Menopausa: improvvisi problemi di memoria potrebbero essere dovuti alle vampate di calore secondo un nuovo studio, pubblicato online su “Menopause”
Se una donna di mezza età avesse difficoltà a identificare la parola giusta per esprimersi chiaramente o per ricordare in modo corretto una storia, ciò potrebbe essere dovuto alla menopausa. Un nuovo studio, pubblicato online su “Menopause” (la rivista della North American Menopause Society [NAMS]), suggerisce infatti che le vampate di calore fisiologiche (sintomi vasomotori [VMS]) sono associate a una ridotta memoria verbale e ad alterazioni della funzione cerebrale durante la codifica e il recupero della memoria, specialmente nell’ippocampo e nella corteccia prefrontale.
Precedenti studi avevano già dimostrato che le donne sperimentano un declino della memoria per materiale verbale, come parole e storie, mentre passano verso la menopausa.
In questo nuovo studio, la risonanza magnetica funzionale (fMRI) è stata utilizzata per documentare il verificarsi di VMS e il loro effetto specifico sulla funzione della corteccia ippocampale e prefrontale durante le condizioni di codifica e riconoscimento di un’attività di memoria.
Attività delle aree cerebrali studiata mediante risonanza magnetica funzionale
I ricercatori – guidati da Pauline M. Maki, del Dipartimento di Psichiatria dell’Università dell’Illinois, a Chicago – hanno condotto un esame preliminare dei VMS e modelli di attività cerebrale durante un’attività di memoria verbale per fornire approfondimenti sui meccanismi cerebrali correlati ai VMS che possono contribuire ai problemi di memoria nelle donne di mezza età.
Quattordici donne in post-menopausa (età media: 53,5 anni) con VMS da moderati a gravi (> 35/ settimana) e non in terapia ormonale sono state sottoposte a:
- valutazioni di fMRI durante la codifica e il riconoscimento delle parole;
- monitoraggio fisiologico dei VMS sulle 24 ore;
- questionari sui sintomi;
- due test di memoria verbale.
«Nelle analisi di regressione, un numero più elevato di VMS fisiologico, ma non riportato, è stato associato a una peggiore memoria verbale relativa alla memoria logica immediata e ritardata (p <0,05)» scrivono Maki e colleghi.
Inoltre, proseguono, «nelle valutazioni di fMRI, un numero più elevato di VMS fisiologici, ma non di VMS soggettivi, è stato associato a una maggiore attivazione della corteccia orbito-frontale sinistra, del giro frontale mediale e superiore sinistro, del giro frontale superiore destro e del giro para-ippocampale destro durante l’attività di codifica (p < 0,005)».
«Durante l’attività di riconoscimento» aggiungono i ricercatori «i VMS fisiologici sono stati associati a una maggiore attivazione del giro frontale mediale sinistro e superiore, del giro para-ippocampale sinistro e dell’ippocampo, del giro frontale mediale e superiore, del giro para-ippocampale destro e dell’ippocampo (p <0,005), con una ridotta attivazione della corteccia pre-frontale mediale ventrale (p <0,005). Queste associazioni erano indipendenti dai sintomi e dai livelli ormonali».
Si tratta di dati preliminari che suggeriscono come i VMS possano contribuire alle prestazioni della memoria attraverso effetti sull’ippocampo e sulla corteccia prefrontale, concludono gli autori dello studio, sottolineando che sono necessari studi più ampi per determinare la solidità di queste osservazioni iniziali.
Dati preliminari ma con punti di forza
I punti di forza di questo studio sono l’uso del monitoraggio fisiologico dei VMS per confermarne la presenza rispetto al fatto di fare affidamento a quanto riferito dalla paziente (con possibili bias di richiamo) e sull’uso della fMRI per valutare specificatamente i cambiamenti in tempo reale che si verificano all’interno del cervello durante il test della memoria.
Sebbene siano necessari studi più ampi per valutare in modo completo l’affidabilità della relazione tra VMS e alterazione della funzione cerebrale, questo studio fornisce nuove conoscenze su aree specifiche del cervello coinvolte nella memoria che sembrano essere influenzate negativamente dalle vampate di calore.
«I risultati di questo studio preliminare, sebbene di piccole dimensioni, supportano un’associazione tra vampate di calore obiettivamente monitorate e cambiamenti funzionali avversi nel cervello che influiscono sulla memoria» commenta Stephanie Faubion, direttrice medica della NAMS. «Sono necessari ulteriori studi per determinare se le vampate di calore effettivamente causano questi cambiamenti cerebrali e se il trattamento delle vampate di calore li previene o li normalizza».