Alendronato effervescente migliora la persistenza alla terapia in pazienti affette osteoporosi post-menopausale secondo uno studio italiano
Uno studio italiano, presentato come abstract all’ultimo World Congress on Osteoporosis, Osteoarthritis and Musculoskeletal Diseases (WCO-IOF-ESCEO) e in fase di pubblicazione, ha documentato la capacità di una formulazione effervescente e tamponata di alendronato, di migliorare la persistenza alla terapia in pazienti affette osteoporosi post-menopausale (1).
Lo studio ha documentato come gli avanzamenti della ricerca farmacologica anche relativi all’ottimizzazione delle formulazioni di farmaci già esistenti possano migliorare il vissuto di queste pazienti. Ma la tecnica non basta: occorre anche rinsaldare l’alleanza tra medico e paziente, essenziale per il successo della terapia.
L’aderenza e la persistenza alle terapie rappresentano un problema per le malattie croniche
Come tutte le terapie croniche, anche la terapia dell’osteoporosi è inficiata, nella pratica clinica reale, da due problemi: l’aderenza (ovvero l’adesione ai regimi, alle dosi e alle modalità di assunzione del farmaco prescritto) e la persistenza (il mantenimento della terapia per il tempo prescritto).
L’osteoporosi (OP) non sfugge a questa regola, anche per la natura sostanzialmente asintomatica di questa condizione, che palesa i suoi danni più tardi, con l’insorgenza di fratture spesso rovinose e notoriamente associate, in età avanzata, ad un innalzamento della mortalità (2).
Secondo dati pubblicati nel 2017, “…il 50% circa dei pazienti in trattamento interrompe entro 6 mesi la terapia orale con farmaci antiosteoporosi” (3) – ricorda il dottor Andrea Giusti (Geriatra, Dirigente Medico, SC di Reumatologia, ASL 3 Genovese), autore principale dello studio presentato al congresso.
Numerose le cause invocate per spiegare quanto osservato, dalla difficoltà di adesione alle regole di assunzione di alcuni farmaci (ad esempio la necessità, in caso di assunzione di BSF orali, di rimanere a digiuno per un tempo congruo dopo l’assunzione del farmaco, o il dover rimanere con il busto in posizione eretta) (4), alla mancanza di motivazione del paziente ad aderire alla terapia prescritta (perché non si riesce a cogliere l’importanza della cura dell’OP per prevenirne le conseguenze), fino al timore di eventi avversi (si pensi, per i bisfosfonati, al timore – spesso più percepito che reale, data la loro rarissima incidenza – di andare incontro a osteonecrosi della mandibola o a fratture atipiche).
Razionale d’impiego della formulazione di alendronato effervescente
Alendronato rappresenta il farmaco àncora per il trattamento di molte forme di OP (post-menopausale, maschile, cortisonica).
La presenza di dati insoddisfacenti sull’aderenza e la persistenza al trattamento ha portato la ricerca farmaceutica a progettare una formulazione solubile ed effervescente tamponata, in grado di migliorare la tollerabilità/sicurezza gastrointestinale dell’alendronato.
Una nuova formulazione effervescente e tamponata di alendronato 70 mg, bioequivalente rispetto alla compressa tradizionale, si caratterizza per la completa solubilizzazione del principio attivo, con un pH relativamente elevato (pH 5), in grado di prevenire l’impatto dell’acidità dello stomaco e minimizzare i danni in caso di eventuale reflusso gastroesofageo. Inoltre, transitando velocemente nell’esofago, riduce il rischio di aderenza delle particelle alla mucosa esofagea.
Obiettivi e risultati dello studio
Lo studio presentato al Congresso si è proposto un duplice obiettivo: 1) verificare se questa nuova formulazione di alendronato fosse in grado di aumentare la persistenza alla terapia (analizzando anche le ragioni alla base dell’eventuale abbandono del trattamento) in una coorte di pazienti affette da osteoporosi post-menopausale rispetto ad una coorte di pazienti osteoporotiche trattate con alendronato in compresse (formulazione standard); 2) confrontare gli outcomes ottenuti nelle due coorti diversamente trattate.
