Anemia falciforme, benefici significativi grazie alla terapia genica con LentiGlobin: registrati un miglioramento dei livelli di emoglobina e una riduzione delle complicanze
Nei pazienti affetti da drepanocitosi (o anemia falciforme), la terapia genica cellulare con LentiGlobin, appare sicura e sembra offrire benefici significativi, tra cui un miglioramento dei livelli di emoglobina, una riduzione delle complicanze associate alla malattia e una riduzione della distruzione dei globuli rossi (emolisi).
Lo evidenziano gli ultimi dati dello studio registrativo di fase 1/2 HGB-206, presentati durante una sessione orale al 61° congresso della Società americana di ematologia (ASH), a Orlando, in Florida.
I risultati, che rappresentano un aggiornamento di quelli presentati nel 2018 alla precedente edizione del congresso, si riferiscono a 17 pazienti trattati con LentiGlobin nell’arco di 21 mesi e sono molto promettenti.
Livelli elevati di emoglobina ‘anti falcemica’ grazie alla terapia genica
Innanzitutto, in tutti i pazienti trattati con LentiGlobin e seguiti per almeno 6 mesi si è osservata la produzione di livelli elevati di emoglobina più sana (‘anti-falcemica’) risultato della terapia genica, l’HbAT87Q, pari ad almeno il 40% dell’emoglobina totale.
Test esplorativi hanno mostrato che l’emoglobina ‘anti-falcemica’ è presente nella maggior parte dei globuli rossi dei pazienti trattati e che la forte produzione di HbAT87Q si è associata a una sostanziale riduzione dell’emoglobina difettosa caratteristica della malattia, l’emoglobina falcemica (HbS), nonché a un miglioramento dei principali marcatori dell’emolisi.
Inoltre, aspetto di estrema importanza, non sono stati riportati episodi gravi di sindrome toracica acuta (ACS) o di crisi vaso-occlusive (VOC) dolorose, due delle complicanze più gravi dell’anemia falciforme, nel lasso di tempo fino a 21 mesi dopo la somministrazione di LentiGlobin.
“I dati continuano a evidenziare un’espressione sostenuta dell’emoglobina derivata dalla terapia genica nei pazienti affetti da anemia falciforme trattati con LentiGlobin, che ha portato a un miglioramento significativo dei livelli di emoglobina (> 2g/dl/paziente), quasi alla normalizzazione dei marker dell’emolisi e all’assenza di episodi di ACS, ictus o gravi VOC in questi pazienti» ha dichiarato la prima autrice dello studio Julie Kanter, dell’Università dell’Alabama di Birmingham.
«I risultati presentati da Julie Kanter all’ASH, che mostrano dopo ben 21 mesi una persistenza di livelli di emoglobina “sana” ben superiori al livello medio del paziente prima della terapia genica e una continua assenza delle crisi dolorose o delle sindrome toraciche acute, sono davvero promettenti per quei pazienti affetti dalle forme clinicamente più gravi dell’anemia falciforme e senza un donatore di midollo disponibile» ha commentato Raffaella Colombatti, della Clinica di Oncoematologia Pediatrica dell’Azienda Ospedaliera-Università di Padova.
L’anemia falciforme e le sue conseguenze
L’anemia falciforme è una malattia genetica grave, progressivamente invalidante, causata da una mutazione del gene della β-globina (una delle catene proteiche che costituiscono l’emoglobina) che porta alla produzione di un’emoglobina anomala, l’HbS, a causa della quale i globuli rossi assumono una caratteristica forma di falce e risultano fragili e a vita breve (10-20 giorni, contro una media di 120 giorni di quelli normali); le conseguenze sono un’anemia emolitica cronica, vasculopatia e VOC nei vari organi molto dolorose.
A causa della malattia, coloro che ne soffrono – adulti e bambini – possono presentare anche episodi imprevedibili di dolore dovuti all’occlusione dei vasi sanguigni e altre complicanze acute, come la sindrome toracica acuta (ACS), l’ictus e infezioni, che possono portare a morte prematura.
Al di là della terapia profilattica con antibiotici e acido folico, i farmaci a disposizione per modificare il decorso e la storia naturale della malattia sono pochi. Nei casi in cui l’anemia è particolarmente grave, o persistente, o per prevenire crisi dolorose ricorrenti o la comparsa dell’ictus, possono rendersi necessarie trasfusioni di sangue o un trattamento cronico con idrossiurea. Inoltre, occorre impostare una terapia analgesica in presenza di VOC molto dolorose. Il trapianto di cellule staminali emopoietiche è ad oggi l’unico trattamento potenzialmente curativo. Questa procedura, tuttavia, è attuabile solo una minoranza di casi per la scarsità di donatori compatibili.
La terapia genica con LentiGlobin
LentiGlobin (betibeglogeneautotemcel, o beti-cel) è una terapia genica cellulare autologa sviluppata per agire sulla causa genetica all’origine della malattia. Si basa, infatti, su una strategia ‘additiva’ che consiste nell’inserire attraverso un vettore virale (un lentivirus) una forma modificata del gene della β-globina (gene della βA-T87Q globina) direttamente nelle cellule staminali emopoietiche prelevate dal paziente, che contengono il difetto genetico; una volta modificate in laboratorio, le cellule vengono reinfuse, attecchiscono e danno origine alla produzione di globuli rossi funzionali.
L’espressione della β-globina ‘anti-falcemica’ HbAT87Q nelle cellule staminali emopoietiche trasdotte con il relativo gene può ridurre o eliminare i sintomi dell’anemia falciforme riducendo i livelli di Hbs nei globuli rossi.
