La terapia con farmaci antiepilettici (AED) per ridurre o prevenire le convulsioni è improbabile che influenzi la funzione cognitiva
L’ottimizzazione della terapia con farmaci antiepilettici (AED) per ridurre o prevenire le convulsioni è improbabile che influenzi la funzione cognitiva, in quanto nessun AED è associato in modo indipendente alla disfunzione cognitiva, secondo una ricerca pubblicata online su “Neurology”.
I pazienti che assumono farmaci antiepilettici riportano comunemente problemi cognitivi, ma le indagini sugli effetti cognitivi degli AED hanno finora prodotto risultati incoerenti. I ricercatori, guidati da Emma Foster, del Royal Melbourne Hospital di Victoria (Australia), erano interessati a questa associazione, poiché trattano spesso pazienti complessi che assumono AED multipli o ad alte dosi, e spesso i pazienti trattati manifestavano disfunzioni cognitive.
«Siamo stati particolarmente interessati a esaminare quanto gli AED influenzano la cognizione rispetto ad altri fattori» spiegano Foster e colleghi. «Vediamo comunemente pazienti nella nostra unità di cura terziaria di epilessia che hanno avuto una forma grave per lungo tempo o che hanno disturbi psichiatrici e questi fattori possono anche contribuire alla disfunzione cognitiva».
Criteri di ammissione al monitoraggio video EEG
Per il loro studio, Foster e colleghi hanno arruolato in modo prospettico i pazienti ammessi all’unità di monitoraggio EEG del Royal Melbourne Hospital tra il gennaio 2009 e il dicembre 2016. I pazienti sono stati inclusi nello studio se avevano almeno 18 anni, erano stati ammessi per valutazione diagnostica o chirurgica e disponevano di dati completi per le variabili pertinenti. Ai pazienti sono stati prescritte monoterapia o politerapia con AED.
I ricercatori hanno basato la diagnosi di epilessia diagnostica sui criteri della International League Against Epilepsy del 2014. La diagnosi di convulsioni non epilettiche psicogene (PNES) si basava sul consenso degli epilettologi durante le riunioni cliniche multidisciplinari settimanali, supportato dalla valutazione di tutti i dati disponibili.
Alcuni pazienti hanno ricevuto una diagnosi di epilessia con comorbilità con PNES. Se i dati non erano sufficienti per supportare una diagnosi di epilessia o PNES, l’ammissione era considerata senza diagnosi. Tutti i partecipanti sono stati sottoposti a screening neuropsicologico e neuropsichiatrico. I ricercatori hanno valutato la funzione cognitiva globale dei pazienti utilizzando il Neuropsychiatry Unit Cognitive Assessment Tool (NUCOG), uno strumento validato.
I pazienti hanno inoltre risposto al Quality of Life in Epilepsy inventory (QOLIE-89) per fornire una misura della funzione cognitiva soggettiva. Hanno anche risposto alla Hospital Anxiety and Depression Scale (HADS) per lo screening dei disturbi dell’umore.
Foster e colleghi hanno misurato la frequenza delle convulsioni attraverso quanto auto-riportato dai pazienti, ai quali è stata misurata la durata media della frequenza convulsiva durante i 12 mesi precedenti l’ammissione all’unità video-EEG.
I partecipanti sono stati classificati secondo un sistema a 12 punti in cui 0 indica i pazienti che sono liberi da crisi e assumono AED mentre 12 identifica i pazienti con stato epilettico. I pazienti con PNES hanno usato la stessa scala per riportare la frequenza degli eventi, sebbene il sistema non sia stato progettato per questo scopo.
A quasi la metà dei pazienti prescritta una politerapia
I ricercatori hanno incluso 331 pazienti nella loro analisi. L’età media della popolazione era di 39,3 anni e circa il 62% dei pazienti era di sesso femminile. Circa il 47% dei pazienti aveva epilessia, il 25,7% aveva PNES, il 6,6% aveva epilessia con comorbilità con PNES e il 20,5% aveva un esito non diagnostico.
Tra i pazienti con epilessia, la maggior parte (54,5%) presentava epilessia del lobo temporale, seguita da epilessia focale extratemporale (32,1%) ed epilessia generalizzata (13,5%).
