Com’è e cos’è il Mose visto da dentro e da vicino: viaggio dentro all’infrastruttura che dovrà proteggere Venezia dall’acqua alta
Quando il Mose sarà finito, probabilmente saranno organizzate visite guidate all’interno, magari partendo dall’isola artificiale costruita in mezzo alla bocca di porto del Lido, che in parte ospiterà gli impianti di superficie e in parte sarà trasformata in un parco pubblico con bar, ristorante e spiaggia. Ma, al momento, con il cantiere in corso, non è così facile entrare nella “pancia” di questo sistema di dighe mobili unico al mondo. L’Agenzia di stampa Dire (www.dire.it) è potuta però ‘scendere’ in questa infrastruttura specialissima, in occasione della visita di una delegazione della stampa estera. Ed ecco allora com’è e cos’è il Mose visto da dentro e da vicino.
La bocca di porto del Lido è la più larga delle tre che consentono l’accesso in laguna, ed è composta di due canali con profondità diverse. Per questo motivo sono state realizzate due schiere di paratoie diverse, separate da un’isola artificiale estesa per nove ettari. I due canali che si sono venuti così a creare sono il Lido Treporti, largo 420 metri e profondo sei, in cui sono state installate 21 paratoie, e il Lido San Nicolò, largo 400 metri e profondo 12, e qui ci sono 20 paratoie. In tutto, nelle tre bocche di porto coinvolte dal Mose, sono 78, e sono già state tutte posate, spiega Monica Ambrosini, dell’ufficio stampa del Consorzio Venezia Nuova, che si sta occupando di ultimare il sistema di dighe. Ci si addentra nel Mose entrando nella galleria sottostante la barriera Lido San Nicolò, ad una profondità di circa 19 metri. Il canale ‘scende’ 12 metri, ma la barriera necessita di cassoni di alloggiamento delle paratie quando non sono in utilizzo, e al di sotto devono trovare spazio gli impianti.
“Qui ci sono un impianto di condizionamento, gli impianti elettrici e di automazione, i cassoni in calcestruzzo armato e le cerniere, due per paratoia”, spiega Alessandro Soru, capo cantiere della barriera del Lido. Ogni paratoia è realizzata in acciaio e verniciata di giallo, larga 20 metri è vincolata al cassone tramite due cerniere, che ne consentono l’apertura e la chiusura, ma anche il passaggio dei ‘liquidi di processo’, e quindi dell’aria e dell’acqua. In sostanza, le paratoie sono giganteschi contenitori: si riempiono d’acqua nel momento in cui devono stare fermi, in sede, adagiati sul fondo, e si svuotano quando invece devono galleggiare e formare la barriera che dovrà essere capace di tenere l’acqua alta fuori dalla laguna.
Per alzare la barriera salva-Venezia si utilizzano dei compressori, che “sparano aria” dentro alle paratie, spiazzando l’acqua e determinando il galleggiamento delle paratie stesse. Il sistema consente di intervenire in modo diverso su ogni barriera, ma anche su ogni singola paratia, e quando sarà in utilizzo si dovrà imparare a gestire la pressione dell’aria dentro alle singole paratie per tenerle allineate indipendentemente dalla forza di vento e onde. Durante l’attivazione del Mose ci sarà sempre un presidio, chiarisce Soru. Per il sollevamento di ogni barriera “vengono impegnate 15 persone divise in tre gruppi. Un gruppo sta in centrale di controllo e dai computer controlla e manovra tutto quanto, un gruppo sta sotto in galleria e controlla sul posto che tutte le apparecchiature funzionino correttamente e un altro gruppo sta in superficie dove ci sono i compressori”. Poi, ogni cinque anni circa, ogni paratoia sarà asportata per la manutenzione, che sarà assimilabile a quella di una nave. Ad oggi, conclude Soru, i cantieri coinvolgono circa 350 persone che lavorano “sia all’ultimazione degli impianti che alla manutenzione degli impianti già installati”.
I lavori procedono e “la conclusione del Mose è prevista a dicembre 2021”, assicura Ambrosini. Al momento, mentre si lavora per completare gli impianti, sono in corso le movimentazioni, ovvero test di innalzamento delle paratoie, “che però vengono effettuati barriera per barriera. Perché non abbiamo al momento la possibilità di chiudere tutte le barriere delle tre bocche di porto, perché gli impianti non sono conclusi”. E quindi, conclude la portavoce del Consorzio Venezia Nuova, “lo scorso 12 novembre, quando si è verificata l’acqua alta straordinaria, non avremmo potuto azionare il Mose”. Che, però, se fosse stato ultimato, avrebbe consentito di evitare la maggior parte dei danni. Perché è stato progettato per resistere a maree alte fino a tre metri, innalzandolo quando l’acqua ha raggiunto i 110 centimetri, altezza tollerabile sia per Venezia che per le sue isole, avrebbe consentito di mantenere quel livello all’interno della laguna.