“Febbre” da panificazione in quarantena per l’emergenza Coronavirus: fare il pane e la pizza è diventato un irrinunciabile rituale degli italiani
Ragioni psicologiche, istinti primordiali, tradizioni, radici e in ballo c’è anche il Cristianesimo. Sono tante le motivazioni dietro la tendenza massiva alla panificazione che sta conquistando gli italiani in questo primo mese di lockdown. A parlarne alla Dire (www.dire.it) è Stefano Frangella, panettiere e proprietario di ‘Ready facile da mangiare‘, lo shop del II municipio di Roma che “in questo periodo epocale” panifica molto più che a pieno ritmo. Frangella racconta come “fornai e panettieri non hanno mai lavorato tanto nella loro vita. I miei, ad esempio, non vedono ormai da settimane la luce del sole, perché producono 24 ore su 24 per cercare di soddisfare le esigenze di tutti”.
Con un Paese interamente fermo, quindi, qualcosa fatta da noi, con le nostre mani, “ci dà una soddisfazione ulteriore”. Lo stesso atto della panificazione “è certamente sia un istinto primordiale che un antistress, se entriamo nel mondo della psicologia e dell’essere umano”. Nelle case degli italiani, infatti, “vediamo che oggi sono tutti mastro fornai e mastro pizzaioli, perché la pizza ‘è l’Italia’, e il pane insieme alla pasta sono da sempre la nostra base alimentare”. Panificare, dunque, diventa un rituale da lockdown perché “sembra una cosa facile da fare, bastano tra i 2 e i 4 ingredienti per farlo. Ma in realtà dietro un filone o una pagnotta ci sono tantissimi fattori da considerare. Servono buoni ingredienti, un buon forno, una certa dose di esperienza e certo- continua il panettiere- anche delle buone mani”.
Tra i motivi della “febbre” da panificazione in tempi di Covid-19, poi, a detta dell’esperto oltre che le tradizioni italiche “c’è ovviamente anche il Cristianesimo. Il pane nel nostro Paese, che è prettamente cattolico – riflette – è associato senza dubbio anche al corpo di Cristo. Quando si celebrano le messe c’è il pane a rappresentare Gesù”, e questo non è da dare per scontato. “Inoltre – continua Stefano – già dai tempi antichi l’Italia conserva lunghe tradizioni legate al pane e alla religione. I nonni, ad esempio, dicevano sempre che il pane non si butta via, perché ai loro tempi c’era poca materia prima. Il pane era un qualcosa di sacro e buttarlo era quasi un affronto”.
“Tradizioni e usanze si tramandano poi per generazioni e generazioni, così, quelle poche volte che si butta via del pane, in Italia c’è ancora chi lo bacia – ricorda il panettiere – in simbolo di un rispetto che è legato tanto alla tradizione quanto alla religione”. Oggi, però, “la tendenza che abbiamo rispetto ai nostri nonni è quella di usare meno pane ma che sia di qualità. Con farine buone, anche di farro o cereali, e lieviti altrettanto buoni – che sia una pasta madre, un lievito madre o anche un lievito di birra lavorato nel modo corretto. Chi oggi fa un buon pane, che non dà fastidio a livello fisico, gli ha solitamente fatto fare tra le 24 e le 36 ore di lievitazione“, spiega.
La storia dell’Europa, e in particolare dell’Italia, si intreccia dunque con quella del pane fin dai tempi antichi. “I Romani, ad esempio, facevano ‘la ruota’, una pagnotta larga e non molto alta, perché non si erano ancora sviluppate tutte le tecniche di fermentazione e lievitazione che utilizziamo adesso”. In Francia c’è tutta un’altra storia. Prima ancora delle baguette, ad esempio, “c’è la tradizione del pane sottosopra, che era un messaggio in codice utilizzato dai panettieri per indicare quei filoni e quelle pagnotte che sarebbero state destinate ai boia – racconta -. Tradizione che è continuata dal 1400 circa”.
Adesso l’opzione è il fai-da-te? Si, ma bisogna partire “da lievito di birra e farina manitoba zero”. Questi gli ingredienti base per “sfornare il proprio pane”. Certo è che “il lievito di birra ora come ora è pressoché introvabile: è la nuova droga del momento”. Per questa ragione ‘Ready’ fornisce “consigli ai suoi clienti, dando quelle informazioni corrette che in questi ultimi tempi possono mancare. Nel mio piccolo – fa sapere Stefano Frangella – ho inviato link e anche diversi video, che ho girato di giorno e di notte ai clienti tramite Whatsapp, per sviluppare un pane semplice, per spiegare come fare una buona pizza ‘fai-da-te’, o anche, in molti casi, per fabbricare il proprio lievito di birra, che non si deve per forza comprare”.
Quello che sta accadendo ora “è qualcosa di nuovo, mai successo nella storia umana. Ci sono esempi di accadimenti e momenti simili, in cui la gente si riscopre un po’ e riscopre così tanti valori che in parte oggi sembravano perduti”. L’emergenza del coronavirus “sta portando tante cose negative, ma – conclude il panettiere – sotto molti punti di vista il fatto che siamo costretti a cambiare radicalmente le nostre abitudini, ci farà fare un salto epocale, direi ‘quantico’, di 15-20 anni in avanti, una volta che tutto sarà passato“.