A tal scopo, sono state incluse nella prima coorte dello studio 144 donne in post-menopausa trattate con alendronato effervescente, aventi un T-score di DMO < -2,5 o compreso tra -2 e -2,5 e il riscontro di almeno una frattura vertebrale.
La coorte storica, invece, era costituita da 216 donne in post-menopausa trattate con alendronato in formulazione standard (72 delle quali in terapia con la formulazione di associazione di alendronato + colecalciferolo).
Le due coorti erano pressoché sovrapponibili in riferimento alle caratteristiche iniziali (numero pregresso di fratture, DMO iniziale, impiego di inibitori di pompa protonica).
Dai risultati è emerso che la persistenza alla terapia con alendronato effervescente a 6 e a 12 mesi è stata pari, rispettivamente, al 91% e all’81% rispetto al 75% e al 69% osservato nelle pazienti trattate con la formulazione standard di alendronato, con una differenza che ha mantenuto significatività statistica per entrambi i time points considerati (p<0,001 a 6 mesi; p=0,0099 a 12 mesi) (fig.1).
Non solo: “Analizzando le motivazioni alla base della sospensione del trattamento assegnato o del suo mantenimento – aggiunge Giusti – è emerso che: 1) tra le pazienti che sospendevano il trattamento con alendronato, la proporzione di pazienti che interrompeva il trattamento con la formulazione standard del farmaco per insorgenza di sintomatologia gastroesofagea era decisamente superiore rispetto a quella rilevata nei pazienti che interrompevano il trattamento con alendronato effervescente (11% vs 4; p= 0,027) (tab.1); 2) la quota di pazienti che non ha interrotto il trattamento assegnato per motivi soggettivi (accettazione e palatabilità del trattamento, timore eventi avversi) è risultata maggiore tra le pazienti trattate con alendronato effervescente rispetto alla formulazione standard in compresse”.
“I risultati di questo studio, pertanto – conclude Giusti – hanno documentato per la prima volta la possibilità di aumentare nel tempo la persistenza al trattamento con alendronato grazie alla formulazione effervescente, dopo che già studi clinici precedenti ne avevano dimostrato la maggiore tollerabilità rispetto alla formulazione standard”.
La relazione medico-paziente indispensabile per il miglioramento dell’aderenza alla terapia
Se, per quanto appena detto, le cause della ridotta aderenza alla terapia per l’osteoporosi sono molteplici e la ricerca farmacologica può venirci in aiuto per risolverle, la tecnica farmaceutica può ancora rivelarsi insufficiente se il medico non è in grado di spiegare al paziente l’importanza e le conseguenze positive di un trattamento e della sua corretta esecuzione.
“E’ importante far comprendere che, se non si assume il farmaco in maniera continuativa, il farmaco non sortisce alcun beneficio – spiega Giusti -. Di qui l’importanza di mantenere un rapporto costante con il proprio medico curante, che sarà in grado di offrire alternative terapeutiche, se necessario”.
1) Giusti A et al. Persistence with the buffered solution of alendronate 70 mg: prospective observational study. Osteoporos Int 2018
2) http://www.salute.gov.it/portale/donna/dettaglioContenutiDonna.jsp?lingua=italiano&id=4491&area=Salute%20donna&menu=patologie
3) Martín-Merino E et al. Cessation rate of anti-osteoporosis treatments and risk factors in Spanish primary care settings: a population-based cohort analysis. Arch Osteoporos 2017;
4) The Adherence Gap: Why Osteoporosis Patients Don’t Continue With Treatment. A European report highlighting the gap between the beliefs of people with osteoporosis and the perceptions of their physicians, IOF, 2005