SMA di tipo 3, nuovo studio preliminare italiano indaga il potenziale uso dei neurofilamenti come biomarcatori di risposta a nusinersen
Nei pazienti con atrofia muscolare spinale (SMA) di tipo 3, la riduzione dei livelli di neurofilamento nel liquido cerebrospinale (CSF) suggerisce un possibile effetto biochimico precoce del trattamento con nusinersen sulla degenerazione assonale che può precedere i cambiamenti nelle prestazioni motorie. Questa la conclusione di uno studio pubblicato sul “Journal of Cellular and Molecular Medicine”.
La SMA è una malattia neuromuscolare recessiva autosomica causata da mutazioni nel gene Survival Motor Neuron 1 (SMN1), ricordano gli autori, guidati da Irene Faravelli, del Centro Dino Ferrari, Dipartimento di Fisiopatologia e Trapiantologia (DEPT), Università degli Studi di Milano. La forma più grave di questa malattia, SMA di tipo 1, diventa evidente nei primi mesi di vita ed è attualmente la causa genetica più comune di morte nell’infanzia, proseguono.
D’altra parte, gli individui affetti da SMA di tipo 3 di solito mostrano un fenotipo più lieve e una progressione della malattia più indolente; nonostante ciò, la maggior parte dei pazienti perde la capacità di camminare in modo indipendente in età adulta. Il principale determinante di questi diversi risultati si riferisce al numero di copia variabile del gene SMN2.
Nusinersen è un oligonucleotide antisenso che si lega al pre-mRNA SMN2 a valle dell’esone 7, portando alla traduzione di una proteina SMN completamente funzionale. Il farmaco è somministrato a livello intratecale mediante puntura lombare ed è stato recentemente concesso in licenza in Europa per trattare la SMA in ogni Paese con indicazioni specifiche per i diversi tipi di SMA.
«Poiché la SMA di tipo 3 è caratterizzata da fenotipo variabile e progressione più mite, i biomarcatori di risposta precoce al trattamento sono fortemente necessari» spiegano Faravelli e colleghi. «Pertanto abbiamo studiato la concentrazione nel CSF di neurofilamenti in pazienti con SMA di tipo 3 trattati con nusinersen come potenziale biomarcatore dell’efficacia del trattamento».
La catena di neurofilamento fosforilato a catena pesante (pNfH) e a catena leggera (Nfl) sono stati associati in modo riproducibile alla degenerazione assonale e i livelli di questi biomarcatori tendono ad aumentare sia nel CSF che nel plasma/siero dei pazienti affetti da malattie del motoneurone (MND), ricordano i ricercatori.
Di conseguenza, spiegano, i neurofilamenti sono stati sempre più riconosciuti come un biomarcatore utile per la diagnosi della SMA, e la loro concentrazione nel CSF è influenzata dalla durata della malattia, dal tasso di progressione e dal coinvolgimento del primo e secondo motoneurone.
Pazienti seguiti con follow-up fino a 6 mesi dopo il trattamento
I pazienti affetti da SMA di tipo 3 sono stati reclutati presso l’Unità di Neurologia della Fondazione IRCCS Ca’ Granda Policlinico di Milano e presso l’Unità di Neurologia dell’Azienda Ospedaliero Universitario di Pisa. I pazienti sono stati valutati con un follow-up a 6 mesi, a partire dalla prima somministrazione di nusinersen e nei giorni successivi al trattamento (a 2 settimane e a uno, 2 e 6 mesi dal primo trattamento, secondo le linee guida nazionali dell’AIFA).
Tutti i pazienti adulti e pediatrici sono stati regolarmente valutati nel tempo con scale standardizzate per la funzione motoria: Hammersmith Functional Motor Scale Expanded (HFMSE) e 6 Minute Walking Test (6MWT) per i pazienti deambulanti. Come riferimento, un singolo paziente con SMA di tipo 1 sottoposto alle stesse procedure e valutazioni è stato reclutato da una delle due istituzioni.
I campioni di liquido cerebrospinale sono stati raccolti subito prima della somministrazione intratecale di Nusinersen. Sono state eseguite analisi su campioni ottenuti alla prima (pre-trattamento) e all’ultima somministrazione (6 mesi). In particolare, la concentrazione di pNfH e Nfl nel CSF di pazienti con SMA di tipo 3 è stata valutata mediante saggio di immunoassorbimento enzimatico ELISA.
In totale, sono stati arruolati nello studio 12 pazienti con diagnosi di SMA di tipo 3. L’età al primo trattamento variava da un minimo di 9 a un massimo di 74 anni, con nove pazienti (75%) >18 anni. La durata minima di malattia all’inizio del trattamento era di 7,5 anni, mentre la durata massima era di 32 anni.
I risultati ottenuti e la loro interpretazione
«I livelli del neurofilamento di base nei pazienti erano paragonabili ai controlli, ma sono diminuiti significativamente dopo sei mesi di trattamento, mentre le funzioni motorie sono state solo marginalmente migliorate. Non è stata osservata alcuna correlazione significativa tra il cambiamento delle funzioni motorie e quello dei neurofilamenti nel tempo» scrivono gli autori.
Va detto, aggiungono, che «nel nostro studio nessuno dei pazienti è stato trattato nelle fasi iniziali della malattia e la progressione della stessa è stata lenta. Il fenotipo più delicato e l’età avanzata potrebbero spiegare l’effetto meno evidente di nusinersen nel breve follow-up di questo studio».
«Nel complesso» concludono Faravelli e colleghi «il nostro studio suggerisce che sia pNfH che NfL sono ridotti dalla somministrazione di nusinersen in una percentuale significativa di pazienti affetti da SMA di tipo 3 già sei mesi dopo il primo trattamento, e che sono necessarie ulteriori indagini sull’ accuratezza dei neurofilamenti come marcatori della risposta al trattamento».