Sclerosi multipla, ocrelizumab utilizzato subito dimezza il rischio di ricorrere ad ausili per la deambulazione. Nuovi dati a 6 anni da un’analisi post-hoc
Da un’analisi post-hoc, condotta dopo 6 anni di studi di estensione di fase III in aperto, è emerso che il trattamento con ocrelizumab ha ridotto del 49% il rischio di dover ricorrere a un ausilio per la deambulazione (EDSS ≥ 6) nei pazienti con Sclerosi Multipla Recidivante (SMR) rispetto ai pazienti che hanno effettuato lo switch terapeutico da interferone beta-1a due anni dopo.
Un’analisi separata ha evidenziato che ocrelizumab ha rallentato la perdita di volume del talamo nei pazienti con SMR e SM primaria progressiva (SMPP) in confronto rispettivamente a interferone beta-1a e al placebo.
I dati sono stati selezionati per il 72° convegno annuale dell’American Academy of Neurology (AAN) e verranno messi a disposizione online tramite una presentazione virtuale nelle prossime settimane.
Complessivamente, queste analisi evidenziano che il trattamento con ocrelizumab ha ridotto il rischio di progressione della malattia e della disabilità nella SMR e nella SMPP, e apportano ulteriori evidenze al profilo beneficio/rischio del farmaco, compreso l’impatto della SM sulla vita quotidiana dei soggetti.
“Le recenti acquisizioni sulle analisi presentate al congresso AAN confermano il profilo di efficacia di ocrelizumab nel minimizzare il rischio di una perdita dell’autonomia motoria e nel preservare il danno a livello talamico, il tutto associato ad un profilo di sicurezza che si conferma favorevole”, commenta Carlo Pozzilli, Professore Ordinario di Neurologia presso l’Università degli Studi di Roma “Sapienza” e Direttore del centro sclerosi multipla dell’Ospedale Sant’Andrea di Roma.
Effetto di ocrelizumab sulla progressione della disabilità e sul rischio di dover ricorrere a un ausilio per la deambulazione nei pazienti con SMR
Da una nuova analisi post hoc relativa all’estensione in aperto degli studi di fase III OPERA sulla SMR è emerso che il trattamento più precoce con ocrelizumab potrebbe posticipare il rischio di necessitare di un ausilio per la deambulazione in confronto ai pazienti che hanno effettuato lo switch terapeutico da interferone beta-1a due anni dopo. Il rischio è stato valutato in base al tempo intercorso fino al raggiungimento di un punteggio uguale o superiore a 6 sulla Expanded Disability Status Scale (EDSS ≥ 6), mantenutosi per almeno 48 settimane. I soggetti trattati con ocrelizumab hanno registrato una riduzione del rischio di dover ricorrere a un ausilio per la deambulazione pari al 49% rispetto a quelli trattati con interferone beta-1a nell’arco di 6 anni di studio (4,3% contro 7,2%*; p = 0,0042). I profili di sicurezza nel periodo in doppio cieco e nell’estensione in aperto sono risultati generalmente coerenti.
Effetto di ocrelizumab sulla progressione della malattia in base all’atrofia del talamo
Nei pazienti con SMR o SMPP, ocrelizumab ha prodotto un rallentamento progressivo dell’atrofia del talamo (valutata in base alla variazione del volume del talamo). I risultati dei periodi in doppio cieco degli studi di fase III OPERA I, OPERA II e ORATORIO hanno evidenziato un’atrofia del talamo significativamente inferiore in confronto a quanto osservato rispettivamente con interferone beta-1a e il placebo (entrambi < 0,001). Il talamo è una struttura profonda di materia grigia situata all’interno del cervello che agisce come trasmettitore e centro integrativo. Svolge un ruolo fondamentale su reattività, controllo motorio, funzione cognitiva ed elaborazione sensoriale. Il talamo subisce danni correlati alla SM e il grado di atrofia potrebbe costituire un utile marcatore dell’efficacia terapeutica.