Cellule CAR NK allogeniche sviluppate contro le neoplasie a cellule B: i risultati di uno studio presentati al congresso dell’American Society of Hematology
Le terapie con cellule CAR T destano grandi speranze, ma vi sono alcuni ostacoli che, almeno per ora, ne precludono un utilizzo su larga scala; tra questi, il costo e la perdita dell’antigene bersaglio (‘fuga antigenica’) da parte delle cellule tumorali, che rende le CAR T meno efficaci nel tempo.
Un approccio allogenico basato sull’impiego di cellule Natural Killer (NK) modificate in laboratorio in modo da esprimere un CAR (recettore chimerico in grado di riconoscere un antigene tumorale), cioè cellule CAR-NK, potrebbe rappresentare una valida alternativa.
A suggerirlo sono i risultati di uno studio, che seppure ancora preclinico, che ha destato grande interesse a Orlando, al congresso nazionale dell’American Society of Hematology (ASH).
Al meeting, infatti, sono stati presentati in conferenza stampa dati su FT596, una terapia costituita da cellule CAR NK allogeniche e ‘pronte all’uso’ (‘off the shelf’) sviluppate contro le neoplasie a cellule B, e caratterizzate non solo da un CAR anti-CD19 (come le due terapie autologhe a base di CAR T già approvate dall’Ema e anche dall’Aifa), ma anche da un recettore CD16 ‘potenziato’ e da una proteina di fusione formata dall’interleuchina (IL)-15 e dal suo recettore, al fine di incrementare l’attività tumorale e la persistenza del prodotto. I primi studi sull’uomo con le CAR NK FT596, ha reso noto Fate Therapeutics, la biotech che le sta sviluppando, dovrebbero iniziare nel primo trimestre del 2020 e coinvolgeranno pazienti con linfoma a cellule B e leucemia linfatica cronica.
Negli esperimenti preclinici in vitro presentati all’ASH, il trattamento con FT596, aggiunto o meno all’anticorpo anti-CD20 rituximab ha ridotto la conta delle cellule tumorali in modo più efficace rispetto al solo rituximab o alle cellule CAR T disponibili in linee cellulari di linfoma Raji; inoltre, il prodotto sembra essere in grado di prevenire meglio la fuga antigenica rispetto ad altri metodi di trattamento.
Alla base dello sforzo di creare una terapia ‘off the shelf’, vi è innanzitutto l’esigenza di ampliare l’accessibilità del trattamento; le cellule CAR NK offrirebbero un’ottima soluzione da questo punto di vista, in quanto potrebbero consentire notevoli risparmi sui costi grazie a un processo di produzione molto semplificato. Nella sua presentazione, Valamehr ha suggerito che FT596 potrebbe essere somministrato ad un prezzo di soli 2500 dollari per dose, un ordine di grandezza oltre cento volte inferiore rispetto al costo delle CAR T già arrivate sul mercato.
«Ridurre gli elevati costi di produzione, le settimane attualmente necessarie per la produzione delle cellule ingegnerizzate, semplificare il complesso iter produttivo richiesto per la preparazione delle cellule CAR T e sostituirle con un prodotto ‘off the shelf’ di serie, come le cellule CAR NK, pone le premesse per espandere l’accesso a un’immunoterapia cellulare antitumorale efficace, a molti più pazienti che potrebbero trarne beneficio» ha detto Bob Valamehr, di Fate Therapeutics, durante la presentazione dei dati su FT596 in conferenza stampa.
Le CAR NK FT596 sono prodotte partendo da cellule staminali pluripotenti indotte (iPSC), che hanno una capacità unica di autorinnovarsi in modo illimitato e possono differenziarsi in più di 200 altri tipi di cellule. Le iPSC vengono modificate geneticamente inserendovi il gene del CAR, dopodiché si seleziona un singolo clone di cellule ingegnerizzate che viene fatto moltiplicare in laboratorio, creando così una linea cellulare master di cellule che esprimono il CAR di interesse, utilizzabili ripetutamente per produrre cellule immunitarie in grado di combattere i tumori, come le cellule NK e le cellule T.
«Le cellule NK sono poliedriche e possono essere viste come cellule “tuttofare”, quando si tratta di proteggere l’ospite, mentre le cellule T possono agire in un solo modo» ha detto Valamehr.
Ma le cellule NK differiscono dalle cellule T per un paio di altri aspetti: una capacità intrinsecamente limitata di moltiplicarsi ed espandersi una volta infuse nel paziente e una vita più breve.
