CAR-T, dal veleno dello scorpione una speranza per il glioblastoma: in avvio uno studio clinico negli Stati Uniti
Certe volte anche le cose negative possono tornare utili, o come si suol dire “non tutto il mal vien per nuocere”. Cosi è per il caso del veleno dello scorpione: utilizzato da un gruppo di scienziati, dell’Istituto per i Tumori “City of Hope” in California, per sviluppare una nuova versione di terapia CAR-T per il glioblastoma. La clorotossina (CLTX) estratta dal veleno dello scorpione, infatti, già in precedenza aveva dimostrato la capacità di riconoscere e legarsi alle cellule di questo grave tumore cerebrale. Motivo per cui il team di ricerca ha deciso di utilizzarla per progettare un nuovo recettore dell’antigene chimerico (CAR) in grado di superare le limitazioni delle attuali terapie CAR-T per il glioblastoma, che finora sono risultate non efficaci. Lo studio preclinico è stato pubblicato il 4 marzo su Science Translational Medicine e sulla base di questi risultati è in partenza un trial clinico di Fase I.
Un “radar” per il glioblastoma
Le terapie CAR-T, basate sull’ingegnerizzazione delle cellule T dei pazienti per potenziarle e permettere loro di combattere ed eliminare le cellule tumorali, hanno rivoluzionato il trattamento di alcuni tumori del sangue, ma l’approccio ha finora mostrato un potenziale limitato nei tumori solidi. Incluso il glioblastoma, il tipo più comune di tumore al cervello e tra i tumori umani più mortali, secondo l’American Cancer Society. Le terapie CAR-T finora approvate dalle agenzie regolatorie degli Stati Uniti (FDA) ed Europa (EMA) si basano su un recettore chimerico (CAR) in grado di riconoscere un particolare bersaglio (antigene) presente sulle cellule tumorali (il CD19 nel caso delle CAR-T approvate per i tumori del sangue). Il CAR funziona come una sorta di radar che riconosce le cellule tumorali e permette poi ai linfociti T di eliminarle. Benché in diversi laboratori del mondo i ricercatori stanno cercando di mettere a punto diverse strategie CAR-T per aggredire il glioblastoma (leggere qui e qui), questa è una neoplasia particolarmente difficile da trattare perché disseminata in tutto il cervello e perché presenta un alto grado di eterogeneità, che rende difficile utilizzare un solo tipo di “recettore-radar”. Per rendere la terapia CAR-T efficace, servirebbero recettori CAR espressi sulla superficie delle cellule T in grado di agganciarsi a tumori con diverse variazioni genetiche.
Una nuova CAR-T
Per provare a risolvere il problema, i ricercatori del City of Hope hanno sviluppato un recettore CLTX-CAR, che utilizza una sequenza peptidica di 36 aminoacidi isolata dal veleno dello scorpione giallo Death Stalker. In seguito, è stato testato in laboratorio, su campioni di cellule tumorali di una coorte di pazienti con glioblastoma, per confrontarne il legame alle cellule tumorali
rispetto agli altri antigeni noti già studiati come target CAR-T per il glioblastoma. Tra questi IL13Rα2, HER2 ed EGFR. Il recettore α2 dell’interleuchina 13 (IL13Rα2), per esempio, è sovraespresso nel glioblastoma, ma nei pazienti trattati con le CAR-T spesso si verificavano recidive. Ne è emerso che mentre l’espressione degli altri antigeni variava ampiamente tra i campioni di glioblastoma rendendo difficile l’attacco da parte delle CAR-T, il CLTX si legava a una proporzione maggiore di cellule tumorali. Incluse le cellule staminali di glioblastoma che si pensa siano causa di recidiva., Secondo quanto riportano i ricercatori, il CLTX-CAR è in grado di guidare le cellule T, su cui è posizionato, verso le cellule tumorali bersaglio del cervello. Sebbene il target esatto del CLTX sulle cellule del glioblastoma rimanga poco chiaro, la sua capacità di legarvisi si è dimostrata utile nel controllo del tumore. “Questa è una strategia di targeting completamente nuova, con il recettore CAR che incorpora una struttura di riconoscimento diversa da quella usate finora dalle altre terapie CAR-T” ha affermato Christine Brown, professoressa di immunoterapia presso il City of Hope e autrice dello studio. “La nostra strategia espande le popolazioni di tumori solidi che potrebbero essere un potenziale bersaglio di questa terapia avanzata. Terapia particolarmente necessaria per i pazienti con tumori difficili da trattare come il glioblastoma”.
Studio clinico in partenza
Nei test preclinici condotti su xenotrapianti di glioblastoma in modelli animali, le cellule CLTX-CAR-T sono state in grado di riconoscere e uccidere vaste popolazioni di cellule tumorali, ignorando le cellule sane cerebrali. In conclusione, come riportano gli autori del lavoro, il trattamento ha controllato la crescita tumorale e ha prolungato la sopravvivenza degli animali. Inoltre, non ha causato reazioni avverse o danni d’organo. Dati incoraggianti che hanno portato, grazie alla recente approvazione da parte del FDA, il City of Hope ad avviare, in collaborazione con il National Cancer Institute, uno studio clinico di Fase I per testare la sicurezza delle nuove cellule CLTX-CAR-T in 36 pazienti con glioblastoma progressivo o recidivante. Si tratta del primo studio sull’uomo che utilizza le cellule CLTX-CAR-T e oltre alla sicurezza valuterà il tasso di risposta positiva alla terapia.
Sfruttare la natura
“Proprio come lo scorpione usa le sostanze tossiche del suo veleno per colpire e uccidere la sua preda, noi stiamo usando la clorotossina per dirigere le cellule T verso le cellule tumorali”, ha commentato Michael Barish, coautore dello studio che aveva precedentemente usato il peptide come agente di imaging per guidare la chirurgia di resezione del glioblastoma e per trasportare radioisotopi e altre terapie. “Con il vantaggio che le cellule CLTX-CAR-T sono mobili e alla continua ricerca di obiettivi – continua – L’idea era di sviluppare un recettore CAR che potesse indirizzare le cellule T a una più ampia varietà di cellule tumorali del glioblastoma rispetto alle altre CAR-T basate su anticorpi”. In realtà, a differenza dello scorpione, i ricercatori statunitensi non usano la clorotossina per uccidere le cellule tumorali del glioblastoma, bensì per portare le cellule T sul tumore. Sono poi queste stesse cellule che lo eliminano.