Il tumore della vescica rappresenta circa il 3% di tutti i tumori e, in urologia, è secondo solo al tumore della prostata: ecco sintomi e cure
Il tumore della vescica rappresenta circa il 3% di tutti i tumori e, in urologia, è secondo solo al tumore della prostata. È più comune tra i 60 e i 70 anni ed è tre volte più frequente negli uomini che nelle donne. Alla diagnosi il tumore della vescica è superficiale nell’85% dei casi, infiltrante nel 15%. Secondo i dati del Registro Tumori, in Italia mediamente ogni anno si stimano circa 27.000 casi di tumore vescicale, considerando sia le forme infiltranti sia quelle superficiali.
Sintomi
I sintomi con cui si può presentare il tumore della vescica sono comuni anche ad altre malattie che colpiscono l’apparato urinario. “Manifestazioni frequenti sono la presenza di sangue nelle urine (ematuria) e la formazione di coaguli– indica il Direttore dell’Urologia-. Più raramente, la difficoltà e il dolore a urinare, a cui si aggiunge una maggior probabilità a contrarre infezioni”. In alcuni casi questi disturbi possono portare il paziente in Pronto soccorso.
Chi è a rischio
Per il tumore della vescica il fumo di sigaretta è il principale fattore di rischio, seguito dall’esposizione cronica alle ammine aromatiche e nitrosamine (frequente nei lavoratori dell’industria tessile, dei coloranti, della gomma e del cuoio), da eventuali radioterapie che hanno coinvolto la pelvi, dall’assunzione di farmaci come la ciclofosfamide e la ifosfamide e dall’infezione da parassiti come Bilharzia e Schistosoma haematobium, diffusi in alcuni Paesi del Medio Oriente (Egitto in particolare). Si suppone che anche la dieta possa avere un ruolo: fritture e grassi consumati in grande quantità sono associati a un aumentato rischio di ammalarsi di tumore della vescica. Esistono infine, spiegano gli esperti dell’Ospedale Niguarda, prove a favore di una componente genetica quale fattore predisponente.
Come si cura il tumore della vescica
I trattamenti chirurgici dei tumori della vescica sono principalmente endoscopici e poco invasivi, spesso seguiti da terapie locali intravescicali con chemioterapici o con il bacillo di Calmette-Guerin (BCG, lo stesso che si usava per vaccinare contro la tubercolosi) che riducono il rischio di recidive. “Più raramente e per malattie infiltranti– specifica lo specialista – è necessaria la cistectomia (asportazione della vescica), che al Niguarda viene eseguita anche con la chirurgia robotica, e che prevede o la formazione di una stomia esterna (cioè di un sacchettino sull’addome per raccogliere l’urina) o la costruzione di un serbatoio interno (la cosiddetta neovescica) utilizzando un segmento intestinale”. Nel percorso di cura molto spesso oggi si punta su interventi combinati, che possono vedere impiegati, secondo schemi terapeutici diversificati, chirurgia, chemioterapia o immunoterapia e radioterapia.