Dopo le CAR-T, arrivano le CAR-M per combattere i tumori solidi: dall’Università della Pennsylvania arrivano promettenti risultati
Se fossero un videogioco, le CAR-T sarebbero senza dubbio “space invaders” e le CAR-M il ben noto “Pac-Man”. La differenza tra le due strategie sta infatti nelle proprietà intrinseche delle cellule immunitarie utilizzate rispettivamente per il loro sviluppo: se le cellule T funzionano infatti bersagliando gli antigeni per distruggerli (sostanze riconosciute come estranee o pericolose dal sistema immunitario), proprio come il cannone mobile di Space invaders, i macrofagi svolgono invece la loro funzione “mangiando” le cellule nemiche, esattamente come Pac-man. A mettere a punto la nuova immunoterapia CAR-M – promettente contro i tumori solidi – è stato un gruppo di ricercatori della Perelman School of Medicine dell’Università della Pennsylvania (Stati Uniti), che lo scorso 23 marzo ha pubblicato i primi risultati preclinici su Nature Biotechnology.
Nascono le cellule CAR-M
Nonostante la terapia CAR-T abbia rappresentato un punto di svolta nella cura di alcuni tumori del sangue, questa strategia presenta dei limiti soprattutto quando applicata ai tumori solidi. In questo caso, infatti, i linfociti T fanno più fatica a penetrare e il microambiente tumorale ostile fa sì che vengano distrutti. Così dopo le CAR-NK (che utilizzano un altro tipo di cellule T: i linfociti natural killer) e le CARCIK (che utilizzano i linfociti T denominati CIK, Cytokine Induced Killer), i ricercatori stanno ora provando a ingegnerizzare i macrofagi, che sembrano presentare diversi vantaggi quando si parla di tumori solidi. I macrofagi – cellule del sistema immunitaria che lavorano in prima linea fagocitando gli agenti patogeni o le cellule identificate come estranee come quelle tumorali – sono infatti naturalmente e attivamente reclutati nei tumori solidi e meglio equipaggiati per sopravvivere in un ambiente tumorale ostile. Il che potrebbe portare a superare le principali sfide che le terapie cellulari hanno dovuto affrontare finora con i tumori solidi: difficoltà nel raggiungere il sito tumorale, un microambiente tumorale immunosoppressivo e l’espressione eterogenea di antigeni associati al tumore. Il processo di ingegnerizzazione delle cellule CAR-M è simile a quello utilizzato per le già note CAR-T, e prevede che le cellule vengano potenziate, armandole con un recettore chimerico (CAR, Chimeric Antigen Receptor). Nel caso delle CAR-M, il recettore chimerico viene dunque “installato” sui macrofagi anziché che sui linfociti T.
I vantaggi dei macrofagi
Un altro vantaggio dei macrofagi è la loro capacità di attivare, a loro volta e ulteriormente, il sistema immunitario adattativo, in presenza di un patogeno. I macrofagi infatti sono i principali attori e regolatori del sistema immunitario innato, il primo ad attivarsi in presenza di patogeni estranei. Per difendere l’organismo i macrofagi utilizzano la fagocitosi (“ingestione” delle sostanze estranee), la citotossicità cellulare, la secrezione di fattori pro-infiammatori e infine presentano l’antigene alle cellule T. Queste fanno parte del sistema immunitario adattativo, che viene attivato in un secondo momento dal sistema innato e che amplifica la risposta e termina il lavoro, creando anche la memoria immunitaria nel processo. “Data la capacità delle cellule immunitarie innate di innescare potenti risposte immunitarie, abbiamo ipotizzato che i macrofagi ingegnerizzati CAR-M, potessero essere un approccio promettente per affrontare i tumori solidi”, ha commentato Michael Klichinsky del Center for Cellular Immunotherapies dell’University of Pennsylvania School of Medicine, autore dello studio e co-fondatore di Carisma Therapeutics, la biotech che sta sviluppando l’approccio. “Trovare una strategia per coinvolgere il resto del sistema immunitario, significherebbe avere un impatto ancora maggiore di quello che oggi può avere una terapia cellulare da sola. I nostri sforzi futuri saranno focalizzati ad approfondire questa possibilità e capire come sfruttarla per eliminare il tumore”.
I primi risultati sui modelli murini
Nel lavoro pubblicato su Nature biotechnology, i ricercatori hanno mostrato i risultati delle cellule CAR-M progettate per esprimere un recettore chimerico anti-HER2 e le hanno testate su due modelli murini di carcinoma ovarico metastatico. Una singola infusione della terapia ha ridotto i tumori e prolungato la sopravvivenza negli animali. La terapia CAR-M ha indotto nei modelli murini di topo un microambiente tumorale pro-infiammatorio rendendolo più “caldo”, ovvero più responsivo alle azioni immunitarie, perché infiltrato di cellule del sistema immunitario. A differenza di quello freddo che è invece resistente alle terapie immunologiche. Inoltre, il trattamento ha aumentato l’attività delle cellule T antitumorali e ha ridotto il tumore, anche in presenza di cellule immunosoppressive. “È importante sottolineare come le cellule CAR-M abbiano mantenuto l’attività anti-tumorale anche in presenza di fattori anti-infiammatori come citochine o cellule immunosoppressive – ha dichiarato Carisma Therapeutics in una nota – e abbiano dimostrato la capacità di convertire i macrofagi pro-tumorali M2 in un fenotipo M1 anti-tumorale”. Klichinsky ha anche spiegato come una delle principali sfide sia stata identificare un vettore virale in grado di ingegnerizzare i macrofagi con alta efficienza. I macrofagi infatti, sono le prime cellule del sistema immunitario ad entrare in gioco in caso di infezioni virali, motivo per cui sono resistenti alle infezioni dai vettori virali standard (lentivirus e retrovirus) utilizzati nella terapia genica.
Sfide passate e future
“Abbiamo dimostrato che le cellule CAR-M potrebbero fagocitare le cellule tumorali in modo mirato, portando alla loro distruzione”, ha affermato Klichinsky che ha ricordato come, nonostante fosse stata la prima volta in cui sono stati ingegnerizzati per esprimere i recettori CAR, i macrofagi umani abbiano dimostrato con successo la loro capacità di infiltrarsi nei tumori, influenzare il microambiente tumorale circostante, ridurre il carico tumorale attraverso la fagocitosi e aumentare la sopravvivenza globale nei modelli animali di tumori solidi. “Le nostre scoperte lasciano aperta anche la possibilità di combinare, in futuro, questa terapia con altri agenti che svolgono un ruolo nelle vie biochimiche che inducono la morte cellulare o nell’immunità basata sulle cellule T”, ha concluso il ricercatore. Secondo i ricercatori dell’Università della Pennsylvania, questi risultati preliminari sono la prova che la progettazione di macrofagi potenziati con i CAR, potrebbe essere la chiave per combattere i tumori solidi. Il prossimo passo ora, stando alle dichiarazioni della startup Carisma Therapeutics, prevede di sviluppare piani operativi con altri partner per avviare uno studio clinico di Fase I che valuti una terapia CAR-M mirata a HER2, denominata CT-0508. Sarà la prima volta che un macrofago ingegnerizzato verrà utilizzato in una sperimentazione clinica.