La storia di Irena Sendler, l’eroina che salvò 2.500 bimbi dai nazisti: quando i tedeschi liquidarono il ghetto di Varsavia, questa giovane infermiera decise di iniziare coraggiosamente a mettere in salvo i piccoli
Si chiamava Irena Sendler e salvò 2.500 bambini ebrei dalla furia nazista. Era un’infermiera e quando scoppiò la seconda guerra mondiale lavorava come assistente sociale a Varsavia, città in cui era nata nel 1910. Quando iniziano le persecuzioni agli ebrei riesce ad avere un lasciapassare per entrare nel ghetto dove, nel 1940, a Varsavia vivono in condizioni disumane ben 400mila ebrei. Mentre presta soccorso e organizza disinfestazioni, distribuzione di viveri e abiti, indossa la stella di Davide per solidarietà. Irena ha solo 29 anni, ma questo era l’esempio lasciatole da suo padre, un medico che curava molti ebrei indigenti gratuitamente.
Nel 1942 nasce l’organizzazione segreta “Consiglio per l’aiuto agli ebrei” e Irena ne diventa una tra le principali attiviste. Alla decisione dei tedeschi di liquidare il ghetto inizia coraggiosamente a mettere in salvo i bambini. Li trasferisce di nascosto, fornisce loro falsi documenti con nomi cristiani e occulta i precedenti, nasconde i piccoli nelle ambulanze. Spesso vengono addormentati con i sonniferi e rinchiusi in un sacco o in una cassa per passare nella parte ariana, facendo credere ai nazisti che si tratta di morti per tifo. Dopo l’uscita dal ghetto i bambini vengono assegnati a famiglie, orfanotrofi o conventi. Si stima che riuscì a metterne in salvo 2.500. Viene arrestata e torturata dalla Gestapo per tre lunghissimi mesi, le vengono fratturate le gambe, rimarrà inferma, ma non dirà mai una parola.
Dopo l’arresto Irena Sendler continua a salvare bambini, pur costretta a vivere in clandestinità e con un altro nome. Continua a lavorare come infermiera durante l’insurrezione di Varsavia come infermiera nel Punto Sanitario e contribuisce a creare orfanotrofi, un Centro per le Madri e i Bambini in difficoltà. Viene perseguitata anche dai Servizi di Sicurezza comunisti. Si iscrive al Partito comunista polacco, racconta l’agenzia Dire (www.dire.it), che abbandona però in seguito alle campagne antiebraiche del 1968. Dopo un periodo in cui sembra quasi dimenticata dalla Polonia, riceve le più alte onorificenze e viene candidata anche al Nobel per la pace. Quando è ormai molto anziana, e non può più uscire da casa, al Parlamento Polacco che all’unanimità la nomina eroina nazionale, scrive in una lettera poco prima di morire, nel 2008: “Ogni bambino salvato con il mio aiuto è la giustificazione della mia esistenza su questa terra, e non un titolo di gloria”, quello che per la storia è stato coraggio, per Irena era un semplice dovere morale.