Secondo una ricerca scientifica, la possibile messa al bando delle apparecchiature abbronzanti porterebbe a una drastica riduzione dell’incidenza dei tumori cutanei
Secondo un articolo pubblicato sulla rivista JAMA Dermatology, se in Nord America e in Europa venissero vietate le apparecchiature abbronzanti, nella prossima generazione di giovani sotto i 35 anni si eviterebbero circa 448.000 casi di melanoma e 9,7 milioni di casi di altri tipi di tumore cutaneo (carcinomi squamocellulari e basocellulari). La riduzione nell’incidenza dei tumori cutanei consentirebbe di risparmiare quasi 6 miliardi di dollari di spese sanitarie e genererebbe un incremento della produttività pari a oltre 41 miliardi di dollari. Proibendo ovunque l’uso delle apparecchiature abbronzanti ai soli minorenni, si otterrebbero comunque risultati positivi, anche se, quantitativamente parlando, i benefici si ridurrebbero di due terzi circa.
L’abbronzatura artificiale, o indoor, ottenuta grazie all’uso di lettini e docce solari e lampade facciali, è diventata molto popolare a partire dagli anni Ottanta, in particolare tra le donne e i giovani. Si ricorre alle apparecchiature abbronzanti perché i canoni estetici associano il pallore a un fisico “malaticcio” e perché si crede, erroneamente, che l’abbronzatura artificiale prepari la pelle all’esposizione al sole, proteggendo dalle scottature.
Anche se l’abbronzatura artificiale stimola la produzione di vitamina D (un effetto potenzialmente benefico), le radiazioni ultraviolette (UV) che vengono emesse dalle apparecchiature abbronzanti sono identiche a quelle presenti nei raggi solari e causano danni specifici nel DNA delle cellule, aumentando il rischio di sviluppare tumori cutanei e favorendo l’invecchiamento precoce della pelle.
La parola agli esperti
La letteratura scientifica sui rischi e benefici dell’abbronzatura artificiale è talvolta contrastante. Una revisione sistematica appena pubblicata sulla rivista British Medical Journal spiega almeno in parte perché. Analizzando quasi 700 pubblicazioni in lingua inglese in cui si parlava di abbronzatura artificiale e salute, gli autori hanno constatato che nel 10 per cento dei casi gli studi erano stati sostenuti dall’industria dell’abbronzatura indoor, e che le relative pubblicazioni avevano una probabilità 14 volte maggiore rispetto alla media di affermare che l’abbronzatura artificiale non è pericolosa o è benefica.
Molti scienziati si sono espressi invece in modo netto sulla pericolosità dell’esposizione alle radiazioni UV per uso cosmetico. Nel 2009 un gruppo di lavoro dell’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (IARC), formato da 20 scienziati di nove nazioni, si è incontrato per esaminare il potere cancerogeno delle radiazioni UV. Sulla base delle prove scientifiche raccolte, tra cui una metanalisi (un’analisi statistica che combina i dati di più studi sullo stesso argomento), che ha dimostrato che il rischio di melanoma cutaneo aumenta del 75 per cento quando si iniziano a usare lampade abbronzanti prima dei 30 anni, gli esperti della IARC hanno stabilito che l’uso di apparecchi abbronzanti che emettono radiazioni UV è “sicuramente cancerogeno per gli esseri umani”.
Nel 2016 il Comitato scientifico sui rischi sanitari, ambientali ed emergenti (SCHEER), una commissione tecnico-scientifica dell’Unione Europea, ha pubblicato un testo in cui vengono elencati gli effetti biologici delle radiazioni ultraviolette, con particolare attenzione a quelle emesse dalle apparecchiature dei solarium. Il comitato ha concluso che ci sono sufficienti prove a sostegno del fatto che l’esposizione alle radiazioni UV, incluse quelle diffuse dalle apparecchiature abbronzanti, causa il melanoma cutaneo e il carcinoma squamocellulare, e che il rischio di cancro è più alto per chi vi si espone in giovane età. Esistono anche prove che suggeriscono un collegamento tra esposizione alle radiazioni UV e rischio di carcinoma basocellulare e melanoma oculare. Eventuali effetti benefici delle radiazioni UV, come la produzione di vitamina D, sono di gran lunga inferiori rispetto agli effetti dannosi. Peraltro esistono altri modi per sopperire a un’eventuale carenza di vitamina D.
Non esistendo un valore soglia di radiazioni UV sotto il quale il rischio di provocare il cancro è nullo, non esiste nemmeno un livello di esposizione alle apparecchiature che emettono radiazioni UV che possa essere considerato sicuro.
Prese di posizione
Le normative che regolamentano il settore dell’abbronzatura artificiale variano da Paese a Paese. L’attenzione è generalmente focalizzata sull’utilizzo delle apparecchiature abbronzanti da parte dei minorenni. Negli Stati Uniti, 19 Stati lo vietano assolutamente, mentre altri Stati hanno solo posto dei limiti. In Italia un decreto ministeriale del 2011 proibisce l’utilizzo delle apparecchiature abbronzanti ai minori. A giudicare dalla ricerca i cui risultati sono stati pubblicati su JAMA Dermatology, gli effetti sulla salute e le conseguenze economiche sarebbero assai più consistenti se si decidesse di mettere al bando del tutto queste apparecchiature, tanto più che le limitazioni legate all’età sono spesso disattese: in uno studio condotto qualche anno fa dall’Istituto oncologico romagnolo nell’ambito del progetto “Save the skin”, il 7 per cento degli adolescenti intervistati affermava di frequentare abitualmente i solarium nonostante il divieto.