Il trattamento composto da dolutegravir più emtricitabina e tenofovir alafenamide è la terapia per l’HIV più sicura ed efficace per donne in gravidanza
Il regime di trattamento composto da dolutegravir più emtricitabina e tenofovir alafenamide (DTG + FTC/TAF) ha dimostrato di essere la terapia per l’HIV più sicura ed efficace per le donne in gravidanza, secondo quanto emerso alla Conference on Retroviruses and Opportunistic Infections (CROI) 2020 che si è appena conclusa a Boston, in Massachusetts. Questi dati sottolineano la sicurezza del dolutegravir in gravidanza che era stata messa in dubbio da uno studio di un paio di anni fa.
Ogni anno in tutto il mondo sono circa 1,5 milioni le donne con HIV che partoriscono. Dal 2013, per trattare l’infezione in donne in gravidanza in contesti con risorse limitate, l’OMS ha raccomandato l’impiego di un regime di trattamento composto da tre farmaci antiretrovirali, ossia efavirenz (EFV), lamivudina o emtricitabina (FTC) e tenofovir disoproxil fumarato (TDF).
Nel 2018, i ricercatori che hanno condotto lo Tsepamo Study in Botswana, finanziato dal National Institutes of Health (NIH), hanno riportato un rischio dello 0,9% dei difetti del tubo neurale nei nati da donne che stavano assumendo dolutegravir (DTG) al momento del concepimento.
Un’analisi più recente ha ridimensionato tale rischio allo 0,3%, che nella popolazione generale del Botswana risulta pari allo 0,1%. Altri due studi complementari sempre su bambini nati da donne che stavano assumendo DTG al momento del concepimento hanno indicato un rischio inferiore di difetti del tubo neurale rispetto a quanto originariamente riportato dallo studio Tsepamo.
Sulla base di queste evidenze, a luglio 2019 l’OMS ha aggiornato le raccomandazioni per includere i regimi contenenti dolutegravir come opzione ART preferita per tutte le popolazioni, comprese le donne in gravidanza e le persone in età fertile.
«Quando lo studio IMPAACT 2010 è stato avviato nel 2018, i regimi di trattamento contenenti EFV e TDF erano ampiamente utilizzati in tutto il mondo, anche nelle pazienti in gravidanza» ha dichiarato il primo autore dell’abstract presentato al congresso Lameck Chinula della University of North Carolina School of Medicine. «Da allora dolutegravir e, in misura minore TAF, sono diventati i componenti chiave della terapia antiretrovirale di prima linea raccomandati in molti programmi a livello globale, per via dei loro favorevoli profili di efficacia e tollerabilità, ma ancora non esaminati nelle donne in gravidanza».
I risultati dello studio dimostrano infatti che, quando la ART contenente dolutegravir è stata avviata tra le 14 e le 28 settimane di gestazione, la terapia ha fornito un’efficacia virologica superiore rispetto alla combinazione efavirenz/emtricitabin/tenofovir disoproxil fumarato (EFV + FTC/TDF).
«Quando una donna che vive con l’HIV è incinta, può stare tranquilla perché la stessa terapia antiretrovirale che assume ogni giorno per proteggere la propria salute, aiuta anche a proteggere il suo futuro bambino dal contrarre l’HIV», ha commentato il direttore del NIAID Anthony Fauci. «I risultati dello studio VESTED suggeriscono che un regime farmacologico contenente dolutegravir rappresenta il trattamento per l’HIV a oggi disponibile più sicuro ed efficace durante questo periodo critico per le donne e i loro bambini».
Efficacia e sicurezza a confronto di 3 regimi ART
Lo studio multinazionale denominato IMPAACT (International Maternal Pediatric Adolescent AIDS Clinical Trials) 2010, o VESTED (Virologic Efficacy and Safety of Antiretroviral Therapy Combinations with TAF/TDF, EFV and DTG), è stato sponsorizzato dal National Institute of Allergy and Infectious Diseases (NIAID) e disegnato proprio per confrontare la sicurezza e l’efficacia virologica di due combinazioni contenenti dolutegravir rispetto alo standard of care nelle donne incinte e in allattamento (EFV + FTC/TDF).
A partire da gennaio 2018, 643 donne in gravidanza con HIV con età mediana di 27 anni e provenienti da nove Stati in quattro continenti (Botswana, Brasile, India, Sud Africa, Tanzania, Tailandia, Uganda, Usa e Zimbabwe) sono state assegnate casualmente in rapporto 1:1:1 a iniziare la terapia antiretrovirale combinata DTG + FTC/TAF, DTG + FTC/TFD o EFV/FTC/TDF, in aperto, all’età gestazionale di 14-28 settimane. Il trattamento con ART per un massimo di 14 giorni prima dell’ingresso nello studio era consentito.
