In Germania i consumatori dicono sì a tasse mirate come la sugar tax o quella sul junk food secondo una ricerca dell’Università di Gottinga
Tasse mirate su alcuni cibi, i tedeschi dicono sì. Ricercatori dell’Università di Gottinga, in Germania, hanno sottoposto al giudizio di oltre mille tedeschi alcune proposte di leggi come la sugar tax o la tassa sul junk food, per il divieto della pubblicità del cibo spazzatura destinata ai bambini e per l’imposizione sui cibi delle etichette a semaforo.
Come riportato dalla rivista specializzata “Nutrients”, il campione è stato selezionato in modo da rappresentare una fascia molto ampia di popolazione in termini di età, zona di residenza, genere e livello di istruzione.
Il risultato, riferisce Garantitaly, è che più del 60% degli intervistati approva forme di intervento attivo dello Stato per migliorare la consapevolezza dei consumatori e aiutarli a scegliere alimenti più sani. Le risposte del campione si sono rivelate molto selettive: per la sugar tax il consenso è attorno al 53%, così come per l’introduzione di limiti alla concentrazione di sale, zucchero o grassi, e per i vincoli alla pubblicità rivolta ai bambini.
Per la tassazione di qualunque alimento con troppo zucchero, sale o grassi il consenso scende al 34%, mentre per un’ipotetica tassa sulla carne, i cui proventi sarebbero da devolvere al benessere animale, si arriva al 42%. La notizia vera è che l’etichetta a semaforo riceve il 78% di approvazione. Un quarto degli intervistati si è detto non interessato, ma solo l’11% si è dichiarato decisamente contrario a qualunque tipo di iniziativa.
Secondo l’analisi di dettagli fatta dai ricercatori, i motivi dei pareri espressi favorevolmente a tasse mirate sono diversi e non sempre dipendono dal tipo di abitudini alimentari. Per esempio, anche chi mangia abitualmente dolci approva la sugar tax, mentre il 12% di chi segue un’alimentazione sana è contrario a qualunque tipo di restrizione o tassa.
“Finora i politici – commentano i ricercatori – hanno respinto le richieste di questo genere provenienti dalle organizzazioni mediche e dalle compagnie assicurative, citando come motivazione la poca disponibilità dell’opinione pubblica. Si tratta però di una generalizzazione che non corrisponde alla realtà”.