Lo studio HGB-206
LentiGlobin è attualmente al vaglio degli sperimentatori nello studio multicentrico internazionale di fase 1/2 HGB-206 (NCT02140554) su pazienti di almeno 12 anni affetti da anemia falciforme severa (compresi quelli con VOC ricorrenti e ACS che non rispondono ad altri trattamenti).
I primi sette pazienti (gruppo A) sono stati trattati con la terapia LentiGlobin prodotta utilizzando cellule staminali emopoietiche raccolte dal midollo osseo e hanno mostrato un’espressione dell’HbAT87Q stabile, ma subottimale.
I ricercatori hanno quindi introdotto diverse modifiche nel protocollo in modo da migliorare la produzione dell’HbAT87Q nei successivi due pazienti (gruppo B).
Infine, hanno aggiunto un’ulteriore modifica, introducendo una mobilizzazione con plerixafor seguita dall’aferesi per la raccolta delle cellule staminali emopoietiche per i pazienti del gruppo C, che sono quelli a cui si riferiscono i dati presentati al congresso ASH, raccolti e analizzati fino al 26 agosto 2019.
Riduzione dell’emoglobina falcemica
Al 26 agosto 2019, risultavano arruolati nel gruppo C 49 pazienti, di cui 17 sottoposti all’infusione di LentiGlobin, e il follow-up più lungo è giunto a 21 mesi.
Dei 17 pazienti trattati,12 avevano almeno 6 mesi di follow-up al momento del cut-off dei dati. In questi pazienti, i livelli mediani di emoglobina anti-falcemica indotta dalla terapia genica, HbAT87Q, rappresentavano almeno il 40% dell’emoglobina totale e all’ultima visita, i livelli totali di emoglobina e di HbAT87Q risultavano compresi rispettivamente tra 9,3 e 15,2 g/dl e tra 2,7 e 9,0 g/dl.
Nessun paziente ha avuto bisogno di trasfusioni di globuli rossi dopo il trattamento con LentiGlobin.
La persistenza dell’emoglobina anti-falcemica HbAT87Q si è associata anche a una riduzione dell’emoglobina falcemica, i cui livelli mediani non superavano il 60% a 6 mesi dall’infusione con LentiGlobin.
«Credo sia importante sottolineare la persistenza a distanza dell’emoglobina “sana”, che si traduce in un fabbisogno trasfusionale pari a zero e nell’assenza di sintomatologia. Di fatto, tutti questi pazienti sono stati curati da due manifestazioni importanti della malattia come l’anemia e le crisi dolorose vaso-occlusive con minimi effetti collaterali a breve termine» ha commentato Colombatti, che è anche coordinatrice del Gruppo di Lavoro sul Globulo Rosso della Società Italiana di Oncologia ed Ematologia Pediatrica (AIEOP).
Riduzione delle complicanze e dei marker dell’emolisi
Dei 12 pazienti con almeno 6 mesi di follow-up che avevano avuto quattro o più episodi di VOC o ACS nei 2 anni precedenti il trattamento con LentiGlobin, in 9 si è registrata una riduzione del 99% del tasso annualizzato di tali episodi (IC al 95% 92,5-100%). Nel lasso di tempo fra 1 e 21 mesi post-infusione, nessun paziente ha sviluppato ACS o VOC severe. Solo uno ha sviluppato una VOC di grado 2 a 3,5 mesi dal trattamento con LentiGlobin.
Inoltre, il trattamento con LentiGlobin ha portato a una riduzione dei marker chiave dell’emolisi, come la conta dei reticolociti (globuli rossi immaturi), i livelli di lattico deidrogenasi e i livelli di bilirubina totale.
Positivi di dati di safety
Anche i dati relativi alla sicurezza del trattamento sono positivi. Il profilo degli effetti avversi dopo il trattamento LentiGlobin è risultato in linea con quello associato al condizionamento mieloablativo con busulfano effettuato prima dell’infusione della terapia genica. Tra questi, si sono registrati due episodi ciascuno di nausea e vomito (11,8%).
Invece, è stato segnalato un episodio lieve e non severo di vampate, ritenuto dallo sperimentatore potenzialmente associato a LentiGlobin.
Per il resto, non sono stati segnalati effetti avversi correlati alla terapia genica, né casi di malattia veno-occlusiva epatica, né insuccessi nell’attecchimento delle cellule infuse, né decessi.
«I dati sulla sicurezza del prodotto finora disponibili sembrano davvero rassicuranti. Si tratta ora di aspettare quelli a medio-lungo termine e in una popolazione di adolescenti e bambini» ha detto l’esperta.
Il futuro di LentiGlobin per l’anemia falciforme
La terapia genica con LentiGlobin al momento è sperimentale e non ancora disponibile in commercio, ma la commissione europea le ha concesso lo status di ‘farmaco orfano’ per il trattamento dell’anemia falciforme.
Bluebird bio, la biotech che la sta sviluppando, non ha ancora reso noto quando depositerà la domanda di approvazione alle agenzie regolatorie. Lo studio HGB-206 non dovrebbe concludersi prima del 2022, tuttavia, l’azienda ha fatto sapere di essere intenzionata a inoltrare la richiesta non appena l’insieme dei dati sarà sufficientemente corposo.
Nel 2020 dovrebbe partire anche uno studio di fase 3 su LentiGlobin in pazienti con anemia falciforme, HGB-210, che dovrebbe servire come studio registrativo definitivo; tuttavia, se i risultati di HBG-206 si confermeranno così positivi come apparso finora, potrebbero essere sufficienti per supportare la domanda di via libera, lasciando allo studio di fase 3 un ruolo confirmatorio.