Osteoporosi: la valutazione delle fratture vertebrali – VFA – mediante densitometria (DEXA) potrebbe rivelarsi utile nella diagnosi di quelle asintomatiche
La valutazione delle fratture vertebrali (VFA) mediante densitometria (DEXA) potrebbe rivelarsi utile nella diagnosi delle fratture vertebrali in una donna in post-menopausa su 3, con ripercussioni positive sul trattamento medico successivo.
Questo il responso di una rassegna sistematica della letteratura, con annessa metanalisi, recentemente pubblicata sulla rivista Bone.
Razionale dello studio
Le fratture vertebrali sono notoriamente tra le manifestazioni di più frequente riscontro dell’osteoporosi in post-menopausa, associandosi a morbi- mortalità di particolare rilievo.
“Una paziente su 3 va incontro ad esito fatale a 5 giorni dall’ospedalizzazione per frattura vertebrale – ricordano gli autori dello studio -. La riduzione della statura, associata a cifosi progressiva, alterazioni della deambulazione e dell’equilibrio, nonché a dolore cronico, sono manifestazioni di frequente osservazione nelle pazienti affette da fratture vertebrali. Inoltre, questa tipologia di frattura è notoriamente predittiva di eventi fratturativi successivi”.
“Le fratture vertebrali – continuano i ricercatori – sono prevalentemente asintomatiche e spesso sfuggono ad una prima diagnosi clinica. Quasi un terzo di tutte queste fratture rilevate mediante radiografia pervengono all’attenzione clinica e meno del 10% portano all’ospedalizzazione. Non solo: nelle donne in età avanzata con recente frattura all’anca, sono state rilevate fratture vertebrali nel 55,7% dei casi, mentre nel 13,7% dei casi si è riscontrata almeno una frattura vertebrale severa”.
Pertanto, la prevalenza delle fratture vertebrali è largamente sottostimata e sollecita la loro identificazione preventiva per prevenire eventi fratturativi successivi.
“Per identificare le fratture vertebrali – spiegano gli autori dello studio – si ricorre innanzi tutto alla radiografia del rachide, ma l’esame DEXA applicato al rachide in toto per la VFA rappresenta un’altra opzione disponibile per individuare questa tipologia di fratture”.
Un vantaggio di quest’ultima tecnica rispetto alla radiografia convenzionale risiede nel fatto che impiega una quantità di radiazioni decisamente inferiore e rende possibile la misurazione della densità minerale ossea (DMO) nel corso dello stesso esame.
La ISCD (The International Society of Clinical Densitometry (ISCD) ha raccomandato l’uso diagnostico della VFA come possibile alternativa alle radiografie convenzionali per identificare le frattute vertebrali in persone a rischio elevato di osteoporosi (OP).
Per quanto le evidenze sull’impiego della VFA per identificare le fratture vertebrali in donne asintomatiche sia sostanzialmente cresciuto nel tempo, ad oggi non esistevano ancora studi che ne riassumessero i risultati.
Di qui il nuovo lavoro, una rassegna sistematica della letteratura, con annessa metanalisi, che ha descritto la prevalenza totale delle fratture vertebrali identificate mediante VFA in donne asintomatiche in post-menopausa.
Disegno e risultati principali
Per prima cosa, è stata condotta una ricerca sistematica della letteratura sui principali database bibliografici biomedici (MEDLINE, Web of Science, Cochrane Central Register of Controlled Trials, per l’identificazione dei trial clinici randomizzati e degli studi osservazionali sull’argomento, pubblicati tra il 2000 e il 2018.
Su 1.777 pubblicazioni identificate, 28 soddisfacevano i criteri di inclusione, totalizzando un numero di donne in post-menopausa pari a 25.418, con un’età media compresa tra 59,5 e 86,2 anni. La maggior parte degli studi selezionati erano di disegno cross-section e solo 2 prevedevano un follow-up longitudinale. Inoltre, gli studi si diversificavano per una elevata variabilità del numero di individui reclutati, compreso tra 63 e 5.156 partecipanti.
Nel complesso, la prevalenza di fratture vertebrali nelle donne asintomatiche (dato “pesato” e in pool) è stato pari al 28% (IC95%: 23-32). Inoltre, in quelle con fratture vertebrali è stata documentata una prevalentenza di OP fino al 64,6% dei casi.
La prevalenza di fratture vertebrali è risultata pressochè identica sia nel setting di popolazione generale (28%; IC95%=22-34) che in quello ospedaliero (27%; IC95%: 22-32).
Non solo: in 6 studi nei quali le donne reclutate avevano un’età inferiore a 65 anni, la prevalenza “pesata” e in pool dei fratture vertebrali è stata pari al 24% (IC95%: 20-27).
Riassumendo
Pur con alcuni limiti metodologici intrinseci ammessi dagli stessi ricercatori (eterogeneità significativa tra gli studio, limite della capacità di VFA di valutare tutti i livelli vertebrali, assenza di dati demografici a livello individuale e di possibili bias di pubblicazione negli studi selezionati, “…i risultati – concludono – hanno dimostrato come l’impiego di VFA nelle donne asintomatiche sarebbe in grado di identificare le fratture vertebrali prevalenti in un caso su 3, anche in assenza di OP”.
“L’identificazione delle fratture vertebrali subcliniche – aggiungono – potrebbe portare ad un avvio più tempestivo della terapia farmacologica, finalizzata alla riduzione sostanziale del rischio di fratture successive”.