Fase 2, sale scommesse ancora chiuse. Ughi (Obiettivo 2016) scrive al ministro dell’Interno Lamorgese: “Settore discriminato e beffato: tasse più alte su attività chiuse”
«Nel Dl Rilancio e nell’ultimo Decreto di Palazzo Chigi del 17 maggio 2020 emerge con grande chiarezza l’ingiusta discriminazione operata nei confronti della filiera produttiva di cui faccio parte. C’è poi un danno economico addizionale poiché non vi sono previsioni sulla data di riapertura dei luoghi di vendita (sale scommesse, sale bingo, sale giochi ecc.) ed anzi è certo che la loro chiusura è imposta almeno fino al 14 giugno prossimo». Come riprota Agipronews così Maurizio Ughi, amministratore unico di Obiettivo 2016, in una lettera aperta al Ministro dell’Interno, Luciana Lamorgese, chiede spiegazioni sulla situazione del gioco pubblico.
«Ciò appare del tutto incongruo: l’applicazione dei doverosi protocolli sanitari risulterebbe addirittura agevolata per attività come le nostre che in molti casi, ad esempio, si svolgono in locali di vendita già dotati di entrate ed uscite differenziate, di metratura ampia ed idonea a garantire il distanziamento fisico fra i clienti durante la loro permanenza. Chi entra nel locale è gestito da personale particolarmente esperto nell’attuazione del contingentamento all’ingresso, fino ad oggi operato in termini di divieto per i minori di età», ha aggiunto Ughi.
«Salvo far torto alla comune intelligenza, non si può onestamente pensare che altre attività riaperte come bar, ristoranti, parrucchieri, centri di cura della persona ecc. presentino una complessità minore dal punto di vista della prevenzione del contagio; eppure ne è stata consentita le riapertura. Al danno si aggiunge poi la beffa considerando che la nostra è l’unica categoria gravata da un inasprimento fiscale (lo 0,50% della raccolta da scommesse relative ad eventi sportivi di ogni genere a titolo di contributo al fondo “salva sport”) in tempo di conclamata crisi, in cui si dovrebbe al contrario ragionare di agevolazioni e contributi alle imprese a sostegno della difficile ripartenza. Beffa che però si trasforma subito in paradosso essendosi creato un vero e proprio “corto circuito” logico in cui, volendo aumentare il gettito, si aumenta la tassazione ad un comparto che è fermo e chiuso. Ed è anche l’unica categoria che, di fatto, non può beneficiare delle agevolazioni in materia di accesso al credito contenute nel DL Liquidità stante il vero e proprio “muro” alla concessione di credito alle imprese del settore eretto dal ceto bancario che spesso ammanta i propri dinieghi con la superiore motivazione di conformarsi a non meglio precisati “codici etici”; e ciò senza considerare che non è affatto pacifico l’ottenimento delle garanzie dello Stato ai sensi della richiamata norma, come si evince dalla semplice lettura della modulistica di richiesta e dal tenore della dichiarazioni che le imprese del settore sono costrette a rilasciare nella compilazione».
Per non mettere a serio rischio la tenuta di imprese ormai ridotte allo stremo «confido perciò che vorrà tenere nella giusta considerazione tutto ciò e favorire ogni opportuno, urgente approfondimento in seno al Governo circa l’effettiva sussistenza di reali e fondati motivi per mantenere il divieto di riapertura delle nostre attività o, al contrario, rimuoverlo per consentirci l’auspicata ripartenza nel rispetto degli applicabili protocolli di sicurezza sanitaria», ha concluso Ughi nella lettera alla numero uno del Viminale.