Aniridia, una malattia rara che ha nei geni la causa scatenante: può provocare l’insorgenza di altre patologie oculari e disturbi che possono portare a ipovisione
Un occhio senza la parte colorata intorno alla pupilla, l’iride, o comunque con una formazione incompleta: è questa la caratteristica più evidente dell’aniridia, una patologia rara che ha nei geni la causa scatenante. Un po’ tutto l’occhio può essere a rischio, infatti, anche altre parti dell’organo come il nervo ottico e la macula (la parte centrale della retina), possono non essere correttamente sviluppate. Le alterazioni nell’anatomia possono, quindi, provocare l’insorgenza di altre patologie oculari e disturbi che possono portare a ipovisione.
Aniridia: nel DNA la causa della malattia
L’aniridia congenita, spiegano gli esperti dell’Ospedale Niguarda, è presente alla nascita ed è causata da una mutazione del gene PAX6, situato sul cromosoma 11, che determina un incompleto sviluppo dell’occhio.
La malattia è spesso trasmessa dai genitori portatori della mutazione (aniridia ereditaria). Un terzo dei casi può invece derivare da una mutazione de novo, ossia una mutazione genetica che si verifica in un bambino i cui genitori non sono portatori della patologia (aniridia sporadica). Per i pazienti la probabilità di avere un figlio con la malattia è del 50% (1 su 2).
Sindrome di WAGR
L’aniridia può essere isolata o fare parte di un’altra malattia genetica conosciuta come sindrome di WAGR, colpisce più di un gene sul cromosoma 11 e la mutazione può variare da paziente a paziente. L’acronimo WAGR descrive i quattro sintomi più comuni: tumore di Wilms (tumore renale infantile), aniridia, anomalie genito-urinarie e ritardo mentale. Il test genetico aiuta a distinguere tra l’una e l’altra forma (aniridia isolata o sindrome di WAGR) e sulla base di questo dato sarà impostato l’iter dei controlli medici. Ad esempio se la malattia rientra nel quadro della sindrome, sarà importante monitorare lo stato di salute dei reni, attraverso delle ecografie addominali, per intercettare sul nascere possibili tumori.
Quali disturbi possono colpire la vista
Le persone affette da aniridia possono soffrire di disturbi visivi associati alla malattia. Tra le conseguenze che disturbano di più c’è la fotofobia, ovvero un’elevata sensibilità alla luce che può abbagliare e che rende difficile vedere, causando anche malessere, dolore o mal di test.
Ci può essere anche un movimento involontario e costante del bulbo oculare, detto nistagmo. I pazienti possono, poi, essere esposti ad una maggiore probabilità di incorrere in patologie come il glaucoma, la cataratta e la cheratopatia da deficit limbare che richiedono sorveglianza e interventi mirati.
Problemi e precauzioni
Le persone affette da aniridia di solito trovano difficile adattarsi al cambiamento rapido delle condizioni di illuminazione. Possono essere sensibili alla luce intensa e ai riflessi di finestre, specchi, superfici bagnate o metalliche e spesso devono adattare gli ambienti dove vivono (casa, lavoro e scuola) di conseguenza.
Così situazioni che sembrano normali, per chi è affetto da aniridia possono nascondere delle grosse insidie come ad esempio spostarsi dall’interno all’esterno oppure spegnere e accendere le luci; tutto questo può produrre un abbagliamento, anche doloroso, che riduce l’acuità visiva e che provoca incertezza nel movimento. Per questo le persone affette da aniridia generalmente indossano occhiali da sole con lenti altamente protettive all’esterno, per alcuni potrebbe essere necessario farlo anche al chiuso.
Alcuni pazienti possono portare lenti a contatto con iride artificiale e pupilla fissa che bloccano la luce. Le lenti a contatto consentono vantaggi come la correzione dei vizi di refrazione e un maggiore comfort, ma richiedono un costante monitoraggio dello stato della cornea. Per i pazienti pediatrici i controlli regolari vanno affiancati dall’assistenza di terapisti specializzati nell’educazione dei bambini con deficit visivo, per favorire il migliore sviluppo possibile.