Lupus, ambiente e clima impattano sulle recidive organo-specifiche secondo uno studio presentato nel corso del congresso annuale dell’American College of Rheumatology
Uno studio presentato nel corso del congresso annuale dell’American College of Rheumatology ha documentato l’esistenza di una forte associazione tra le oscillazioni di alcune variabili atmosferiche ed ambientali (documentate 10 giorni prima di una visita clinica) e la manifestazione di recidive di lupus organo-specifiche in pazienti affetti da lupus eritematoso sistemico (LES).
La conoscenza di questi dati, stando agli autori dello studio, potrebbe rivelarsi molto utile nella conduzione dei trial clinici di trattamento della malattia, dato che gli outcome favorevoli di trattamento potrebbero essere influenzati da fattori ambientali finora mai considerati, permettendo la costruzione di modelli predittivi di insorgenza di recidive di lupus che potrebbero rivoluzionare la gestione terapeutica della malattia.
I presupposti dello studio
Gli studi di associazione “genome-wide”, sono degli studi che passano al setaccio tutti o larga parte dei geni dei singoli individui di una determinata specie, allo scopo di identificare le variazioni genetiche tra gli individui presi in esame.
“Recenti studi di questo tipo – argomentano i ricercatori – hanno identificato più di 40 polimorfismi a nucleotide singolo (SNP), rilevanti per il lupus. Gli SNP rappresentano la tipologia di variazione genetica inter-individuale di più frequente riscontro nella popolazione; eppure, solo una percentuale relativamente ridotta di individui portatori di queste variazioni genetiche va incontro a lupus”.
“In letteratura – continuano – vi è una forte evidenza epidemiologica di associazione del lupus con alcuni fattori ambientali, quali l’esposizione alla silice, il fumo di sigaretta e gli estrogeni esogeni, come pure di una probabile associazione tra la condizione morbosa in questione e altri fattori esogeni come l’esposizione al mercurio, alle radiazioni ultraviolette, ai solventi e ai pesticidi.
Quanto all’impatto delle condizioni atmosferiche, alcuni dati del John Hopkins Lupus Center hanno descritto l’esistenza di variazioni stagionali significative dell’attività del LES, con una maggiore attività artritica in primavera e in estate, e un incremento dell’attività renale nei mesi invernali, un titolo estremamente elevato di anticorpi anti-dsDNA in autunno e una variazione significativa dell’attività globale di malattia nel corso dell’anno”.
Il nuovo studio si è proposto di valutare, per la prima volta, l’associazione esistente tra le recidive di malattia organo-specifiche e le variazioni atmosferiche manifestatesi prima delle visite mediche di controllo, a differenza degli altri studi già condotti sulla correlazione dell’attività globale di LES con le variazioni delle condizioni atmosferiche.
Lo studio
I ricercatori hanno incluso 1.628 pazienti che soddisfacevano 4 degli 11 criteri di classificazione ACR o SLICC per il LES. Di questi erano conosciuti i dati relativi ad un periodo temporale compreso tra il 1999 e il 2017. L’attività di malattia era espressa con l’indice PGA (Physician Global Assessment), determinato in concomitanza di ciascuna visita medica, mentre un evento di recidiva di lupus era identificato con un incremento del punteggio PGA uguale o superiore ad un’unità rispetto alla visita medica di controllo precedente.
Tanto i dati ambientali quanto quelli atmosferici (PM 2,5, concentrazione di ozono, temperatura, vento, umidità relativa e pressione barometrica) sono stati rilevati dall’ente governativo Usa per la protezione dell’ambiente (Epa).
I ricercatori hanno calcolato i valori medi di ciascun fattore considerato 10 giorni prima della visita medica di controllo pre-pianificata. Inoltre, hanno utilizzato modelli statistici univariati e multivariati per studiare l’associazione esistente tra le variabili in questione e l’attività di malattia lupica, aggiustando i dati in base all’età, al sesso di appartenenza, al tenore di vita, all’etnia e alla residenza in zone urbane anziché rurali.
Da ultimo, è stata condotta un’analisi di regressione logistica per identificare i determinanti significativi associati con le recidive di lupus e per ciascuna tipologia di danno d’organo considerata.
Dai risultati è stata confermata l’esistenza di associazioni statisticamente significative tra fattori ambientali e il lupus in diverse aree corporee. Nello specifico, lo studio ha mostrato che i rash cutanei, le sierositi, le recidive ematologiche e articolari di lupus correlavano con l’innalzamento della temperatura. Al contrario, le recidive renali di lupus si riducevano all’aumentare della temperatura e delle concentrazioni di ozono atmosferico.
Dallo studio è emerso anche che:
– le recidive articolari, neurologiche, ematologiche e polmonari sono associate alla presenza di vento
– l’umidità relativa è significativamente associata con le recidive articolari e la sierosite
– le concentrazioni di PM2,5 sono significativamente associate con la presenza di rash, recidive articolari, ematologiche e con la sierosite
– la pressione atmosferica non è risultata significativamente associata con nessuna delle tipologie di recidiva di lupus considerate
Riassumendo
Nel complesso, lo studio ha dimostrato l’esistenza di una forte associazione tra le variazioni di alcune variabili atmosferiche ed ambientali, manifestatesi 10 giorni prima di ogni visita medica di controllo, e un’attività di malattia lupica organo-specifica documentata a livello ambulatoriale. Nessuno dei fattori sopra citati, tuttavia, è risultato associato contemporaneamente a tutte le tipologie di recidiva organo-specifica considerati.
“Tali risultati – hanno commentato i ricercatori alla fine della presentazione del lavoro al congresso, potrebbero suggerire un ruolo primario delle variazioni del clima e del riscaldamento globale nella rapida evoluzione dell’epidemiologia del lupus a livello globale”.