Riduzione del colesterolo con evolocumab, arriva un’ulteriori analisi dello studio FOURIER: nessun impatto negativo sulla funzione cognitiva
L’aggiunta dell’inibitore PCSK9 evolocumab alla terapia con statina in pazienti con malattia cardiovascolare (CVD) aterosclerotica stabile non ha un impatto negativo sulla cognizione, almeno nei primi 2 o 3 anni, secondo le indagini condotte tra i partecipanti allo studio FOURIER i cui risultati sono stati pubblicati sul “Journal of the American College of Cardiology”.
Le indagini “Everyday Cognition” (ECog) completate alla fine dello studio, dopo un follow-up mediano di 2,2 anni, hanno mostrato che la percentuale di pazienti che riportavano un calo cognitivo non differiva tra i bracci placebo ed evolocumab in termini di punteggio totale (3,6% vs 3,7%; P = 0,62), memoria (5,8% vs 6,0%; P = 0,53) o funzione esecutiva (3,6% vs 3,7%; P = 0,83), né vi sono state differenze in vari domini della funzione esecutiva.
Da notare che – come riferiscono l’autore principale Baris Gencer, del Brigham and Women’s Hospital di Boston, e colleghi – la percentuale di pazienti con un calo del punteggio cognitivo totale alla fine dello studio non era significativamente diversa tra coloro che avevano raggiunto un livello di colesterolo LDL inferiore a 20 mg/dL entro 4 settimane dall’inizio del trattamento e quelli che hanno continuato ad avere livelli di 100 mg/dL o superiori (3,8% vs 4,5%; P = 0,57).
I risultati sono coerenti con quelli dello studio EBBINGHAUS, che ha comportato valutazioni seriali con il metodo formale, obiettivo e basato su computer CANTAB (Cambridge Neuropsychological Test Automated Battery), ma consisteva di soli 1.204 partecipanti al FOURIER. Questa nuova analisi, invece, include dati su 22.655 partecipanti allo studio.
Memoria e funzione esecutiva autovalutate al termine dello studio
Le preoccupazioni circa problemi cognitivi associati con bassi livelli di colesterolo LDL iniziano molto prima dello sviluppo degli inibitori PCSK9.
I dati osservazionali avevano già mostrato un legame tra colesterolo LDL nel siero naturalmente basso e funzione cognitiva più povera quando la Food and Drug Administration (FDA), nel 2012, emise un avviso di sicurezza sul potenziale per “effetti collaterali cognitivi generalmente non gravi e reversibili” con le statine, basandosi su rapporti di eventi avversi di post-marketing, dati osservazionali pubblicati e prove randomizzate.
Le revisioni e le analisi successive non hanno trovato prove solide a sostegno di tale relazione. E come Gencer e colleghi sottolineano, «la 2014 National Lipid Association Task Force on Statin Safety ha concluso che la terapia con statina non era associata a effetti avversi sulla cognizione e non ha raccomandato di valutare la funzione cognitiva prima di iniziare il trattamento con una statina». Anche una meta-analisi del 2015 di studi randomizzati non è riuscita a mostrare un’associazione tra statine e danno conoscitivo.
Gli inibitori PCSK9 portano i livelli di colesterolo LDL molto più in basso di quanto si possa ottenere con le sole statine, quindi rimane qualche quesito sul fatto che i nuovi agenti abbiano un impatto sulla funzione conoscitiva. Nello studio FOURIER, i pazienti con CVD aterosclerotica e livelli di LDL-colesterolo di almeno 70 mg/dL o non-HDL-colesterolo di almeno 100 mg/dL nonostante la terapia con statina, più ulteriori fattori di rischio CV, sono stati randomizzati a evolocumab o placebo.
I risultati principali hanno mostrato che evolocumab riduceva significativamente gli eventi compositi CV, compreso l’ictus, senza alcuna differenza negli eventi avversi neurocognitivi clinici. I risultati sono stati simili per un altro inibitore del PCSK9, alirocumab, nello studio ODYSSEY OUTCOMES.
Nell’ambito della valutazione della sicurezza cognitiva di evolocumab in FOURIER, i ricercatori hanno chiesto ai partecipanti di rispondere a un’indagine di 23 item riguardante i domini di memoria e funzione esecutiva della scala ECog alla fine dello studio; così è stato per l’82,2% degli arruolati. La survey chiedeva ai pazienti di confrontare la funzionalità quotidiana al termine dello studio con quella all’inizio dello studio utilizzando il seguente punteggio:
- nessun cambiamento o miglioramento
- occasionalmente peggio
- costantemente un po’ peggio
- costantemente molto peggio
La percentuale di pazienti che segnalavano un declino cognitivo, definito come un punteggio pari o superiore a 2, non era significativamente diversa tra i due bracci di prova. I risultati sono stati coerenti tra i vari sottogruppi.
«Questi dati confermano la sicurezza neurocognitiva della riduzione intensiva del colesterolo LDL con evolocumab, riducendo al contempo gli eventi CV ricorrenti nei pazienti ad alto rischio e suggerendo che livelli di colesterolo LDL molto bassi possono essere posti come obiettivo da raggiungere in modo sicuro nei i pazienti ad alto rischio» concludono i ricercatori.
Certezze definitive dal follow-up a 5 anni
Lo studio EBBINGHAUS aveva fornito qualche rassicurazione circa la sicurezza cognitiva degli inibitori del PCSK9, ma era limitato dalla sua piccola dimensione del campione (meno del 5% della popolazione totale del trial) e dal fatto che il follow-up era più breve rispetto allo studio complessivo. Quest’ultima analisi invece fornisce ulteriore rassicurazione, scrive in un editoriale di accompagnamento una ricercatrice di EBBINGHAUS, Jennifer Robinson, dell’Università dell’Iowa, a Iowa City.
Ma, come dettaglia nell’editoriale, ci sono tre avvertimenti importanti. In primo luogo, il 18% dei pazienti che non hanno completato l’indagine ECog presentava più fattori di rischio per danno cognitivo rispetto a quelli che lo hanno fatto, lasciando aperta la questione se questi risultati possano applicarsi ai pazienti a rischio più elevato.
In secondo luogo, i partecipanti erano relativamente giovani nel complesso, con un’età media di 62,5 anni. In terzo luogo, la maggior parte dei pazienti sono stati inclusi sulla base di una storia di IM (81%), con una minoranza che aveva una storia di ictus non emorragico (19%). Detto questo, «nel contesto di chi è stato seguito nel trial, il farmaco sembra essere abbastanza sicuro per circa un periodo di 3 anni» commenta Robinson.
Secondo gli autori, però, anche se la popolazione complessiva di pazienti era relativamente giovane, c’erano circa 2.000 pazienti di età pari o superiore a 75 anni. E c’era anche un numero considerevole di pazienti per esempio con diabete, precedente malattia CV o malattia neurologica non ictale, senza indicazioni che i risultati differissero in questi sottoinsiemi.
In ogni caso, Robinson specifica che i dati a lungo termine, ad almeno 5 anni, rafforzerebbero il messaggio di sicurezza cognitiva di evolocumab e l’azienda produttrice sta pianificando un follow-up in aperto di tale lunghezza per EBBINGHAUS. «Penso che se non ci avranno segnali di sicurezza a quel punto, sarà molto rassicurante» aggiunge, spiegando che 5 anni dovrebbero essere abbastanza tempo per superare qualsiasi “riserva cognitiva” che potrebbe compensare potenziali deficit.