Ipercolesterolemia familiare in giovani pazienti: conferme di sicurezza per evolocumab con un trattamento di oltre 4 anni
In giovani pazienti con ipercolesterolemia familiare, la sicurezza dell’avvio di un trattamento con evolocumab è stata confermata da dati relativi a un periodo superiore a 4 anni, il più esteso fino ad oggi mai pubblicato per qualsiasi inibitore del PCSK9 in questa popolazione di pazienti. È quanto emerge da uno studio pubblicato sul “Journal of American College of Cardiology”.
Più in dettaglio, su 300 adolescenti e adulti con ipercolesterolemia familiare omozigote (HoFH) o ipercolesterolemia familiare eterozigote grave (HeFH), l’89,3% ha avuto eventi avversi emergenti dal trattamento con l’inibitore del PCSK9 – più comunemente rinofaringite, influenza, infezione del tratto respiratorio superiore e mal di testa – per un follow-up medio di 4,1 anni.
Gravi eventi avversi si sono verificati nel 28,7% dei pazienti e i gruppi HoFH e HeFH hanno mostrato tassi di eventi avversi simili, secondo i ricercatori dello studio denominato TAUSSIG (Trial Assessing Long Term USe of PCSK9 Inhibition in Subjects With Genetic LDL Disorders) guidati da Raul Santos, dell’Ospedale della Scuola Medica dell’Università di San Paolo (Brasile).
«Evolocumab è stato ben tollerato» riporta il team di Santos. «Non sono stati rilevati anticorpi neutralizzanti verso evolocumab durante il periodo di follow-up prolungato. Inoltre, non sono stati riscontrati cambiamenti clinicamente significativi nella glicemia a digiuno e nei livelli di HbA1c».
Il più lungo follow-up disponibile per un inibitore del PCSK9
Il presente studio ha generato il follow-up più lungo rispetto a qualsiasi altro studio con un inibitore del PCSK9 in questa popolazione di pazienti e il più ampio nei pazienti con HoFH, ribadiscono gli autori. In precedenza, i ricercatori dello studio TAUSSIG avevano riportato risultati intermedi nel gruppo HoFH relativi in media a 1,7 anni.
Nell’HoFH, la forma più rara e più grave della malattia, evolocumab è risultato associato a una riduzione del colesterolo LDL (LDL-C) del 21,2% (59,8 mg/dL) dal basale a 12 settimane. Questa riduzione dell’LDL-C è rimasta sostenuta, al 24,0%, a 216 settimane. Nel frattempo, i soggetti con grave HeFH hanno visto l’LDL-C ridotto del 54,9% (104,4 mg/dL) alla settimana 12 e del 47,2% alla settimana 216 rispetto al basale.
Sulla base del presente rapporto, l’abbassamento del colesterolo LDL-C a lungo termine con evolocumab è «mantenibile per un periodo di almeno 4 anni», che è «molto più lungo» rispetto ai 2,2 anni di osservazione dello studio FOURIER» osservano in un editoriale di commento Barton Duell e Sergio Fazio, entrambi della Oregon Health & Science University di Portland.
Di pari importanza sono i risultati di safety che forniscono «ulteriori garanzie sulla sicurezza a lungo termine del trattamento con evolocumab in questa popolazione ad alto rischio, che includeva» sottolineano Duell e Fazio «14 bambini con HoFH».
Rischio cardiovascolare annuale più basso del previsto
Il TAUSSIG è uno studio a braccio singolo che ha arruolato pazienti affetti da ipercolesterolemia familiare già in terapia ipolipemizzante (con statine, ezetimibe o entrambi) per malattie cardiovascolari aterosclerotiche preesistenti o LDL-C persistentemente elevato. Dei 300 partecipanti, 61 stavano anche ricevendo l’aferesi bisettimanale delle lipoproteine al momento dell’arruolamento nello studio.
I pazienti con HoFH costituivano circa un terzo della coorte TAUSSIG. Questo gruppo aveva una media di 34,3 anni (rispetto ai 54,7 anni di quelli con HeFH grave) ed era costituita da maschi per il 49,1% (rispetto al 59,8% dell’altro gruppo).
I pazienti hanno ricevuto evolocumab per via sottocutanea alla dose di 420 mg al mese, che poteva essere innalzata dopo 12 settimane a 420 mg ogni 2 settimane se il paziente non era in trattamento con aferesi delle lipoproteine.
Quelli già in aferesi delle lipoproteine hanno iniziato con quest’ultimo dosaggio più frequente dell’inibitore PCSK9 – il doppio dell’attuale dosaggio approvato dalla FDA per HoFH, osservano Duell e Fazio.
Il rischio cardiovascolare annuale è stato stimato al 2,7%, con la maggior parte degli eventi rappresentati da rivascolarizzazioni coronariche. Questo valore è «notevolmente più basso del previsto, dato l’alto rischio di questi pazienti e le percentuali di eventi osservate in altri studi» secondo Santos e colleghi. «Circa la metà dei pazienti arruolati nel TAUSSIG aveva una malattia coronarica identificata al basale insieme a molteplici fattori di rischio cardiovascolare».
Dei 61 pazienti che hanno ricevuto l’aferesi all’arruolamento, 16 hanno interrotto questa terapia dopo aver iniziato evolocumab.
Gli autori dello studio hanno riconosciuto che il loro studio mancava di un gruppo in cieco e di un gruppo di controllo. Lo studio, inoltre, è stato terminato in anticipo (il piano originale era di seguire i pazienti per 5 anni) dopo che lo sponsor (Amgen) aveva deciso che «erano state raccolte informazioni sufficienti per provare la sicurezza e l’efficacia a lungo termine in questa popolazione».