Emergenza Coronavirus: il Codacons chiede di bloccare la vendita dei Gratta&Vinci nelle tabaccherie. Senza slot lo Stato incassa 18 milioni in meno
Il Governo vieti la vendita di biglietti Gratta&Vinci in tutta Italia, come misura di contenimento dei contagi da Coronavirus e per evitare pericolosi affollamenti davanti ai tabaccai rimasti aperti. A chiederlo il Codacons, dopo la decisione del comune di Bergamo che ha vietato i giochi nelle tabaccherie della città.
“Chiediamo al Governo di inserire nel prossimo decreto una misura che vieti la vendita di Gratta&Vinci presso le tabaccherie e in qualsiasi altro esercizio rimasto aperto – spiega il presidente del Codacons Carlo Rienzi –. In tutta Italia numerosi anziani e soggetti con forme di dipendenza da gioco continuano a recarsi presso i tabaccai proprio per acquistare tagliandi dei Gratta&Vinci, creando file davanti agli esercizi ed alimentando la possibilità di contagi”.
“Per tale motivo è necessario vietare con apposito decreto la vendita di biglietti, così da limitare i rischi sanitari per la collettività” conclude Rienzi.
Slot spente: lo Stato ci rimette 18 milioni
Il “game over” dovuto all’emergenza coronavirus costa allo Stato complessivamente 18 milioni al giorno in termini di mancato gettito erariale. Questo il dato che emerge da un’analisi Agipronews basata sui dati dei Monopoli di Stato e sulla raccolta dei giochi pubblici nel periodo immediatamente precedente al blocco. Attualmente, va ricordato, il settore del gaming è limitato alla modalità on line e alle attività ancora permesse nelle tabaccherie, come Lotto, Superenalotto e Gratta&Vinci. Chiuse, dall’8 marzo fino al 3 aprile, tutte le sale slot e vlt, le agenzie di scommesse (aperti solo i corner presso le tabaccherie) e le sale Bingo.
Per quanto riguarda le entrate erariali, il settore degli apparecchi è di gran lunga la voce più significativa: lo stop alle slot (che sono rimaste accese fino all’11 marzo nelle tabaccherie, prima di essere stoppate da una direttiva dei Monopoli) e alle Vlt da solo costa allo Stato 17 milioni al giorno, mentre le scommesse (comprese le virtuali) e il bingo fanno mancare complessivamente un milione al giorno. In tutto, se la chiusura si limiterà alla prevista finestra di 25 giorni, nelle casse statali entreranno dai giochi pubblici circa 450 milioni in meno.