 e lo studio ZUMA 2
I pazienti con linfoma mantellare che progrediscono dopo un trattamento con un inibitore di BTK e vengono sottoposti a una terapia di salvataggio hanno outcome sfavorevoli e non possono contare su opzioni terapeutiche curative. In questi casi, infatti, la sopravvivenza globale (OS) mediana è di soli 5 mesi.
KTE-X19 è un prodotto a base di CAR T che può essere considerato una derivazione di axi-cel, le CAR T di Kite/Gilead già approvate dall’Ema e già disponibili anche in Italia per il trattamento del linfoma diffuso a grandi cellule B e del linfoma primitivo del mediastino. Il suo CAR è identico a quello di axi-cel, ma l’iter produttivo è stato modificato in modo da permettere una rimozione delle cellule maligne circolanti che potrebbero essere presenti nel sangue del paziente, ha spiegato Wang. Tale modifica rende KTE-X19 un prodotto formalmente diverso da axi-cel, e che deve seguire un iter regolatorio a sé.
Questo trattamento è attualmente in fase di sperimentazione per diverse indicazioni, tra cui anche il linfoma mantellare nello studio registrativo ZUMA-2 (NCT02601313), un trial multicentrico internazionale nel quale sono stati arruolati pazienti adulti con linfoma mantellare ricaduto/refrattario che avevano fatto in precedenza fino a cinque linee di terapia, comprendenti un anticorpo anti-CD20, la chemioterapia e un inibitore di BTK, e che avevano un performance status ECOG pari a 0 o 1.
Complessivamente, sono stati arruolati e sottoposti a leucoaferesi 74 pazienti, di cui cinque non sono poi stati trattati con le CAR T, tre a causa del fallimento della produzione e due per il decesso del paziente dovuto alla progressione della malattia. I restanti 69 pazienti sono stati sottoposti alla chemioterapia linfodepletiva prima dell’infusione e 68 sono stati effettivamente trattati con KTE-X19.
Produzione di KTE-X19 rapida ed efficace nel 96% dei casi
L’analisi di efficacia primaria presentata all’ASH si riferisce ai primi 60 pazienti arruolati nello studio. Complessivamente, KTE-X19 è stato prodotto efficacemente per il 96% dei pazienti e somministrato al 92%. Il tempo mediano intercorso tra la leucoaferesi e la somministrazione di KTE-X19 è stato di 16 giorni.
«L’efficacia, l’affidabilità e la rapidità della produzione e le tossicità gestibili identificano un ruolo importante e promettente per KTE-X19 nel trattamento di pazienti con linfoma mantellare recidivato/refrattario che hanno un urgente bisogno medico insoddisfatto» ha sottolineato Wang.
Durante la produzione delle CAR T, i partecipanti potevano fare una terapia ponte per tenere sotto controllo il linfoma fino all’arrivo delle cellule, a discrezione dello sperimentatore, che poteva comprendere ibrutinib, acalabrutinib o desametasone, ma non la chemioterapia.
A partire da 5 giorni prima dell’infusione delle CAR T, sono stati sottoposti per 3 giorni consecutivi alla linfodeplezione con fludarabina 30 mg/m2 più ciclofosfamide 300 mg/m2 e quindi sottoposti a una singola infusione di KTE-X19 con una dose target pari a 2 x 106 cellule CAR T /kg.
L’età mediana dei pazienti arruolati nello studio era di 65 anni (range: 38-79) e il 57% aveva non meno 65 anni. La maggior parte (85%) aveva una malattia in IV e il 56% era a rischio intermedio o alto secondo il Mantle Cell Lymphoma International Prognostic Index. L’indice di proliferazione del Ki-67 era ≥ 50% nel 69% dei pazienti e il 17% presentava mutazioni di TP53. Inoltre, il 54% presentava un coinvolgimento del midollo osseo e il 56% aveva una malattia extranodale.
Prima dell’ingresso nello studio, i pazienti avevano già fatto una mediana di tre terapie precedenti, e la maggior parte (81%) ne aveva fatte almeno tre. Quasi tutti erano stati trattati in precedenza con un’antraciclina o bendamustina e il 100% con un anticorpo anti-CD20 e con un inibitore di BTK prima dell’ingresso nello studio. Il 37% ha ricevuto una terapia ponte mentre aspettava che fossero pronte le CAR T, più comunemente con ibrutinib (21% dei casi).
Risposte rapide, che si sono approfondite nel tempo, e durature
Il follow-up mediano all’analisi presentata è stato di 12,3 mesi (range: 7-32,3) e il 47% dei pazienti è stato seguito per non meno di 24 mesi.
Nel 93% di risposte obiettive, 40 (67%) sono risultate risposte complete e 16 (27%) risposte parziali. Tuttavia, Wang ha riferito che diversi partecipanti, il 40%, nei quali inizialmente si era osservata una remissione parziale o solo una stabilizzazione della malattia, alla fine, nel giro di una mediana di 3 mesi (range: 0,9-9,3), hanno raggiunto una risposta completa.
