Linfoma mantellare: CAR T KTE-X19 efficaci


Linfoma mantellare: oltre il 90% di risposte con una singola infusione delle CAR T KTE-X19 in pazienti ricaduti/refrattari

Linfoma mantellare: oltre il 90% di risposte con una singola infusione delle CAR T KTE-X19 in pazienti ricaduti/refrattari

Una singola infusione di KTE-X19 (una terapia a base di cellule CAR T sviluppata da Kite, ora parte di Gilead) ha permesso di ottenere remissioni durature in oltre 9 pazienti su 10 con linfoma mantellare (o linfoma a cellule del mantello) recidivante o refrattario che avevano smesso di rispondere al trattamento con inibitori della tirosin-chinasi di Bruton (BTK). È questo il risultato chiave dello studio di fase 2 ZUMA-2, pubblicato da poco sul New England Journal of Medicine.

La popolazione studiata ha una prognosi molto sfavorevole, spiegano gli autori nell’introduzione del lavoro. Questi pazienti, aggiungono, rappresentano una sfida terapeutica e studi retrospettivi nei quali si è valutata la terapia di salvataggio hanno mostrato bassi tassi di risposta e una sopravvivenza globale (OS) mediana compresa fra 6 e 10 mesi.

Al contrario, i risultati ora pubblicati sul Nejm mostrano che su 60 pazienti sottoposti a una singola infusione di KTE-X19, il 93% ha risposto al trattamento e il 67% ha ottenuto una risposta completa.

Il tasso di risposta obiettiva (ORR) osservato nel trial è il più alto riportato finora in pazienti nei quali un precedente trattamento con un inibitore di BTK aveva fallito.

«I nostri risultati, compreso il profilo di sicurezza gestibile, indicano questa terapia come un’opzione efficace e praticabile per i pazienti con linfoma a cellule del mantello recidivante o refrattario» ha affermato il primo firmatario dello studio, Michael Wang, dell’MD Anderson Cancer Center della Texas University di Houston, in una nota.

Che cos’è KTE-X19
KTE-X19 è un prodotto a base di CAR T dirette contro l’antigene CD19 e può essere considerato una derivazione di axi-cel, le CAR T di Kite/Gilead già approvate dalla European Medicines Agency e già disponibili anche in Italia per il trattamento del linfoma diffuso a grandi cellule B e del linfoma primitivo del mediastino.

Il CAR (cioè il recettore chimerico che riconosce l’antigene bersaglio sulle cellule tumorali, ndr) di KTE-X19 è identico a quello di axi-cel, ma l’iter di preparazione del nuovo prodotto è stato modificato in modo da permettere una rimozione delle cellule maligne circolanti che potrebbero essere presenti nel sangue del paziente. Tale modifica rende KTE-X19 un prodotto formalmente diverso da axi-cel, e che deve seguire un iter regolatorio a sé.

Oltre che per il linfoma mantellare, questa terapia è attualmente in fase di sperimentazione anche per altre indicazioni (leucemia linfatica cronica e leucemia linfoblastica acuta in pazienti sia adulti sia pediatrici e adolescenti), ma non ha ancora avuto il via libera da nessuna agenzia regolatoria.

Tuttavia, KTE-X19 è in attesa di approvazione negli Stati Uniti proprio come trattamento per il linfoma mantellare e la decisione della Food and drug administration è attesa per il prossimo agosto.

Nel gennaio scorso Gilead ha presentato domanda di autorizzazione per la stessa indicazione anche alla European Medicines Agency, che dovrebbe esprimersi in merito nel novembre 2020.

Se le due agenzie daranno il loro ok, KTE-X19 potrebbe essere la terza terapia a base di CAR T a raggiungere il mercato, ma la prima in assoluto per il trattamento del linfoma mantellare.

Lo studio ZUMA-2
Lo studio ZUMA-2 (NCT02601313) è un trial multicentrico internazionale nel quale sono stati arruolati 74 soggetti adulti con linfoma mantellare ricaduto/refrattario che avevano fatto in precedenza fino a cinque linee di terapia, comprendenti un anticorpo anti-CD20, la chemioterapia e un inibitore di BTK (ibrutinib o acalabrutinib), e che avevano un performance status ECOG pari a 0 o 1.

Tutti i pazienti sono stati sottoposti a leucoaferesi per ottenere cellule per la preparazione di KTE-X19, che è stato prodotto con successo per il 96% di essi e somministrato mediante una singola infusione al 92%. Il tempo mediano intercorso tra la leucoaferesi e il trattamento con KTE-X19 è stato di 16 giorni.

Durante la produzione delle CAR T, i partecipanti potevano fare una terapia ponte per tenere sotto controllo il linfoma fino all’arrivo delle cellule, a discrezione dello sperimentatore, terapia che poteva comprendere ibrutinib, acalabrutinib o desametasone, ma non la chemioterapia.

A partire da 5 giorni prima dell’infusione delle CAR T, i pazienti sono stati sottoposti per 3 giorni consecutivi alla linfodeplezione con fludarabina 30 mg/m2 più ciclofosfamide 300 mg/m2 e quindi sottoposti a una singola infusione endovenosa di KTE-X19 con una dose target pari a 2 x 106 cellule CAR T/kg di peso corporeo.

L’endpoint primario dello studio è l’ORR valutato da un comitato di radiologi indipendenti e l’analisi di efficacia primaria, a cui si riferiscono i dati pubblicati sul Nejm, è stata eseguita dopo che 60 pazienti erano stati trattati con KTE-X19 ed erano stati seguiti almeno per 7 mesi.

