Trattare con la stessa compressa ipertensione e ipercolesterolemia è possibile con le nuove single pill combination, associazioni di più principi attivi
Trattare con la stessa compressa ipertensione e ipercolesterolemia. Oggi è possibile con le nuove single pill combination, associazioni di più principi attivi che vanno a curare due patologie diverse, come ipertensione e ipercolesterolemia che, quando associate, contribuiscono ad aumentare di molto il rischio cardiovascolare individuale del singolo paziente.
Questo nuovo approccio terapeutico serve a migliorare l’aderenza dei pazienti, anche alla luce dei nuovi target pressori e dei livelli di colesterolo ottimali che sono stati di recente ridotti alla luce delle evidenze e scientifiche.
Semplificare la terapia ne migliora l’aderenza e questo ha effetti diretti sulla salute della popolazione e, diminuisce anche la spesa sanitaria globale. La diminuzione della spesa ha una duplice motivazione. Da una parte questi farmaci costano meno della somma dei principi attivi prescritti separatamente.
Dall’altra, il fatto che il paziente sia facilitato nell’aderire alla terapia, la rende più efficace nel ridurre gli eventi cardio cerebro vascolari, come infarto e ictus. Con benefico per i pazienti ma anche minori costi per il Ssn.
Sono questi i temi al centro di un incontro tra alcuni dei massimi esperti nel trattamento dell’ipertensione e della ipercolesterolemia che si è svolto recentemente a Napoli e al quale hanno partecipato tra gli altri il Prof. Giorgio Colombo, economista sanitario dell’Università di Pavia, il prof. Guido Grassi, presidente della Società Italiana dell’Ipertensione Arteriosa, il Prof. Pasquale Perrone Filardi, Ordinario di Cardiologia Università degli Studi Federico II di Napoli e Presidente eletto della Società Italiana di Cardiologia, il prof. Bruno Trimarco, Professore di malattie dell’apparato cardiovascolare Università degli Studi di Napoli Federico II, il Prof. Massimo Volpe, Ordinario di Cardiologia, Università degli Studi di Roma “La Sapienza” e il Prof. Giovanni Zito, Presidente A.R.C.A., Associazioni Regionali Cardiologi Ambulatoriali.
Si è parlato dei dati epidemiologici e sono stati approfonditi gli ambiti di utilizzo di una di queste single pill combination, da poco disponibile in terapia, che combina l’amlodipina, uno dei farmaci antipertensioni maggiormente utilizzati nel nostro Paese, con la rosuvastatina, la più potente tra le statine.
Ipertensione e ipercolesterolemia e relazione con il rischio cardiovascolare globale
Quando si parla di rischio cardiovascolare, è noto che sono numerosi i fattori di rischio da considerare: oltre all’ipertensione e all’ipercolesterolemia, hanno un ruolo fondamentale anche sesso, età, abitudine al fumo e la presenza di diabete. Per fornire una visione oggettiva della situazione, possono aiutare alcuni numeri: in Italia sono oltre 18 milioni le persone ipertese e 6 milioni quelle affette anche da ipercolesterolemia, anche se questo numero è destinato ad aumentare in relazione ai nuovi target di colesterolo definiti dalle recenti linee guida. In generale possiamo dire che una percentuale compresa tra un quarto e la metà dei pazienti ipertesi presenta anche colesterolemia elevata.
Secondo quanto emerge dal rapporto MEV 2019, ogni anno sono circa 13.000 i casi di morte per malattie ischemiche del cuore e oltre 10.000 decessi relativi al sistema circolatorio (dei quali 6.500 per malattie cerebrovascolari) sono classificati come evitabili, dove per evitabile si intende prevenibile o trattabile con cure sanitarie adeguate o interventi di sanità pubblica nel senso più ampio.
Se si valuta il problema dal punto di vista dei costi, in Italia i costi sanitari delle malattie cardiovascolari sono stimati in circa 21 miliardi di euro/anno; di questi, circa 16 miliardi di euro sono costi sanitari diretti, riconducibili per l’84% alle ospedalizzazioni. A questi si sommano circa 5 miliardi euro relativi a costi indiretti, dovuti alla perdita di produttività. Ne consegue che le patologie cardiovascolari rappresentano un onere economico rilevante per la società e che sia necessario sviluppare e mettere in atto misure preventive efficaci.
È fondamentale considerare che, nonostante i soggetti a rischio più elevato siano quelli che possono trarre maggiori benefici dal concomitante trattamento dei fattori di rischio, la maggior parte dei decessi di una comunità si verificano nei soggetti con livelli inferiori di rischio; questo accade perché la numerosità di questo gruppo è superiore a quella dei soggetti ad alto rischio. Il calcolo del rischio cardiovascolare individuale consente di valutare il rischio connesso al singolo paziente in relazione ai suoi specifici fattori di rischio e consente quindi di definire in quali casi sia necessario un intervento.
“Da qui la richiesta e l’impegno della classe medica, soprattutto dei medici di medicina generale, a identificare i pazienti con fattori di rischio in prevenzione primaria, ossia i pazienti che non hanno ancora avuto un evento cardiovascolare. Con uno sforzo abbastanza limitato a livello di risorse del sistema sanitario è possibile ridurre il rischio e i costi connessi a un eventuale evento cardiovascolare” ha sottolineato il prof. Volpe.
