La storia della poesia a braccio è tipica della società contadina e pastorale e si ricollega alla transumanza ma ancora oggi a Borbona c’è un festival dedicato
La storia della poesia a braccio è tipica della società contadina e pastorale, e si ricollega alla storia della transumanza, ovvero le migrazioni stagionali del bestiame dai pascoli di pianura a quelli delle regioni montuose e viceversa.
Tra i pastori di allora alcuni conoscevano a memoria nientedimeno che i versi dei poemi classici cavallereschi, proprio le storie dei cavalieri erranti che studiate a scuola: L’Orlando Furioso dell’Ariosto e la Gerusalemme Liberata di Torquato Tasso! Eh già, perché anche se ciò può meravigliare, spiega la Dire Giovani (www.diregiovani.it), nel loro tascapane o bisaccia, non mancava un poema da leggere per “ammazzare il tempo” durante le lunghe soste a guardia del gregge. Non c’erano telefonini all’epoca, e chi voleva distrarsi e “giocare” utilizzava questi libri!
C’è da dire che il lavoro del pastore era spesso pesante, fatto di lunghe assenze da casa, di una esistenza primitiva, in perenne cammino, spesso in solitudine. Quando capitava che pastori, butteri e altri si incrociassero lungo i tragitti della transumanza, si faceva tappa nelle osterie e tra un bicchiere di vino e un buon pezzo di pane e formaggio, ci si divertiva. Accompagnati dal suono dell’organetto, si iniziava a cantare declamando e imitando i canti di quei poemi epico cavallereschi che portavano con sé. Si cambiavano però le parole, improvvisando e trattando con sarcasmo e ironia gli argomenti più disparati che potevano riguardare amici o familiari, compagni innamorati o personaggi della società, anche fatti di cronaca o il loro lavoro di pastori. E chi non sapeva leggere mandava a memoria i versi.
Nascevano così delle “singolar tenzoni”, dei duelli poetici estemporanei, in cui si usava la stessa metrica dei poemi classici, cioè “l’ottava” quella strofa che è composta di endecasillabi a rima alternata e baciata che dà ritmo alla poesia o alla canzone. Pastori rapper – potremmo dire che questi pastori poeti cantori erano una specie di rapper del passato! – ma la cosa bella è che un cantore chiamava l’altro. Infatti, chi riattaccava era obbligato a iniziare la propria “canzone” dall’ultimo verso del precedente concorrente che lo aveva sfidato, rendendo tutto più coinvolgente e spassoso. Bisognava essere persone fantasiose e di spirito, ma anche preparate e prima di tutto… intonate!
Il canto a braccio, tipico del territorio amatriciano e dell’alta Valle del Velino è comunque ancora oggi eseguito e grazie al festival che lo riguarda vuole essere conosciuto anche a livello nazionale. Ogni anno a Borbona, paesino in provincia di Rieti, si tiene il Festival Regionale del Canto a braccio. Un’altra bella tradizione da salvaguardare.