Maggior parte dei pazienti in stadio avanzato e altamente pretrattati

L’età mediana dei 68 pazienti trattati con KTE-X19 era di 65 anni ( range: 38-79) e il 57% aveva non meno di 65 anni. La maggior parte (85%) aveva una malattia in stadio IV e il 56% era a rischio intermedio o alto secondo il Mantle Cell Lymphoma International Prognostic Index. L’indice di proliferazione del Ki-67 era ≥ 30% nell’82% dei pazienti e il 17% di essi presentava mutazioni di TP53. Inoltre, il 54% presentava un coinvolgimento del midollo osseo e il 56% aveva una malattia extranodale.

Prima dell’ingresso nello studio, i pazienti avevano già fatto una mediana di tre terapie precedenti, e la maggior parte (81%) ne aveva fatte almeno tre. Quasi tutti erano stati trattati in precedenza con un’antraciclina o bendamustina e il 100% con un anticorpo anti-CD20 e con un inibitore di BTK prima dell’ingresso nello studio. Il 37% ha ricevuto una terapia ponte mentre aspettava che fossero pronte le CAR T, più comunemente con ibrutinib (nel 21% dei casi).

Risposte rapide e durature

Il follow-up mediano a cui si riferisce l’analisi primaria di efficacia è di 12,3 mesi.
Wang e i colleghi scrivono nel loro articolo che si è osservata un’ottima concordanza (95%) tra i tassi di risposta calcolati dal comitato di radiologi indipendenti e quelli calcolati dagli sperimentatori.

Considerando tutti i 74 pazienti arruolati che costituivano la popolazione ITT, l’85% ha mostrato una risposta obiettiva e il 59% una risposta completa. Il tempo mediano di comparsa della risposta iniziale è stato di 1,0 mesi e quello di raggiungimento di una risposta completa pari a 3,0 mesi.

Fra i 42 pazienti che avevano inizialmente ottenuto una risposta parziale o la cui malattia si era stabilizzata dopo l’infusione, 24 (il 57%) hanno raggiunto una risposta completa dopo una mediana di 2,2 mesi dalla risposta iniziale.

Considerando, invece, i 60 pazienti dell’analisi primaria, il tasso di risposta obiettiva dopo una singola infusione di KTE-X19 è risultato del 93%, con un tasso di risposta completa del 67% e di risposta parziale del 27%.

I tassi elevati di risposta sembrano tradursi anche in buoni risultati di sopravvivenza. Sia la sopravvivenza libera da progressione (PFS) mediana sia la sopravvivenza globale (OS) mediana non sono ancora state raggiunte, ma la PFS a 12 mesi è risultata del 61% e l’OS a 12 mesi dell’83%.
Inoltre, le analisi sui sottogruppi hanno mostrato tassi di PFS a 6 mesi equivalenti anche tra i pazienti con caratteristiche prognostiche sfavorevoli, come la presenza di mutazioni di TP53 o un indice di proliferazione del Ki-67 del 50% o superiore.

Circa il 57% dei 60 pazienti a cui si riferisce l’analisi primaria di efficacia e il 78% di quelli che hanno ottenuto una risposta erano ancora in remissione dopo un follow-up mediano di 12,3 mesi dall’infusione di KTE-X19.

Tossicità gestibili
Sul fronte della sicurezza, così come già visto con altre terapie a base di CAR T, anche KTE-X19 ha provocato eventi tossici gravi e potenzialmente letali, ma in questo studio nessun paziente è morto a causa di queste tossicità, sottolineano gli autori.

Eventi avversi di grado 3 o superiore si sono verificati praticamente in tutti i pazienti, osservano Wang e i colleghi. I più comuni sono stati citopenie (sviluppate dal 94% dei pazienti) e infezioni (32%).

Inoltre, il 91% dei pazienti ha sviluppato una sindrome da rilascio di citochine (CRS), un effetto avverso ben noto di tutte le terapie con cellule CAR T; tuttavia, sottolineano i ricercatori nella discussione, nessun paziente è deceduto a causa della CRS e la maggior parte degli episodi è stata di grado lieve (1 e 2).
La CRS è stata gestita nel 59% dei casi con l’inibitore dell’interleuchina-6 tocilizumab e tutti gli episodi sono stati reversibili e si sono risolti entro una mediana di 11 giorni.

Complessivamente, il 63% dei pazienti ha sviluppato anche un evento neurologico. Nessuno è stato fatale, ma nel 31% dei casi la neurotossicità è stata di grado 3 o superiore.

«L’ incidenza della CRS e degli eventi neurologici di grado 3 o superiore è stata simile a quella riportata in precedenza con le altre terapie a base di CAR T anti-CD19 nei pazienti con linfomi aggressivi» scrivono i ricercatori. Circa un terzo dei pazienti ha sviluppato infezioni di grado 3 o superiore, la più comune della quali è stata la polmonite.

In conclusione

«Lo studio ha dimostrato che una singola infusione of KTE-X19 è stata in grado di indurre remissioni durature in pazienti con linfoma mantellare recidivato o refrattario dopo il fallimento della terapia con un inibitore della BTK» concludono Wang e i colleghi.
Ma la storia non finisce qui. Il trial, infatti, è ancora in corso e dovrebbe arrivare ad arruolare circa 130 pazienti.