Glioblastoma: la terapia mirata raddoppia la sopravvivenza secondo una ricerca italiana pubblicata sulla prestigiosa rivista scientifica Lancet Oncology
Per circa 1000 pazienti colpiti ogni anno in Italia da glioblastoma recidivato cambiano radicalmente le possibilità di cura. L’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) ha inserito una terapia mirata, regorafenib, nell’elenco dei farmaci erogabili con procedura anticipata, cioè a carico del Servizio Sanitario Nazionale nei casi in cui non vi sia un’alternativa terapeutica valida (legge 648/1996).
La decisione dell’ente regolatorio deriva dai risultati di uno studio tutto italiano di fase II (REGOMA), pubblicato sulla prestigiosa rivista scientifica Lancet Oncology. Una svolta in una neoplasia molto difficile da trattare, evidenziata nelle settimane scorse al XXI Congresso Nazionale AIOM (Associazione Italiana di Oncologia Medica).
“Negli ultimi quindici anni a livello europeo non si sono registrati nuovi farmaci efficaci per il trattamento del glioblastoma recidivato, con risultati negativi di tutti gli studi effettuati – spiega Stefania Gori, Presidente Nazionale AIOM e Direttore dipartimento oncologico, IRCCS Ospedale Sacro Cuore Don Calabria-Negrar -, e la sopravvivenza mediana dei pazienti affetti da glioblastoma rimane inferiore a 2 anni, con percentuali di recidiva prossimi al 100% e opzioni terapeutiche molto limitate e scarsamente efficaci. Lo studio clinico REGOMA ha dimostrato la superiorità di regorafenib nei confronti dello standard preesistente, rappresentato dalla chemioterapia con lomustina rendendo finalmente disponibile un nuovo farmaco innovativo nel trattamento del glioblastoma cerebrale recidivato”.
Il trial ha coinvolto 119 pazienti, in 10 tra i principali centri italiani di neuro-oncologia, ed è stato coordinato dall’Istituto Oncologico Veneto-IRCCS. L’articolo pubblicato su Lancet Oncology vede la firma di Giuseppe Lombardi (Oncologia Medica 1, IOV-IRCCS Padova) come primo autore e quella di Vittorina Zagonel (Direttore Oncologia 1, IOV-IRCCS) come ultimo autore.
“Negli ultimi tre decenni, si è registrato un progressivo aumento di incidenza dei tumori cerebrali, soprattutto negli over 65, fascia d’età in cui i casi sono maggiormente aumentati – afferma Giuseppe Lombardi -. Le cause possono essere legate alle radiazioni ionizzanti e alle mutazioni ambientali dovute anche all’inquinamento atmosferico. Inoltre, si sta ricercando una possibile correlazione con la prolungata esposizione ai campi elettromagnetici. La sopravvivenza globale, obiettivo primario dello studio REGOMA, è significativamente aumentata con regorafenib rispetto alla lomustina, con una sopravvivenza mediana di 7,4 mesi. La sopravvivenza a 12 mesi dall’inizio del trattamento è stata più del doppio con regorafenib (38,9%) rispetto al braccio di controllo (15%). Notevole anche il livello di tollerabilità della molecola. Solo il 17% dei pazienti trattati con regorafenib ha richiesto una riduzione di dose per eventi avversi e solo il 7% ha interrotto definitivamente il trattamento a causa di eventi avversi seri”.
“Abbiamo inoltre presentato al congresso europeo di Oncologia Medica (ESMO) i dati sulla qualità di vita dimostrando come regorafenib abbia un impatto positivo – conclude Vittorina Zagonel -. Questa sperimentazione mette in luce anche l’eccellenza della ricerca italiana in ambito neuro-oncologico. I dati dello studio REGOMA, in un contesto clinico gravato da una prognosi altamente sfavorevole, rappresentano un’importante risposta a un bisogno clinico insoddisfatto”.
In Italia sono stimati 6.300 nuovi casi di tumori maligni del sistema nervoso centrale, di cui il 90% rappresentato da gliomi. Il glioblastoma costituisce il 54% di tutti i gliomi: può insorgere a tutte le età, ma il 70% è diagnosticato tra i 45 e i 70 anni. Dal 2005, lo standard di trattamento è rappresentato dalla resezione chirurgica più ampia e sicura possibile, seguita da chemioterapia e radioterapia concomitante e successiva chemioterapia di mantenimento. Regorafenib è riservato ai pazienti con recidiva in buone condizioni cliniche, che rappresentano circa il 30% di tutti i pazienti che hanno ricevuto una terapia di prima linea: in Italia, circa 1000 pazienti all’anno.