La vera storia della missione Apollo 13, il più famoso “fallimento di successo” della NASA: ecco cosa accadde 50 anni fa nello spazio
“Houston, abbiamo avuto un problema!”. Questo il messaggio dell’astronauta Jack Swigert del 13 aprile 1970, esattamente 50 anni fa, quando si trovava con i colleghi Fred Haise e James Lovell a 321.860 chilometri dalla Terra. La missione Apollo 13 finì così per diventare il più famoso ‘fallimento di successo’ della NASA.
La storia è stata raccontata nel libro Lost Moon, scritto proprio dall’astronauta James Lovell, su cui si basa il film del 1995 “Apollo 13”, diretto da Ron Howard con protagonista Tom Hanks.
Il programma Apollo
Alla fine degli anni ’60, dopo la conquista della Luna, l’umanità era rivolta ad ampliare i programmi spaziali. In particolare, la NASA pianificò una serie di missioni lunari, successive al famoso allunaggio dell’Apollo 11.
Il programma Apollo, quindi non si concluse col primo passo sulla Luna quel 20 luglio 1969. Come stabilito, pochi mesi dopo, la NASA poté godersi un nuovo successo con Apollo 12.
Non è strano quindi pensare che, quando l’11 aprile 1970 fu lanciato l’Apollo 13, le missioni lunari con equipaggio sembravano ormai una realtà a portata di mano. La corsa allo spazio era stata vinta dagli USA. O così sembrava. Ma come Icaro insegna, avvicinarsi troppo al Sole è sempre un rischio.
La lezione impartita dall’incidente dell’Apollo 13 è ancora oggi un monito per ogni programma spaziale.
Ma cosa accadde durante la missione Apollo 13?
La navicella spaziale Apollo era composta da due veicoli indipendenti uniti da un tunnel: l’orbiter Odyssey e il lander Acquarius. L’equipaggio ha vissuto nell’Odyssey durante il viaggio verso la Luna.
La sera del 13 aprile, a 321.860 chilometri dalla Terra e in prossimità della Luna, il controllore di missione da terra Sy Liebergot vide un segnale di avviso della pressione su un serbatoio di idrogeno dell’Odyssey.
Venne richiesto all’equipaggio di eseguire la procedura di routine di rimescolamento.
Ma, improvvisamente, il serbatoio dell’ossigeno numero 2 del modulo di servizio esplose, a causa di alcuni cavi elettrici che, all’apertura dell’alimentazione, generarono una scintilla dando origine alle fiamme.
L’allunaggio fu di conseguenza annullato: ora l’urgenza era quella di riportare sani e salvi sulla Terra i tre astronauti.
Il modulo di comando Odyssey era ormai fuori uso. L’equipaggio si trasferì quindi nel lander Aquarius, utilizzando il modulo lunare come navetta di salvataggio. Qui le condizioni erano inadatte ad un viaggio spaziale. Il Lem era progettato per stare sulla Luna un massimo di due giorni con sole due persone a bordo.
Ritorno a casa
Fu un lungo viaggio di ritorno, scomodo, freddo e teso. L’intero equipaggio, spiega la Dire Giovani (www.diregiovani.it), perse peso e Haise sviluppò un’infezione renale.
Il 17 aprile 1970, 4 giorni dopo la fatidica frase “Huston, abbiamo avuto un problema!”, Lovell, Haise e Swigert riuscirono a tornare sulla Terra, con un ammaraggio di emergenza nell’Oceano Pacifico.
Anche se i problemi di progettazione di Apollo 13 hanno lasciato un segno sulla reputazione della NASA, oggi resta nella memoria come un brillante esempio di come l’agenzia spaziale sia stata in grado di risolvere un grave problema nello Spazio.