Le cellule staminali per riparare il cuore usano il sistema immunitario: il cambio di paradigma svelato da uno studio pubblicato su Nature
Non sempre quando si tratta di cuore le cose sono come sembrano. Per anni sono stati condotti trial clinici con cellule staminali per le malattie cardiache con risultati fallimentari, senza capire il perché. Oggi, forse, uno studio pubblicato su Nature sembra svelare il perché. Un gruppo di ricercatori del Cincinnati Children’s Hospital Medical Center, nell’Ohio, ha infatti scoperto che la terapia con cellule staminali non migliora la funziona cardiaca con la produzione di nuovi cardiomiciti (le cellule del muscolo cardiaco), ma inducendo una risposta immunitaria che migliora la funzione dell’organo.
Il ruolo dei macrofagi
Le cellule staminali sono cellule primordiali che hanno la potenzialità di poter diventare qualsiasi tipo di cellula specializzata dell’organismo. Come i cardiomiociti appunto. Il gruppo guidato dal biologo cardiovascolare Jeffery Molkentin, del Cincinnati Children’s Hospital Medical Center, già nel 2007 aveva notato come la terapia con cellule staminali portasse a un miglioramento a breve termine in modelli animali di topi con il cuore danneggiato. Come prima ipotesi gli scienziati pensarono che questo effetto fosse dovuto a una differenziazione delle staminali in “nuovi” cardiomiciti in grado di sostituire le vecchie cellule cardiache danneggiate. Ma lo studio pubblicato su Nature lo scorso novembre, sempre a firma di Molkentin, ha dimostrato che in realtà le cellule non subiscono questa trasformazione. L’effetto positivo sul cuore – che sugli esseri umani si è rivelato limitato finora – sembra essere dovuto all’attivazione dei macrofagi: cellule del sistema immunitario che inglobano nel loro citoplasma particelle estranee, compresi i microrganismi, e li distruggono. Queste cellule “spazzino” aiutano a riparare il tessuto connettivo dell’area danneggiata, migliorando così la funzione cardiovascolare. Questo meccanismo di riparazione può essere attivato sia con le due terapie a base di cellule staminali usate dal team di Molkentin, sia con zymosan, una sostanza chimica già nota per la sua capacità di suscitare una risposta immunitaria.
Le tre terapie sperimentali e le controprove
Nel dettaglio i ricercatori hanno utilizzato un modello murino, che riproduceva le condizioni di un infarto, a cui hanno somministrato un tipo di cellule mononucleate prelevate dal midollo osseo (tra le più comuni utilizzate negli studi clinici su esseri umani con terapie a base di cellule staminali) e cellule mesenchimali cardiache. Negli animali che avevano ricevuto entrambe le terapie cellulari, i ricercatori hanno registrato un miglioramento significativo della funzione cardiaca rispetto ai topi trattati con placebo. Lo stesso effetto però è stato riscontrato anche con gli animali trattati con zymosan, che ha mantenuto anche l’effetto più a lungo rispetto alle due terapie con cellule staminali. Come controprova il gruppo di ricerca ha prima iniettato frammenti di cellule morte (che in quanto tali, attivano la risposta immunitaria) in alcuni topi, dimostrando che anche queste erano in grado di migliorare la funzione cardiaca. Mentre in un altro esperimento hanno iniettato gli stessi trattamenti a base di cellule staminali e zymosan a topi a cui avevano soppresso l’attività dei macrofagi. Con il risultato che in questi casi, il processo di riparazione non si è verificato. “Lo studio suggerisce che non è più necessario nemmeno iniettare cellule viventi”, ha affermato a Nature Molkentin, che sostiene come “il beneficio derivato dalle cellule staminali proviene probabilmente da una risposta immunitaria locale e acuta piuttosto che dalla capacità rigenerativa delle cellule stesse”. Il biologo ha inoltre aggiunto che questi risultati potrebbero applicarsi anche alle terapie con cellule staminali utilizzate per altre condizioni.
Cambio di prospettiva
“Questi risultati sono importanti perché dimostrano chiaramente che l’infiammazione innescata dal sistema immunitario è alla base del meccanismo di riparazione”, ha affermato Thomas Thum, cardiologo della Scuola medica di Hannover in Germania. Dato che potrebbe mettere in discussione i lavori che sono ora in corso con cellule staminali per patologie che vanno dall’osteoartrosi alle malattie neurodegenerative, come ha sottolineato Kory Lavine, cardiologo e immunologo presso la Washington University di St Louis: “è probabile che ora i ricercatori si concentreranno sul ruolo delle cellule immunitarie nel corpo, piuttosto che sul potere della terapia”. Un altro motivo che potrebbe distogliere l’attenzione dalle terapie con cellule staminali è che si tratta di approcci costosi e complessi dal punto di vista dell’approvazione regolatoria. “Se esiste davvero una sostanza chimica pronta per l’uso, sarebbe una soluzione molto più concreta”, ha concluso Lavine. I risultati non soddisfacenti, raccolti sinora dagli studi clinici condotti sull’uomo, hanno addirittura portato Christine Mummery, biologa dello sviluppo presso il Leiden University Medical Center, a definire la terapia a base di cellule staminali per le patologie cardiache “omeopatia”, un’affermazione forte riportata dal Washington Post. Il motivo di questo fallimento si potrebbe spiegare con i nuovi risultati di Molkentin, sempre secondo quanto riferisce Mummery, la cui personale opinione è che sia “una perdita di tempo avviare nuovi studi sulle cellule staminali, in particolare per il cuore, mentre continuare i vecchi è solo una costosa omeopatia”.
Un settore da miliardi di dollari
Le scoperte potrebbero davvero cambiare la prospettiva di un settore che al momento vale molti miliardi di dollari. In alcuni Paesi, tra cui il Giappone, le cellule staminali sono già ampiamente utilizzate, anche per le malattie cardiache, nonostante vi siano ancora pochi dati a supporto della loro efficacia. Tanto che molti scienziati pensano che le cellule utilizzate in queste terapie non siano vere staminali perché non possono auto-rinnovarsi. Ma il termine “terapia con cellule staminali” è ancora ampiamente utilizzato da aziende e cliniche che erogano tali trattamenti. Un termine inflazionato che può accendere false speranze e al quale bisogna prestare sempre molta attenzione.