Nuovi risultati pubblicati su “Nature” suggeriscono che le statine possono intervenire sul microbiota intestinale alterato nei pazienti obesi
Nuovi risultati, pubblicati online su “Nature”, suggeriscono che le statine sono in grado potenzialmente di modulare il microbiota intestinale alterato e l’infiammazione collegata a tale alterazione nei pazienti affetti da obesità, condizione associata a elevata mortalità e importante fattore di rischio per CVD e altre malattie croniche.
Le statine sono comunemente prescritte per ridurre il rischio di sviluppare malattie cardiovascolari (CVD) come l’infarto miocardico e l’ictus attraverso la riduzione della concentrazione di colesterolo-LDL circolante. È noto inoltre un effetto pleiotropico di questi farmaci, i quali tendono a ridurre i livelli di infiammazione sistemica.
Il microbiota intestinale umano è costituito da trilioni di batteri, funghi e virus che costituiscono una “fabbrica chimica interna” la quale produce una moltitudine di composti microbici che influenzano l’immunità, la neurobiologia e il metabolismo dell’ospite umano, ricordano gli autori, un gruppo di ricercatori di MetaCardis, importante progetto di ricerca finanziato dall’Unione Europea (UE) che studia il ruolo dei microbi intestinali nelle malattie cardiometaboliche (CMD).
È noto da tempo che gli squilibri nella composizione dei microbi intestinali sono correlati a una varietà di disturbi umani cronici che vanno dall’obesità alle malattie infiammatorie intestinali dal diabete alla depressione, dalla schizofrenia al Parkinson, aggiunge il gruppo guidati da Sara Vieira-Silva, del Laboratorio di Batteriologia Molecolare presso il Dipartimento di Microbiologia e Immunologia dell’Istituto Rega per la ricerca medica di Lovanio, in Belgio.
Inoltre, è noto che una dieta non salubre e l’uso di alcuni farmaci, come gli inibitori di pompa protonica, sono associati a un’ulteriore alterazioni della composizione delle comunità microbiche dell’intestino (disbiosi).
Enterotipo Bact2 associato a infiammazione sistemica
I ricercatori di MetaCardis hanno esplorato i batteri intestinali in quasi 900 individui provenienti da Danimarca, Francia e Germania e il microbiota intestinale in individui obesi aveva precedentemente dimostrato di differire da quello dei soggetti magri per una scarsa diversità batterica, con un relativa deplezione dei batteri che promuovono la salute e i rimanenti dominati da una funzione infiammatoria.
«Le analisi di tipizzazione della comunità dei microbiomi hanno recentemente identificato l’enterotipo Bacteroides2 (Bact2), una configurazione del microbiota intestinale che è associata a infiammazione sistemica e alta prevalenza nelle feci umane» spiegano Vieira-Silva e colleghi. Questo enterotipo Bact2 si trova nel 4% delle persone magre e in sovrappeso, ma nel 18% degli individui obesi che non hanno fatto uso di statine.
«Bact2 è caratterizzato da un’alta percentuale di Bacteroides, una bassa percentuale di Faecalibacterium e una bassa densità di cellule microbiche, e la sua prevalenza varia dal 13% in una coorte generale della popolazione fino al 78% in pazienti con malattie infiammatorie intestinali» specificano gli autori.
I cambiamenti segnalati nella consistenza delle feci e nello stato infiammatorio durante la progressione verso l’obesità e le comorbilità metaboliche ci hanno portato gli autori a ipotizzare che questi sviluppi potessero essere correlati allo stesso modo con un aumento della prevalenza dell’enterotipo Bact2 potenzialmente disbiotico.
Correlazione diretta con il BMI e inversa con gli inibitori dell’HmgCoA reduttasi
«Esplorando le alterazioni del microbiota obesità-associato nei metagenomi fecali quantitativi della coorte trasversale della coorte “Spectrum Body Mass Index” di Metacardis [n = 888] abbiamo identificato la terapia con statina come covariabile-chiave di modicazione del microbioma» spiegano gli autori.
Concentrandosi su una sottocoorte di partecipanti non trattati con statine, proseguono Vieira-Silva e colleghi, si è visto che la prevalenza di Bact2 correlava con l’indice di massa corporea, aumentando da 3,90% nei partecipanti magri o in sovrappeso a 17,73% nei partecipanti obesi. «I livelli di infiammazione sistemica negli individui con enterotipo Bact2 sono risultati più alti di quanto previsto in base al loro stato di obesità, evidenziando il Bact2 come indicatore di microbioma disbiotico» sottolineano.
Tuttavia, in altri partecipanti allo studio obesi che sono stati trattati con statine, la prevalenza dell’enterotipo Bact2 dannoso era significativamente più bassa (6%) rispetto ai loro omologhi non trattati (18%), paragonabile ai livelli osservati nei partecipanti non obesi (4%). I ricercatori hanno inoltre osservato anche che il microbiota associato all’obesità era negativamente associato al trattamento con statine, con conseguente minore prevalenza di Bact2 del 5,88% in partecipanti obesi trattati con statine.
«Esperimenti precedenti hanno dimostrato un impatto delle statine sulla crescita batterica – di cui potrebbero beneficiare i batteri non infiammatori – alla base degli effetti antinfiammatori della terapia con statine» scrivono i ricercatori.
«Ovviamente» concludono «sono necessari studi umani clinicamente controllati per affrontare se le statine mediano parte del loro effetto antinfiammatorio attraverso un miglioramento del tipo enterotipo Bact2 di un microbiota intestinale alterato».