L’autore ha anche detto che le risposte si sono viste rapidamente dopo l’infusione di KTE-X19, con un tempo mediano di risposta pari a un mese (range: 0,8-3,1). Inoltre, le risposte sono apparse durature: la durata mediana della risposta non era stata ancora raggiunta alla fine del follow-up (range 8,6-non stimabile) e di coloro che hanno ottenuto una risposta completa, il 78% era ancora in remissione al momento dell’analisi dei dati.
Per i primi 28 pazienti trattati nello studio, il follow-up mediano è stato di 27 mesi e in questo gruppo il 43% dei responder è rimasto in remissione, suggerendo una lunga durata della risposta, con un plateau nella curva.
I tassi elevati di risposta sembrano essersi tradotti anche in alte percentuali di sopravvivenza. Sia la sopravvivenza libera da progressione (PFS) mediana sia l’OS mediana non sono ancora state raggiunte, ma la PFS a 12 mesi è risultata del 61%, con una coda nella curva, e l’OS a 12 mesi dell’83%. «Tratto il linfoma mantellare da 20 anni e ogni volta che vedo un plateau nelle curve di sopravvivenza mi emoziono molto. È vero che il follow-up è molto breve, ma siamo comunque cautamente ottimisti» ha dichiarato Wang.
Profilo di sicurezza gestibile, con CRS e neurotossicità simili agli altri studi
Buone notizie anche sul fronte della sicurezza del trattamento con KTE-X19, che è risultata gestibile.
Gli eventi avversi correlati al trattamento riportati con maggiore frequenza sono stati la piressia (94%), la neutropenia (87%), la trombocitopenia (74%), l’anemia (68%) e l’ipotensione (51%). Si sono registrati anche due eventi avversi di grado 5: un caso di polmonite correlata alla terapia linfodepletiva e un caso di batteriemia stafilococcica legata all’infusione di KTE-X19.
Quanto agli eventi avversi tipici delle CAR T anti-CD19 già approvate dalle agenzie regolatorie come terapia per i linfomi non-Hodgkin aggressivi, cioè la sindrome da rilascio di citochine (CRS) e la tossicità neurologica, nello studio ZUMA-2 sono risultati in linea con quanto osservato negli studi registrativi precedenti.
Il 91% dei pazienti (62) ha sviluppato una CRS (di grado ≥3 nel 15% dei casi), con un tempo mediano di insorgenza di 2 giorni (range: 1-13) e una durata mediana di 11 giorni. La maggior parte degli episodi di piressia, ipotensione e ipossia osservati nello studio erano correlati alla CRS, che è stata gestita trattando i pazienti con l’anti-IL6 tocilizumab (59%) o corticosteroidi (22%). Tutti i casi si sono risolti, ha sottolineato Wang, e non si sono registrate CRS di grado 5, ma nemmeno neurotossicità di grado 5.
I pazienti che hanno sviluppato tossicità neurologiche dopo l’infusione di KTE-X19 sono stati il 63%, il 31% con un evento di grado ≥ 3. Il tempo mediano di insorgenza è stato di 7 giorni e la durata mediana dell’episodio pari a 12 giorni. I sintomi più comuni sono stati tremore (35%), encefalopatia (31%) e confusione (21%), gestiti con tocilizumab (26%) e corticosteroidi (38%).
Da segnalare un caso di edema cerebrale di grado 4 confermato dalla risonanza magnetica. Dopo essere stato intubato, questo paziente è stato sottoposto a una terapia aggressiva, comprendente tocilizumab, siltuximab, steroidi ad alte dosi, Ara C intratecale più desametasone, mannitolo, ventriculostomia e globulina anti-timocitaria (ATG) di coniglio ev. Grazie a questo intervento, il problema si è completamente risolto e al momento dell’analisi il paziente era in remissione completa da 24 mesi, ma Wang ha riferito di averlo visitato da poco e di averlo trovato ancora in remissione completa dopo oltre 30 mesi. L’autore ha anche sottolineato che è la prima volta che si segnala l’impiego dell’ATG per il trattamento delle neurotossicità correlate alle CAR T.
In conclusione
«ZUMA-2 è il primo studio multicentrico di fase 2 in cui si è utilizzata la terapia con cellule T CAR per il linfoma mantellare recidivato/refrattario e questi risultati ad interim di efficacia e sicurezza sono estremamente incoraggianti» ha affermato, infine, il professore.
“Anche se lo studio continua, i risultati che abbiamo presentato, tra cui il profilo di sicurezza gestibile, indicano questa terapia come un’opzione efficace e praticabile per i pazienti con linfoma mantellare recidivante o refrattario» ha concluso Wang, aggiungendo che serve naturalmente un follow-up maggiore per confermare quanto riscontrato finora.