In Italia una specie di mammiferi su otto è aliena. Dato ancora più preoccupante per i pesci d’acqua dolce con una specie aliena su due
C’è molta incertezza per gli effetti sulla distribuzione delle specie aliene a seguito del blocco degli spostamenti e delle attività antropiche dovuto alle misure di contenimento del Covid-19. Un tema di non poca rilevanza, come confermano le nuove check-list dei pesci d’acqua dolce e dei mammiferi italiani, recentemente pubblicate sulle riviste scientifiche Hystrix e Italian Journal of Freshwater Ichthyology, e che fotografano una vera e propria invasione di specie aliene nel nostro Paese. Tra le 123 specie di mammiferi presenti, una su 8 è infatti aliena, mentre tra i pesci d’acqua dolce (127 specie) addirittura lo è una su due.
Questi numeri evidenziano ancora una volta l’entità del danno al nostro patrimonio di biodiversità e i rischi per la nostra salute e la nostra economia. Proprio nell’anno in cui la cimice asiatica, secondo le stime di Coldiretti, ha provocato oltre 300 milioni di euro di danni alla frutticoltura in tutto il Nord Italia.
“Che le specie aliene invasive fossero una grande minaccia per il nostro enorme patrimonio di biodiversità, e in particolare per gli ambienti di acqua dolce, era risaputo – commenta Andrea Monaco, zoologo di Ispra, tra i responsabili del Progetto Life ASAP – ma vedere i dati aggiornati e rendersi conto che la situazione peggiora col tempo è desolante. Questi dati dovrebbero allarmare tutti, non solo gli specialisti, e spingerci subito a cambiare i nostri comportamenti per invertire la tendenza. Questo periodo di isolamento che stiamo vivendo apre scenari imprevedibili anche per la presenza di specie aliene sul nostro territorio – continua Andrea Monaco -. Pensiamo ad esempio agli spazi, soprattutto urbani e periurbani, che sono diventati disponibili per la fauna perché temporaneamente non occupati dall’uomo, o anche alla potenziale riduzione delle nuove introduzioni di specie aliene conseguente alla riduzione di circolazione delle merci e dei passeggeri su scala globale. Se la brusca diminuzione degli spostamenti avrà conseguenze sulla distribuzione delle specie aliene potremo valutarlo solo a posteriori. Quello che preoccupa è che con le misure anti Covid 19 si sono arrestate anche le attività di controllo e limitazione della diffusione di queste specie”.
Gli ultimi dati sulla presenza di mammiferi e dei pesci d’acqua dolce italiani
Delle due nuove check-list sulla presenza di specie aliene nel nostro Paese, una è stata redatta da un team di 21 zoologi coordinati dall’Associazione teriologica italiana (ATIt) ha catalogato 123 specie di mammiferi, 114 terrestri e 9 marini: in pratica, la più grande biodiversità in fatto di mammiferi del Mediterraneo e una delle più grandi di tutta Europa. L’altra è frutto del lavoro di 16 ittiologi dell’Associazione italiana ittiologi acque dolci (Aiiad) che hanno descritto 127 specie di pesci d’acqua dolce, 123 pesci ossei e 4 ciclostomi (le lamprede). Entrambe le check-list, come detto, mostrano un Paese caratterizzato da una biodiversità enorme, testimoniata dalla notevole ricchezza di specie endemiche, che vivono cioè solo nei nostri confini.
A preoccupare sono però le minacce a questa biodiversità, prima fra tutte quella delle specie aliene. In Italia sono almeno 15 i mammiferi (12% delle specie) e 63 i pesci (50% delle specie) introdotti dall’uomo. E i numeri sarebbero decisamente superiori se venissero prese in considerazione anche le specie aliene la cui presenza è sporadica e che non hanno ancora dato vita a popolazioni stabili in natura (23 specie nel caso dei pesci). La presenza in natura di mammiferi alieni è spesso dovuta alla fuga o al rilascio di individui tenuti in casa come animali da compagnia. Tra loro vi sono, ad esempio, lo scoiattolo grigio americano Sciurus carolinensis, il tamia siberiano Eutamias sibiricus e il procione Procyon lotor, tutti ritenuti particolarmente pericolosi per la biodiversità nativa e pertanto inseriti nella lista delle specie di rilevanza unionale (ai sensi del Regolamento UE 1143/14). Altri mammiferi sono stati introdotti per motivi venatori, come il silvilago Sylvilagus floridanus, o il cervo sika Cervus nippon, o perché un tempo sfruttati commercialmente per la loro pelliccia, come il visone americano Neovison vison e la nutria Myocastor copypus. Molte specie arrivano con le merci importate, o utilizzando semplicemente i nostri mezzi di trasporto.
Per quanto riguarda i pesci, gran parte delle introduzioni è riconducibile all’attività di pesca sportiva, come nel caso forse più noto, quello del siluro europeo Silurus glanis; ma sono segnalate anche introduzioni da parte di acquariofili, come nel caso dei guppy Poecilia reticulata o dei portaspada Xiphophorus helleri, e addirittura introduzioni a scopo di lotta biologica (alle zanzare!), come nel caso delle gambusie Gambusia holbrooki e Gambusia affinis.
Queste check-list, spiega Legambiente, dovrebbe rendere consapevole l’opinione pubblica dell’enorme ricchezza che caratterizza la fauna del nostro Paese e spingerci ad agire per “alleggerire la nostra impronta” sul pianeta.