Questo intervento è possibile con modifiche dello stile di vita (dieta più sana, aumento dell’attività fisica, controllo del peso corporeo o l’eliminazione del fumo), ma queste raramente hanno un effetto a lungo termine ed è quasi sempre necessario ricorrere a un intervento farmacologico
L’aderenza terapeutica nelle patologie cardiovascolari
Se le modifiche dello stile di vita raramente hanno effetto a lungo termine, un problema analogo si presenta anche nel caso delle terapie farmacologiche quando somministrate per patologie inizialmente asintomatiche come possono essere l’ipertensione e l’ipercolesterolemia. Sono rare le patologie in cui l’aderenza terapeutica è di norma ottimale e questa tende a diminuire in patologie asintomatiche. La scarsa aderenza è infatti dovuta a diversi fattori, sia individuali (come abitudini, convinzioni, timori riguardanti i farmaci e i loro effetti avversi, scarsa conoscenza della propria patologia), ma anche al prescrittore per la sua capacità di convincere il paziente, oltre a veri e propri problemi di accesso alle cure.
“L’ipertensione all’inizio è silente e questo comporta una non percezione dell’importanza del controllo dealla malattia per prevenire le sue complicanze a lungo termine. La non percezione comporta una scarsa aderenza; questo problema è anche colpa dei medici. Prescrivere una terapia è non solo compilare una ricetta ma anche spiegare al paziente perché è utile assumerla e quali sono le conseguenze della mancata terapia” ha commentato il prof. Zito. Tutti i professionisti sanitari possono e devono sforzarsi di far comprendere al meglio l’importanza di non interrompere il trattamento a un paziente.
“L’aderenza alla terapia ipocolesterolemizzante dopo un anno non supera il 45% e il 58% per la terapia antiipertensiva. Questa scarsa aderenza comporta un aumento delle ospedalizzazioni e della mortalità” – fa presente il prof. Colombo. “Tutti gli interventi volti a migliorare l’aderenza devono pertanto essere considerati benvenuti sia in termini di sanità pubblica sia di riduzione dei costi sanitari globali”.
Le single-pill combination come possibile soluzione
“Bisogna considerare come l’aderenza sia legata alla semplicità o meno della terapia” sottolinea il prof. Perrone Filardi. È infatti dimostrata una diretta correlazione fra riduzione della frequenza e del numero complessivo di medicinali assunti nell’arco della giornata e l’incremento di aderenza alla terapia. I pazienti anziani (sopra i 60 anni) assumono in media dai 4 ai 7 farmaci al giorno. Nell’80% dei pazienti in terapia antipertensiva sono necessari due o più farmaci per tenere i valori pressori sotto controllo.
“La somministrazione di più principi attivi in una singola compressa diminuisce la possibilità che il paziente non assuma il farmaco, con aumento dell’aderenza e quindi degli outcome clinici ed economici correlati. Si stima che ridurre di una il numero di compresse da assumere migliori l’aderenza del 10-15%” ha spiegato Colombo.
Finora però le associazioni erano solo tra farmaci con le stesse indicazioni, per la stessa patologia; è una novità recente lo sviluppo di farmaci con principi attivi per indicazioni diverse ma che vanno a trattare patologie spesso presenti nello stesso paziente. Alcune di queste sono state sviluppate appunto per andare a trattare insieme ipertensione e ipercolesterolemia, aspetti differenti del rischio cardiovascolare; sono le cosiddette single pill combination.
Il giudizio del prof. Zito su queste nuove combinazioni di farmaci è “estremamente positivo. Ritengo che la tecnologia stia dando una grande mano a migliorare l’aderenza la possibilità di poter assumere in un’unica presa più farmaci più principi attivi renderà molto più partecipe il paziente snellirà alcune terapie complesse”
L’esempio di amlodipina e rosuvastatina
“Le linee guida suggeriscono come terapia di prima linea dell’ipertensione i farmaci che interferiscono con il sistema renina angiotensina (come gli ACE inibitori i o sartani) o con l’associazione di questi con i calcio antagonisti; i calcio antagonisti sono in grado di ridurre maggiormente la pressione rispetto agli ACE inibitori e questo spiega perché spesso il suggerimento delle linee guida non sia sempre seguito e si prescrivano spesso calcio antagonisti anche in prima linea. Tra i calcio antagonisti l’amlodipina è quello più utilizzato. D’altro canto, la rosuvastatina riduce i livelli di colesterolo LDL e di conseguenza il rischio cardiovascolare con una efficacia e tollerabilità che la rende una delle statine più utilizzate.”
È quanto ha dichiarato il prof. Trimarco riguardo questo nuovo medicinale da poco a disposizione della classe medica italiana, che ha esplicitato il razionale alla base di questa nuova formulazione, che si prevede possa essere utile ai pazienti ipertesi e ipercolesterolemici, soprattutto se in prevenzione primaria.
“L’associazione tra questi due farmaci molto efficaci e molto maneggevoli, ampiamente usati, è in grado di ridurre il numero di compresse; ridurre il numero di compresse da assumere è in grado di migliorare l’aderenza e la persistenza alla terapia, fondamentale in caso di terapie asintomatiche” ha dichiarato il prof. Grassi. Studi clinici hanno peraltro dimostrato che la somministrazione in associazione non modifica l’efficacia e la tollerabilità dei due principi attivi rispetto alle due somministrazioni prese singolarmente.
“Occorre notare come le reazioni del paziente siano positive di fronte a una semplificazione della terapia, soprattutto quando il medico la suggerisce con empatia e convinzione” ha concluso Perrone Filardi. In conclusione, sottolinea Filardi, la possibilità di utilizzare insieme amlodipina e riosuvastatina in un’unica compressa sfruttandone in maniera semplificata l’efficacia “è una enorme opportunità terapeutica”.