Per superare questi ostacoli, Fate e i colleghi hanno utilizzato nuovamente l’ingegneria genetica. Oltre ad aver inserito nelle cellule un CAR avente come bersaglio l’antigene CD19 (e caratterizzato dal dominio transmembrana NKG2D, il dominio co-stimolatorio 2B4 e il dominio di segnalazione CD3-zeta), hanno aggiunto due proteine: un recettore Fc CD16 ad alta affinità, che promuove un aumento della citotossicità cellulare anticorpo-dipendente (ADCC) quando combinato con anticorpi monoclonali terapeutici, e una proteina ricombinante formata dalla fusione dell’IL-15 e il recettore alfa dell’IL-15 (IL-15RF), che stimola la proliferazione e la persistenza delle cellule CAR NK, senza che sia necessario un supporto citochinico (figura 2). Quest’approccio articolato ha lo scopo di favorire risposte più profonde e durature, ha spiegato Valamehr.
Oltre a FT596, Fate sta attualmente sviluppando anche altre terapie con cellule CAR NK ‘off the shelf’, tra cui FT516 e FT500, per le quali sono già disponibili risultati di studi sull’uomo.
In uno studio su FT516, un paziente con leucemia mieloide acuta refrattaria trattato con queste CAR NK si sono osservati un recupero ematologico, l’assenza di segni morfologici di malattia nella biopsia del midollo osseo e l’assenza di cellule leucemiche circolanti. Il trial (NCT04023071) sta ancora arruolando pazienti con leucemia mieloide acuta e pazienti con linfoma a cellule B in stadio avanzato.
Anche le CAR NK FT500 hanno mostrato risultati clinici promettenti, in uno studio di fase 1 (NCT03841110), tuttora in corso, nel quale sono stati arruolati ad oggi 12 pazienti con tumori solidi. La terapia è stata somministrata da sola o in combinazione con un inibitore dei checkpoint immunitari (nivolumab, pembrolizumab o atezolizumab) e dopo l’infusione, nei 12 pazienti analizzati, si sono riscontrati segni di attività in circa metà-due terzi dei pazienti, senza casi di sindrome da rilascio di citochine (CRS), malattia del trapianto contro l’ospite o neurotossicità.
«I dati di sicurezza, tollerabilità e immunogenicità della porzione di dose-escalation dello studio di fase 1 su FT500, la prima terapia cellulare derivata iPSC ad essere testata in uno studio clinico negli Stati Uniti, forniscono prove convincenti che si possono effettuare somministrazioni ripetute di cellule NK derivate da iPSC già pronte al momento del bisogno, senza problemi di compatibilità con il paziente» ha dichiarato Wayne Chu, vice presidente dello sviluppo clinico di Fate Therapeutics. «Inoltre, i primi dati clinici ottenuti con FT516 sono molto incoraggianti, in quanto una valutazione del midollo osseo del primo paziente con leucemia mieloide acuta il giorno 42 dopo l’infusione di tre dosi una volta a settimana di FT516 ha evidenziato l’attività anti-leucemica del prodotto e un recupero ematopoietico nel paziente».
Negli ultimi anni, il campo delle terapie cellulari ha fatto passi da gigante, in particolare con l’approvazione da parte delle agenzie regolatorie di vari Paesi, inclusa l’Italia, di due prodotti a base di cellule CAR T: tisagenlecleucel (sviluppato da Novartis) e axicabtagene ciloleucel (axi-cel, sviluppato da Gilead/Kite). Per essere preparate, queste terapie richiedono la raccolta delle cellule T del paziente, il loro invio a impianti produttivi centralizzati dove vengono trasformate in cellule CAR T e la spedizione delle CAR T ottenute di nuovo all’ospedale dove è ricoverato il paziente da trattare. Sebbene si stiano compiendo progressi verso la somministrazione ambulatoriale, il rischio di CRS e neurotossicità insito nel trattamento con questi agenti richiede attualmente il ricovero in ospedale, spesso per periodi lunghi. Ognuno di questi passaggi aggiunge tempo e costi, ha sottolineato Gary Schiller, di UCLA Health, moderatore della conferenza stampa nella quale si è parlato di FT596.
«Un prodotto ‘off the shelf’ è attraente dal punto di vista della fattibilità, ma tutto dipende dalla durata dell’effetto» ha rimarcato Schiller, aggiungendo anche che, di fronte a una malattia terribile come una leucemia o un linfoma a cellule B ricaduti più volte o refrattari agli altri trattamenti disponibili, l’aspetto della tollerabilità, per quanto importante, è secondario rispetto all’accesso e alla fattibilità.