Le caratteristiche mediane basali delle pazienti includevano l’età gestazionale (21,9 settimane), l’HIV RNA (903 copie/ml) e la conta dei CD4 circolanti (466 cellule/μl). La maggior parte delle donne (83%) sono state trattate con la ART prima dell’ingresso nello studio (durata mediana di 6 giorni). Il follow-up mediano prima del parto è stato di 17,4 settimane. L’HIV RNA al parto, che era disponibile per il 94,1% delle donne, era <200 copie/ml per il 97,5% di esse nei bracci DTG rispetto al 91% nel bracco EFV.
Dopo il parto, i neonati hanno ricevuto le cure standard locali per la prevenzione dell’HIV dopo la nascita, e la salute di madri e bambini è stata monitorata fino a 50 settimane dopo il parto.
I ricercatori hanno confrontato i bracci DTG combinati con il braccio EFV per la non inferiorità, con un margine del -10%, e per la superiorità riguardo all’HIV RNA (<200 copie/ml) al parto. Gli esiti di sicurezza, che sono stati confrontati su tutti i bracci, includevano gli esiti avversi compositi sulla gravidanza (parto prematuro prima di 37 settimane, peso ridotto del bambino in rapporto all’età gestazionale, parto di un feto morto o aborto spontaneo), eventi avversi materni superiori al grado 3 fino a 14 giorni dopo il parto, eventi avversi infantili superiori al grado 3 in 28 giorni e morte neonatale prima dei 28 giorni.
Efficacia virologica superiore con i regimi contenenti dolutegravir
Entrambi i regimi sono risultati molto efficaci, ma le ART contenenti dolutegravir hanno dato esiti migliori nel sopprimere l’HIV rispetto al regime con EFV, infatti al momento del parto erano viralmente soppresse il 98% delle donne sottoposte a uno dei regimi con DTG, rispetto al 91% di quelle trattate con EFV/FTC/TDF (p=0,005), uno dei risultati migliori mai riscontrati in un trial su donne in gravidanza, come riferito da Chinula.
Gli esiti della gravidanza erano disponibili per la quasi totalità delle pazienti (99,5%). Un numero significativamente inferiore di donne (24,1%) che hanno ricevuto DTG + FTC/TAF ha avuto un evento avverso in gravidanza, rispetto al 32,9% di quelle trattate con DTG + FTC/TDF e al 32,7% con EFV/FTC/TDF.
Sebbene il parto di un feto morto fosse più comune con DTG + FTC/TAF (3,7%) e DTG + FTC/TDF (5,2%) rispetto a EFV/FTC/TDF (1,9%), la morte neonatale era più comune con quest’ultimo regime (4,8 %) rispetto a DTG + FTC/TAF (1%, p=0,019) o DTG + FTC/TDF (1,5%). Nell’analisi post-hoc i tassi di mortalità combinata dei nati morti o dei decessi neonatali erano simili nei tre bracci.
Almeno un evento avverso superiore al grado 3 è stato registrato nel 23% delle donne e nel 17% dei neonati. Durante lo studio, due neonati, uno per ciascun braccio DTG, hanno ricevuto una diagnosi di HIV entro 14 giorni dalla nascita: uno nato da una madre con scarsa soppressione virale durante la gravidanza e l’altro da una madre con una elevata soppressione virale.
Insieme, questi risultati mostrano che mentre tutti e tre i regimi sono sicuri ed efficaci in gravidanza, l’HIV viene controllato meglio con le terapie contenenti DTG e che la combinazione DTG + FTC/TAF può portare a meno esiti avversi della gravidanza, confermando le raccomandazioni dell’OMS per le donne in attesa.
«La scelta del regime terapeutico dell’HIV da parte di una donna dovrebbe basarsi sulle migliori evidenze disponibili», ha affermato Nahida Chakhtoura del National Institute of Child Health and Human Development (NICHD). «Questi risultati dello studio VESTED rappresentano le evidenze più aggiornate sui regimi di trattamento dell’HIV durante la gravidanza e il parto».
«Nel complesso, i risultati dello studio confermano le attuali raccomandazioni internazionali sull’uso di dolutegravir nelle diverse popolazioni di pazienti, comprese le donne in gravidanza», ha concluso Chinula. «I risultati suggeriscono anche che il TAF potrebbe essere preferibile al TDF durante la gestazione».