Tromboembolia: aspirina con anticoagulante fa male


Tromboembolia venosa, l’aggiunta di aspirina all’anticoagulante orale fa più male che bene secondo uno studio presentato al congresso dell’American Society of Hematology

Aspirina a basso dosaggio non apporta alcun beneficio a persone sane con oltre 70 anni, neppure a chi ha più alto rischio di malattie cardiovascolari

Combinare l’aspirina con un anticoagulante orale ad azione diretta (DOAC) per la prevenzione secondaria del tromboembolismo venoso (TEV) o la prevenzione dell’ictus associato alla fibrillazione atriale non valvolare, senza una chiara indicazione, potrebbe non essere una buona idea. Lo indicano i dati di un ampio registro statunitense presentati in conferenza stampa durante l’ultimo congresso dell’American Society of Hematology (ASH).

Dall’analisi dei dati del registro, infatti, emerge che nei pazienti con fibrillazione atriale o una storia di TEV che avevano preso ogni giorno un’aspirina in aggiunta a un DOAC che era stato loro prescritto per trattare o prevenire la formazione dei trombi, i tassi di complicanze emorragiche sono stati significativamente più alti rispetto ai pazienti che avevano assunto solo il DOAC.

Ma non solo. L’aggiunta dell’aspirina sembra non offrire alcun valore aggiunto sul fronte dell’efficacia, in quanto dopo un anno di trattamento non si sono trovate differenze tra i due gruppi nei tassi di ictus, infarto o TEV.

Più danni che benefici per alcuni pazienti
«Il ruolo dell’aspirina in combinazione con i nuovi DOAC non è ben chiaro» ha affermato in conferenza stampa l’autore principale dello studio, Jordan Schaefer, della divisione di Ematologia/Oncologia dell’Università del Michigan di Ann Arbor. «In base ai nostri risultati, l’aggiunta di aspirina può causare più danni che benefici per alcuni pazienti, aumentando i tassi di sanguinamento senza migliorare l’incidenza della trombosi».

Lo studio di Schaefer e i colleghi ha coinvolto 2045 pazienti seguiti presso sei centri del Michigan dal gennaio 2009 al giugno 2019; è emerso che, di questi, quasi un terzo (647) assumeva aspirina, in aggiunta al DOAC, anche se non c’erano indicazioni chiare per farlo, come ad esempio un infarto recente.

«Continuiamo a vedere un numero elevato di pazienti che assumono aspirina, ma poiché si tratta di un farmaco prontamente disponibile da banco, i medici potrebbero non sapere che un paziente lo sta assumendo» ha detto Schaefer, aggiungendo che «di fronte a un pazienti in terapia con DOAC, bisogna considerare attentamente i rischi e benefici relativi dell’aggiunta o della continuazione dell’aspirina».

I DOAC come apixaban, dabigatran, edoxaban e rivaroxaban sono nuovi anticoagulanti orali prescritti frequentemente per la prevenzione dell’ictus nei pazienti con fibrillazione atriale e per la prevenzione e il trattamento degli episodi ricorrenti di trombosi venosa profonda o embolia polmonare. Le cartelle cliniche dei pazienti inseriti nel registro non indicavano se la terapia con aspirina fosse stata iniziata dal paziente, di sua iniziativa, o raccomandata da un medico.

Più sanguinamenti aggiungendo l’aspirina
I ricercatori hanno concentrato la loro analisi su due gruppi di 639 pazienti abbinati che presentavano dati demografici, comorbilità e farmaci concomitanti assunti simili. Dei pazienti che assumevano aspirina, la maggior parte (il 90,3%) assumeva aspirina a basso dosaggio (≤ 100 mg al giorno).

Nell’arco di un follow-up medio di 15,2 mesi, i pazienti che assumevano un DOAC più aspirina hanno avuto 319 episodi di sanguinamento contro i 261 registrati nel gruppo che assumeva solo il DOAC, il 22% in più nel gruppo trattato con la combinazione dei due farmaci.

Questa differenza è dipesa in gran parte dai sanguinamenti non maggiori clinicamente rilevanti, che sono risultati quasi il 40% in più nel gruppo di pazienti trattato con la doppia terapia. I sanguinamenti più comuni sono risultati i lividi, i sanguinamenti intestinali e i sanguinamenti del tratto urinario.

Incidenza della trombosi simile con o senza l’aggiunta di aspirina
I tassi osservati di trombosi (ictus, TEV e infarti) sono risultati simili tra coloro che assumevano entrambi i medicinali e coloro che prendevano solo il DOAC (19 e 18 eventi).
Gli unici due sanguinamenti fatali si sono registrati nel gruppo di pazienti che assumevano il solo DOAC, mentre i pazienti in terapia con l’associazione hanno effettuato più accessi al pronto soccorso e ricoveri, principalmente a causa dei sanguinamenti, ma queste differenze non hanno raggiunto la significatività statistica.

«Chiedersi se aggiungere o continuare l’aspirina oppure no è un quesito clinico comune di fronte a pazienti ai quali è stato prescritto un DOAC. Per alcuni non abbiamo visto un chiaro vantaggio» ha detto Schaefer. «Per i medici è davvero importante valutare se i pazienti stiano usando l’aspirina e, parimenti, è importante che i pazienti non prendano semplicemente un farmaco perché è facile procurarselo come farmaco da banco, ma piuttosto parlino con il proprio medico per capire se aggiungere l’aspirina nel loro caso è sicuro e se ne hanno fortemente bisogno».

L’autore ha anche detto di sperare che questi dati aumentino la consapevolezza all’interno della comunità medica e portino a mettere in campo interventi volti a ridurre il numero di pazienti trattati in modo inappropriato con l’aspirina.

Necessari ulteriori studi
L’analisi presentata a Orlando rafforza ulteriormente i dati di uno studio precedente del gruppo di Schaefer, pubblicato su JAMA Internal Medicine, che ha mostrato come alcuni pazienti trattati con aspirina e warfarin abbiano avuto un maggior numero di episodi emorragici rispetto a quelli in terapia con il solo warfarin. Analogamente a quanto visto nel lavoro presentato all’ASH, i due gruppi di pazienti non hanno mostrato differenze sostanziali nei tassi di infarto, ictus o TEV. Servirebbero ulteriori studi, ha detto Schaefer, per verificare se l‘associazione di DOAC più aspirina sia più sicura di quella con warfarin più aspirina e per confrontare gli eventi emorragici e gli outcome del trattamento con i singoli DOAC.

Sebbene lo studio sia stato condotto solo su pazienti del Michigan, Schaefer ha detto che il mix delle cliniche era rappresentativo di diversi pazienti, diverse regioni geografiche (urbane, extraurbane e rurali) e diversi centri accademici e territoriali. A causa delle dimensioni ridotte dello studio, gli autori non sono stati in grado di valutare completamente le differenze negli outcome relativi al TEV o di valutare alcuni importanti sottogruppi, compresi quelli che potrebbero trarre beneficio dall’aggiunta di aspirina.

In generale, ha concluso Schaefer, «questi risultati devono essere confermati in studi più ampi, ma fino a quando tali dati non saranno disponibili, medici e pazienti dovrebbero continuare a bilanciare i rischi e i benefici relativi dell’aggiunta di aspirina al DOAC. Nei prossimi studi si dovranno valutare i sottogruppi chiave, per vedere se una particolare popolazione può beneficiare della terapia di combinazione rispetto al DOAC in monoterapia».