Parkinson precoce: si può identificare prima della nascita


Alcuni pazienti affetti da malattia di Parkinson precoce, con esordio prima dei 50 anni, mostrerebbero anomalie a livello cellulare già prima della nascita

Alcuni pazienti affetti da malattia di Parkinson precoce, con esordio prima dei 50 anni, mostrerebbero anomalie a livello cellulare già prima della nascita

Una ricerca pubblicata su Nature Medicine mostra che alcuni pazienti affetti da malattia di Parkinson precoce, con esordio prima dei 50 anni, mostrerebbero delle anomalie a livello cellulare già prima della nascita.

“Il Parkinson precoce colpisce le persone nel fiore degli anni”, spiega Michele Tagliati, direttore del Programma per i Disturbi del Movimento, vice presidente e professore del Dipartimento di Neurologia del Cedars-Sinai Medical Center. “Questa nuova ed entusiasmante ricerca ci fa sperare che un giorno saremo in grado di individuare e di intervenire tempestivamente per prevenire questa malattia nelle persone a rischio”.

La malattia di Parkinson è molto comune soprattutto fra gli anziani, causata da molteplici fattori genetici e ambientali. In tutto il mondo si stimano tra i sette e i dieci milioni di persone affette da Parkinson, 250mila solo in Italia. Di questi, circa il 10% soffre di Parkinson già prima dei 50 anni, con numerosi casi intorno ai venti.

Per realizzare lo studio, il team di ricerca ha sviluppato delle cellule staminali pluripotenti indotte (iPSC), partendo da cellule di pazienti con Parkinson giovanile. Questo processo consiste nel portare le cellule del sangue adulto “indietro nel tempo” ad uno stato embrionale primitivo. Queste iPSC possono quindi produrre qualsiasi tipo di cellula del corpo umano, tutte geneticamente identiche alle cellule del paziente. Il team ha usato le iPSC per produrre neuroni dopaminergici dei vari pazienti analizzandone le funzioni.

“La nostra metodica ci ha permesso di vedere come i neuroni dopaminergici avrebbero potuto funzionare bene fin dall’inizio della vita di un paziente”, ha spiegato Clive Svendsen, direttore del Cedars-Sinai Board of Governors Regenerative Medicine Institute e professore di Scienze Biomediche e Medicina al Cedars-Sinai.

I ricercatori hanno rilevato due anomalie chiave nei neuroni prodotti a partire dalle cellule prelevate dai pazienti: l’accumulo di una proteina chiamata alfa-sinucleina, che si verifica nella maggior parte delle forme di Parkinson e la presenza di lisosomi (vescicole che si occupano della pulizia cellulare) mal funzionanti, che potrebbe causare l’accumulo di alfa-sinucleina.

La sovrabbondanza della proteina è la “firma” del Parkinson nei neuroni di pazienti che ancora non l’hanno sviluppato. ”Ora i ricercatori cercheranno di capire se queste anomalie si manifestano anche nelle altre forme del disturbo – non solo in quello ad esordio precoce” ha spiegato Svendsen.

Inoltre, i ricercatori hanno testato alcuni farmaci per bloccare la malattia prima che si sviluppi. Uno di questi, il PEP005, sembrerebbe ridurre il livelli di alfa-sinucleina nei topi e nelle colture di neuroni dopaminergici.

Il farmaco ha anche contrastato un’altra anomalia osservata nei neuroni dei pazienti – livelli elevati di una versione attiva di un enzima chiamato proteina chinasi C – anche se il ruolo di questa versione dell’enzima nel Parkinson non è chiaro.
A detta dell’italiano Tagliati, il team intende approfondire il farmaco, già approvato sotto forma di gel per lesioni cutanee.