Il numero medio di AED prescritti al momento dell’ammissione allo studio era 1,6 e il punteggio medio delle crisi epilettiche o degli eventi era 7,2, che indicava 1-3 crisi epilettiche al mese.
Il punteggio medio di depressione HADS era compreso nel range di normalità (5,7) mentre il punteggio medio HADS relativo all’ansia HADS era borderline (8,2). Circa il 45% dei pazienti riceveva politerapia AED al momento del ricovero; al 25,1% è stata prescritta monoterapia AED e al 29,9% non sono stati prescritti AED. Levetiracetam, valproato e carbamazepina erano gli AED più frequentemente prescritti.
La maggior parte dei pazienti con epilessia (73,1%) era in polifarmacia, rispetto al 17,6% dei pazienti con PNES, al 63,6% dei pazienti con epilessia e PNES e all’8,8% dei pazienti senza diagnosi. L’età avanzata e la maggiore frequenza convulsiva sono stati predittivi di un’oggettiva riduzione della funzione cognitiva. Anche l’epilessia con comorbilità e la PNES sono sembrate predittive di una funzione cognitiva oggettiva compromessa, ma i dati erano non conclusivi.
Nessun AED è risultato fattore predittivo significativo della funzione cognitiva oggettiva. I punteggi più alti relativi a depressione e ansia e una maggiore frequenza convulsiva sono stati predittivi di una ridotta funzione cognitiva soggettiva. Nessun AED è stato predittivo in termini di funzione cognitiva soggettiva.
In futuro previsti studi su specifici domini
Precedenti studi avevano suggerito che il trattamento con topiramato fosse predittivo di funzione cognitiva oggettiva o soggettiva, ma Foster e colleghi non hanno osservato questo risultato.
I risultati attuali suggeriscono che il topiramato potrebbe avere un effetto meno significativo sulla cognizione di quanto la letteratura suggerisca, scrivono. Inoltre, sono necessarie ulteriori prove per comprendere appieno gli effetti di clobazam, valproato, fenitoina e gabapentin perché la presente analisi è sottodimensionata per questi farmaci.
Sebbene il NUCOG valuti in modo affidabile la funzione cognitiva globale, la sua capacità di misurare particolari sottodomini cognitivi è limitata. «Intendiamo condurre ricerche future studiando le complesse associazioni tra le diverse funzioni cognitive, compresa la velocità di elaborazione, e AED specifici in questa popolazione eterogenea» affermano Foster e colleghi.
Nonostante le grandi dimensioni del campione dello studio, i ricercatori non sono stati in grado di esplorare potenziali interazioni tra varie variabili predittive. «L’epilessia può interagire con il processo di invecchiamento o con altre condizioni mediche associate all’invecchiamento, come l’ipertensione e il diabete, e questo può aumentare il rischio di declino cognitivo» spiegano.
«L’età avanzata può anche essere associata a una ridotta capacità di metabolizzare i farmaci, una maggiore sensibilità agli effetti cognitivi e neurologici dei farmaci, una minore riserva cognitiva e una maggiore probabilità di assumere più farmaci che, insieme agli AED, possono esercitare un effetto cognitivo» specificano.
I risultati attuali possono ridurre le preoccupazioni circa gli effetti degli AED sulla funzione cognitiva e incoraggiare i neurologi a perseguire il corretto dosaggio per un controllo ottimale delle crisi, scrivono gli autori.
«Tuttavia, è possibile che alcuni individui possano essere più sensibili di altri alla disfunzione cognitiva correlata ai farmaci antiepilettici» specificano. «Non abbiamo un modo affidabile per prevedere chi saranno questi pazienti, ed è comunque buona prassi rendere consapevoli i pazienti che alcune persone sperimentano effetti cognitivi avversi dai agli AED».
«Tuttavia, è necessario sottolineare che è improbabile che l’uso di farmaci antiepilettici sia l’unica ragione di un eventuale deterioramento cognitivo. Altri problemi, come il cattivo controllo delle crisi o disturbi dell’umore non riconosciuti o non trattati, sono fattori ancora più importanti per il deterioramento della cognizione» aggiungono.