Valentina Costi e Barbara Cassioli, Vale e Babi, dall’8 al 31 marzo saranno in cammino tra Lucca e Roma sulla via Francigena per “Libera come una donna”
Due donne, un abito da sposa, 350 chilometri, “per aprire un dialogo sulle limitazioni alla libertà femminile”. Vale e Babi, così amano presentarsi Valentina Costi e Barbara Cassioli, “amiche, sorelle, attiviste, operatrici sociali, viaggiatrici”, dall’8 al 31 marzo saranno in cammino tra Lucca e Roma sulla via Francigena per ‘Libera come una donna’, il progetto di viaggio “alla ricerca e allo smascheramento di tutte quelle forme di limitazione della libertà personale che le donne, in Italia, vivono”.
Lo scrivono su un blog, liberacomeunadonna.home.blog, nato per accompagnare il singolare pellegrinaggio di un abito da sposa, simbolo e logo del progetto, che sarà indossato dalle ideatrici e condiviso con le donne intervistate e fotografate in un percorso di conoscenza, prima che di sensibilizzazione, per far emergere lungo la strada l’urgenza di raccontare le proprie “catene”, che inchiodano l’intera società all’anno zero della parità, nei diritti e nelle libertà, tra donne e uomini. Interviste, storie di vita e fotografie che diventeranno una mostra itinerante, per continuare a viaggiare e parlare di libertà al femminile, in giro per l’Italia, in un cammino che continuerà nel tempo.
“Ci siamo rese conto che la donna oggi in Italia è ancora vista come madre, moglie, persona che sta un passo indietro o accompagna un grande uomo- spiega all’agenzia Dire Valentina- Sono tanti i ruoli che ci vengono assegnati e il vestito da sposa è uno dei simboli che rappresenta questi ruoli”. Di “pressioni sociali” parla Barbara, “quelle che subiamo quando a trent’anni gli amici, i parenti, i conoscenti ti chiedono: allora, cosa stai facendo? Quando ti sposi? Quando fai un figlio? E se fai ‘l’errore’ di decidere che puoi essere felice in un altro modo allora devi pagare il prezzo di subire questo genere di pressioni. Ciò che capita alle donne quando vengono uccise è solo la punta dell’iceberg di una violenza culturale più profonda che comincia molto prima. Culmina nel femminicidio, ma ha radici nel tipo di educazione impartita ai bambini, alle aspettative che inculchiamo loro”.
Il viaggio, quindi, come “strumento di emancipazione, per fare luce su questo argomento, metafora di un cambiamento che dobbiamo prenderci la responsabilità di fare con l’impegno quotidiano- continua Barbara- che si articolerà anche in incontri, con le associazioni e le persone che si occupano quotidianamente di queste tematiche, lungo il percorso”.
LE TAPPE DEL VIAGGIO
Venti le tappe del cammino – “aperto a chiunque abbia voglia di unirsi” – che partirà da Lucca, dove l’8 marzo Babi e Vale sfileranno con Non Una Di Meno per la Giornata internazionale della donna, e un passo dopo l’altro continueranno tra le torri di San Gimignano, in un corteo più solitario che scenderà verso il senese e la Tuscia viterbese per concludersi simbolicamente il 31 marzo a Roma.
Simbolicamente perché “il 31 marzo del 2008 in Turchia l’artista e compagna Pippa Bacca, venne brutalmente uccisa durante l’iniziativa ‘Brides on Tour. Spose in Viaggio‘- chiarisce Babi- Da qui l’idea di portare con noi anche il vestito da sposa”. Quell’abito bianco che Pippa indossava per la sua performance in autostop tra Milano e Gerusalemme, pensata per attraversare undici Paesi in guerra, promuovendo la pace e la fiducia nell’altro. Proprio a Pippa si riferiva una conoscente di Barbara pochi giorni prima dalla sua partenza, nel 2019, da Bologna alla volta di Lampedusa. Da sola, senza soldi, in autostop. “Di troppo entusiasmo qualcuna c’è morta”, le aveva detto. E Barbara, alla fine di questo viaggio in cui è riuscita a non spendere su vitto, alloggio e trasporti grazie alla generosità degli incontri lungo la strada, ha deciso di donare a Mediterranea i 1.500 euro risparmiati, di raccontare la sua esperienza sul blog ‘Viaggiare a piedi scalzi’ (oggi un documentario della videomaker fiorentina Costanza Castiglioni) e di far fiorire “questo semino amaro e doloroso. La prima scintilla- racconta- che ci ha portato a riflettere sulle limitazioni che subiamo in quanto donne”.
UN’AMICIZIA LUNGA 20 ANNI
Semino germogliato in questa amicizia “che dura dai banchi dell’università di Bologna, quando ci siamo conosciute nel 2005, ed è basata su passioni comuni- continua Valentina- Come quella per il viaggiare, che in me si è evoluta dal visitare un posto al volerlo vivere e mi ha portato nel 2017 a lasciare il mio lavoro di educatrice sociale nelle banlieue parigine per dedicarmi solo a questo. Ultimamente, poi, sono approdata in Calabria, a Gioiosa Ionica, dove per tre mesi ho lavorato nella cooperativa sociale ‘Nelson Mandela’, che cerca di reintegrare le persone svantaggiate con l’agricoltura biologica e il turismo responsabile. Questo semino di Babi ha riacceso in me il fuoco della militanza sulle questioni femminili- confessa l’amica- Ho capito che era arrivato il momento di metterci la faccia e di indossare il vestito del femminismo”. Per liberare e liberarsi, con entusiasmo. E ribaltare quella frase di morte, che le due amiche hanno deciso di far suonare così: “Di troppo entusiasmo, la camminata c’è nata”.