Artroplastica totale del ginocchio: rischio complicanze post-intervento maggiore nei pazienti con artrite post-traumatica rispetto a quelli con osteoartrosi
I risultati di uno studio che ha messo a confronto gli outcome delle procedure di artroplastica totale del ginocchio (TKA) in pazienti con osteoartrosi (OA) rispetto a quelli con artrite post-traumatica hanno mostrato che l’incidenza di infezioni delle ferite superficiali e di quelle profonde articolari, come l’incidenza di trombosi venosi profonda acuta è superiore nei pazienti artritici.
Al contempo, però, lo studio non ha rilevato differenze statisticamente significative tra i due gruppi di pazienti in termini di embolia polmonale. I risultati di questo lavoro, pubblicato su the Journal of Arthroplasty, potrebbero essere utili ai chirurghi per migliorare il counselling preoperatorio dei pazienti affetti dalle condizioni sopra citate.
Razionale e disegno dello studio
L’OA rappresenta, notoriamente, l’indicazione primaria all’esecuzione di interventi di artroplastica totale del ginocchio, ricordano i ricercatori nell’introduzione al lavoro. L’artrite post-traumatica (PTA), l’artrite reumatoide, la necrosi avascolare e le artropatie infiammatorie rappresentano altre indicazioni importanti di ricorso a questa procedura chirurgica.
“Alcuni studi – spiegano i ricercatori – hanno suggerito un innalzamento del tasso di complicanze in pazienti con PTA sottoposti a TKA. I pazienti traumatici presentano spesso danni severi che influenzano non solo la loro salute nel breve termine, ma che si connotano anche per il rischio di problemi di salute nel lungo termine”.
Fino ad oggi esisteva una letteratura limitata sul confronto diretto tra le complicanze e le comorbilità di pazienti con OA vs. PTA, probabilmente in ragione della minor frequenza di questi ultimi rispetto ai primi: “Ciò spiegherebbe – sottolineano gli autori – il perchè la maggior parte degli studi precedentemente pubblicati abbia coinvolto campioni piuttosto piccoli di pazienti”.
L’assenza negli Usa di registri sugli interventi di artroplastica, presenti invece in molti paesi europei, ha sollecitato la messa a punto di questo studio che, attingendo ai dati di un database assicurativo sanitario (NIS: the National Inpatient Sample), si è proposto di valutare l’epidemiologia e gli outcome legati all’artroplastica articolare.
Nello specifico, i ricercatori hanno voluto verificare se ci fossero differenze tra i tassi di complicanze post-intervento tra pazienti con PTA e OA e di valutare la prevalenza di comorbilità tra queste due popolazioni di pazienti.
A tal scopo, sono stati identificati dal database 1.301,394 pazienti con PTA o OA, sottoposti a TKA tra il 2006 e il 2015. Nel complesso, 14.206 pazienti erano affetti da PTA e 1.287,188 da OA.
Risultati principali
Dall’analisi dei dati è emerso che le infezioni a livello delle ferite superficiali si sono presentate nello 0,3% dei pazienti con PTA vs. 0,14 dei pazienti con OA. Le infezioni profonde articolari, invece, si sono manifestate nello 0,21% dei pazienti del primo gruppo vs. 0,13 dei pazienti del secondo.
Inoltre, lo 0,53% dei pazienti con PTA e lo 0,38% dei pazienti con OA è andato incontro a trombosi venosa profonda acuta, mentre lo 0,1% dei pazienti del primo gruppo e lo 0,15% dei pazienti del secondo gruppo è andato incontro ad embolia polmonare.
I ricercatori hanno anche osservato che i pazienti con PTA mostravano valori di prevalenza maggiori con riferimento all’abuso di sostanze e di alcol, a psicosi e a malattia epatica. Nei pazienti con OA, invece, la prevalenza di obesità, diabete, cardipatia e malattia polmonare era maggiore.
Implicazioni dello studio
Nel commentare i risultati, i ricercatori hanno ipotizzato l’esistenza di fattori specifici complessi e multifattoriali in grado di spiegare le differenze osservate tra i due gruppi.
“I pazienti con PTA del ginocchio, in origine tibiale o femorale – spiegano – presentano spesso un’anatomia ossea distorta a seguito dei processi di guarigione delle fratture”.
I ricercatori hanno individuato tra le variabili che potrebbero spiegare le differenze di outcome osservate tra i due gruppi la lunghezza temporale dell’intervento, l’abuso di sostanze psicotrope, la mancata effettuazione di visite di follow-up, le malattie mentali e l’osservazione di eventi traumatici ripetuti.