Recidive di lupus: prevenzione aiuta anche la sanità


Recidive di lupus: strategie di prevenzione aiutano non solo i pazienti ma anche la sanità pubblica, con meno ricoveri e notevoli risparmi

Recidive di lupus: prevenzione aiuta anche la sanità

Più le recidive di lupus riferite dai pazienti sono frequenti e peggiori risultano gli outcome in termini di ricovero ospedaliero (e, nello specifico, in Medicina d’Urgenza), perdita di produttività lavorativa e disabilità. Questo il responso di uno studio pubblicato su the Journal of Managed Care and Specialty Pharmacy che suggerisce come l’associazione sopra citata possa fungere da indicatore chiave di severità di malattia e oneri in termini di spese sanitarie.

Lo studio

Le recidive di lupus contribuiscono notoriamente in maniera significativa al consumo di risorse sanitarie e alle ospedalizzazioni. Eppure, ricordano i ricercatori nell’introduzione allo studio, l’identificazione dell’attività di malattia in presenza di recidiva potrebbe risultare sottostimato in ragione dell’infrequente utilizzo di scale validate di valutazione nella pratica clinica; inoltre, la severità delle recidive potrebbe non essere intercettata dalle soglie stabilite clinicamente. Per questi motivi, gli outcome riferiti dai pazienti relativi alla frequenza delle recidive di lupus rappresentano degli strumenti imprenscindibili di valutazione per la gestione della malattia lupica.

L’obiettivo dello studio è stato, pertanto, quello di comprendere meglio la relazione esistente tra le recidive di lupus riferite dai pazienti con i costi diretti e indiretti associati alla malattia, tra i quali quelli relativi all’ospedalizzazione, al ricorso non programmato ai servizi di Medicina d’Urgenza, alla perdita di produttività lavorativa e alla ridotta capacità di svolgimento della normali attività quotidiane non lavorative.

Nello specifico, è stata condotta una survey che ha coinvolto 1.012 pazienti della Lupus Foundation of America e 595 pazienti provenienti da un altro studio. Di questi, 939 pazienti del primo gruppo (92,8%) e 564 pazienti del secondo (94,8%) hanno completato la survey in questione, per un totale di 1.503 pazienti. Per l’85,7% di questi (1.288 pazienti) aventi un’età media di 45,2 anni e rappresentati prevalentemente da donne (90,2%), era nota la frequenza degli episodi di recidiva occorsi nei 12 mesi precedenti, come pure erano noti i dati relativi alle ospedalizzazioni o alle visite in Medicina d’Urgenza. Su questi 1.288 pazienti è stata condotta un’ulteriore scrematura che ha portato a selezionare 636 pazienti (49,4% del totale) sui quali è stato possibile effettuare valutazione sulla perdita di produttività lavorativa.

I risultati

Dai dati della survey è emerso che le donne avevano maggiori probabilità di essere classificate nei gruppi a maggior frequenza di recidive. L’età media all’interno dei gruppi con diversa frequenza di recidive era soggetto a forti escursioni ma non è stato possibile fare correlazioni in base all’età crescente o decrescente.

E’ stato documentato un trend verso entrate economiche più ridotte e tassi di impiego più bassi all’aumentare della frequenza delle recidive, come pure tra queste ultime e l’abitudine al fumo o i valori di BMI. E’ stato anche notato che un’attività severa di recidiva si associava anche ad un incremento della frequenza delle ricadute di malattia.

L’aumento della frequenza degli episodi di recidiva è risultato significativamente associato con il numero medio di ricoveri ospedalieri legati a lupus.

Una prima analisi di regressione univariata ha identificato nel sesso di appartenenza e nell’etnia, come pure nell’età, nel tenore di vita e nel BMI i fattori più comunemente associati negli individui che avevano riferito da 1 a 3, da 4 a 6 e da 7 a più di 7 episodi di recidiva di malattia nei 12 mesi precedenti (aRR: 1,72 volte; 1,97 volte; 3,14 volte, rispettivamente).

Anche il numero medio di visite in Medicina d’Urgenza è risultato significativamente associato con l’aumento della frequenza degli episodi di recidiva di malattia.

Utilizzando un modello di regressione, i ricercatori hanno esaminato la relazione esistente tra la frequenza delle recidive e le visite non programmate in Medicina d’Urgenza. Dai risultati è emerso che i soggetti che riferivano episodi di recidiva avevano una probabilità di andare in Medicina d’Urgenza dalle 7 alle 16 volte superiore (aRR per 1-3, 4-6, and ≥7 recidive: 6,98, 7,35, e 16,12, rispettivamente).

I ricercatori hanno documentato un incremento della frequenza di recidive associato ad una maggiore inabilità allo svolgimento della normali attività quotidiane. Analizzando il campione di pazienti lavoratori (n=636), è emerso che l’assenza dal posto di lavoro si associava ad un incremento della frequenza di recidive di lupus.

Infine, i risultati dell’analisi di regressione multivariata che ha tenuto conto del sesso di appartenenza e dell’età hanno mostrato che i pazienti che riferivano 0, da 1 a 3, da 4 a 6 e da 7 a più di 7 episodi di recidiva di malattia sperimentavano una riduzione percentuale della produttività lavorativa pari, rispettivamente, al 28,7%, 41,4%, 54,8% e 61,9%.

In sintesi

Nel commentare i risultati, i ricercatori hanno indicato, tra i limiti metodologici intrinseci del loro lavoro, l’impiego di diagnosi autoriferite, la presenza di bias da richiamo dei pazienti in termini di report del numero di recidive e le unità di misura utilizzate per stimare la perdita di produttività.

Ciò detto, “una risposta tempestiva in termini di accesso alle opzioni di trattamento e all’implementazione di strategie preventive potrebbe aiutare a ridurre il dispendio di risorse economiche destinate alla salute e la perdità di produttività al lavoro – concludono gli autori dello studio”.