Miastenia grave: zilucoplan, inibitore della frazione C5 del complemento, ha migliorato significativamente la debolezza muscolare e il funzionamento quotidiano
Zilucoplan, inibitore della frazione C5 del complemento, ha migliorato significativamente la debolezza muscolare e il funzionamento quotidiano in pazienti con forme da moderate a severe di miastenia grave generalizzata (gMG), secondo i risultati – pubblicati su “JAMA Neurology” – di uno studio di fase 2, randomizzato, controllato con placebo.
«La miastenia grave (MG) è una rara malattia autoimmune caratterizzata dalla produzione di autoanticorpi che colpiscono proteine che sono fondamentali per la normale trasmissione sinaptica neuromuscolare» ricordano gli autori, guidati da James F. Howard Jr., dell’Università della Carolina del Nord a Chapel Hill.
«Il bersaglio più comune degli autoanticorpi nella MG è il recettore nicotinico dell’acetilcolina (AChR), con circa l’80-88% di tutti i pazienti con gMG aventi in circolo anticorpi anti-AChR rilevabili» proseguono «ed esistono prove sostanziali a supporto di un ruolo per la cascata del complemento terminale nella patogenesi di tutti i pazienti con gMG positiva ad autoanticorpi AChR (AChR-Ab)».
Molti pazienti con gMG, aggiungono gli autori, presentano una disabilità clinica sostanziale, un carico di malattia persistente ed effetti avversi attribuibili all’immunosoppressione cronica. Pertanto, vi è una significativa necessità di terapie mirate e ben tollerate che possano migliorare il controllo della malattia e la qualità di vita.
Favorevole anche il profilo di sicurezza e tollerabilità
In questo studio nordamericano svolto in 25 centri, un totale di 44 pazienti adulti con gMG è stato randomizzato a ricevere quotidianamente zilucoplan alla dose di 0,1 mg/kg o di 0,3 mg/kg oppure placebo per 12 settimane. Tutti i pazienti presentavano una malattia positiva all’autoanticorpo diretto al recettore dell’acetilcolina e un punteggio quantitativo di miastenia grave (QMG) pari o superiore a 12. I punteggi QMG variavano da 0 (indicativo di assenza di debolezza muscolare) a 39 (grave debolezza muscolare).
Secondo il protocollo di studio, i pazienti dovevano continuare ad assumere i loro attuali farmaci per gMG senza modificare la dose. La variazione del punteggio QMG dal basale a 12 settimane (endpoint primario di efficacia dello studio) ha mostrato una differenza significativa e clinicamente rilevante a favore di zilucoplan 0,3 mg/kg rispetto al placebo, secondo gli studiosi.
La variazione media era di –6,0 punti per zilucoplan 0,3 mg/kg e –3,2 per placebo (p = 0,05), secondo lo studio, a indicare un’evidente rapida insorgenza d’azione una settimana dopo l’inizio del trattamento.
Anche zilucoplan 0,1 mg/kg ha prodotto un miglioramento significativo e clinicamente rilevante rispetto al placebo, ma la sua grandezza dell’effetto era inferiore e sono state necessarie 4 settimane perché si manifestasse.
Secondo i ricercatori, il trattamento con zilucoplan ha anche migliorato significativamente – rispetto al placebo – i punteggi di attività di vita quotidiana nella miastenia grave, un endpoint secondario chiave dello studio. Gli eventi avversi emergenti dal trattamento, che includevano reazioni locali nel sito di iniezione, sono stati lievi e ritenuti non correlati al trattamento in studio, riportano Howard e colleghi.
«Zilucoplan ha prodotto miglioramenti rapidi, significativi e sostenuti nell’arco di 12 settimane in un’ampia popolazione di pazienti con moderata gMG positiva per AChR-Ab» scrivono gli autori. «L’inibizione quasi completa del complemento è apparsa superiore all’inibizione submassimale» aggiungono «e il profilo osservato di sicurezza e tollerabilità di zilucoplan è stato favorevole».
Quali differenze rispetto ai trattamenti già in uso?
L’effetto clinico di zilucoplan, peptide macrociclico inibitorio auto-somministrato, è stato «simile», secondo i ricercatori, a quanto visto negli studi condotti con eculizumab, inibitore del complemento somministrato per via endovenosa che è stato approvato dalla Food and Drug Administration per il trattamento della gMG.
Mentre gli studi su eculizumab erano limitati a pazienti con gMG refrattaria, Howard e colleghi fanno notare che il loro studio su zilucoplan ha incluso una popolazione più ampia, compresi i pazienti che non avevano fallito terapie precedenti, erano in una fase più precoce del loro decorso di malattia e avevano una storia di timoma.
«Questa osservazione è importante perché nel gMG, la gravità della malattia raggiunge spesso un picco nei primi anni dopo la diagnosi, prima che tutte le opzioni di trattamento siano state esaurite e prima che i pazienti possano essere dichiarati formalmente refrattari al trattamento» scrivono Howard e colleghi.
L’inibizione del complemento è un “approccio mirato” che affronta il meccanismo principale di danno tissutale nel gMG, ricordano i ricercatori. Ciò è in contrasto con i trattamenti convenzionali della gMG tra cui la piridostigmina, i corticosteroidi e altri immunosoppressori.
«Questi trattamenti mancano di prove evidenti da studi clinici a supporto della loro efficacia, sono spesso scarsamente tollerati e possono essere associati a notevoli tossicità a lungo termine» sostengono gli autori.