Stati Uniti in fiamme per le rivolte dopo l’uccisione di George Floyd, Casa Bianca sotto assedio e Trump nel bunker: tre morti negli scontri di questa notte
Un’altra notte di sangue e scontri negli Stati Uniti. Le proteste per l’omicidio di George Floyd hanno raggiunto il sesto giorno consecutivo, allargandosi in tutto il paese. Intanto, il presidente Donald Trump resta asserragliato nella Casa Bianca, in attesa di decidere quale azioni intraprendere.
TRE MORTI NEGLI SCONTRI DI QUESTA NOTTE
Sono tre, spiega l’agenzia Dire (www.dire.it), i manifestanti che hanno perso la vita questa notte: due a Davenport, Iowa, e uno a Louisville, Kentucky, ucciso da colpi di pistola esplosi dalla polizia per sgomberare un parcheggio.
Violenze anche a Washington Dc, New York e Philadephia. Nonostante il coprifuoco, infatti, i manifestanti sono scesi in piazza e si sono confrontati in duri scontri con la polizia. Secondo la Cnn, numerosi edifici sono stati dati alle fiamme e decine di manifestanti sono stati arrestati.
Continua intanto lo schieramento della Guardia Nazionale, attualmente attivata in 27 stati mentre il coprifuoco, imposto in più di 40 città, è stato violato quasi ovunque. Numerosi anche gli arresti: nella sola New York, questa notte sono state fermate più di 250 persone.
DONALD TRUMP ASSERRAGLIATO NELLA CASA BIANCA
Secondo l’editorialista della Cnn Stephen Collins, con il suo comportamento il presidente Trump starebbe esasperando gli animi. Il tweet di giovedì, dove l’inquilino della Casa Bianca ha scritto ‘when the looting starts, the shooting starts’, infatti, sarebbe “un chiaro riferimento al linguaggio razzista degli anni ’60”.
Per provare a gettare acqua sul fuoco, venerdì Trump ha parlato con la famiglia di George Floyd “per esprimergli le condoglianze a nome dell’intera nazione”. Questa conversazione, però, è stata criticata dallo stesso fratello di Floyd che, rispondendo al NYTimes, ha detto che il presidente “non mi ascoltava e non mi lasciava parlare”.
Secondo quanto riferito alla Cnn da fonti interne alla Casa Bianca, in questo momento il team di consiglieri del presidente sarebbe profondamente diviso sul da farsi. Da una parte, le ‘colombe’ consigliano il Presidente di intervenire con un discorso alla nazione per provare a pacificare la situazione. I ‘falchi’, invece, vorrebbero spingere Trump a condannare con forza le proteste per non perdere il voto della classe media bianca in vista delle elezioni del prossimo novembre.
ANTIFA COME TERRORISTI
Intanto, il presidente Trump ha individuato quelli che, a suo avviso, sono i responsabili degli scontri: il movimento ‘Antifa’, una rete di organizzazioni anarco comuniste attiva dal 2016 per la difesa dei diritti delle minoranze.
L’inquilino della Casa Bianca, in un tweet, ha annunciato la volontà di inserire questo gruppo nella lista delle organizzazioni terroristiche. Una scelta che sarebbe senza precedenti e, secondo molti osservatori, in netto contrasto con il primo emendamento della Costituzione americana che garantisce la libertà di pensiero. Fino ad oggi, infatti, negli Usa nessuna organizzazione interna è stata mai definita come ‘terroristica’.
Intanto, la polizia del Minnesota lancia un allarme che contrasta con la ricostruzione di Trump: oltre ai gruppi ‘Antifa’, tra i manifestanti sarebbero presenti anche gruppi di estrema destra che avrebbero lo scopo di far dilagare la violenza.
LA CINA: RAZZISMO MALATTIA CRONICA AMERICANA
“Il razzismo verso le minoranze è una malattia cronica della società americana”: così un portavoce del governo cinese, Zhao Lijian, sull’omicidio di George Floyd per mano di un agente della polizia del Minnesota.
Zhao ha sottolineato che “le vite delle persone nere sono vite come quelle degli altri” e che i diritti degli afroamericani “devono essere garantiti”.
Il rappresentante del ministero degli Esteri di Pechino ha poi definito la reazione del governo del presidente Donald Trump alle proteste che da giorni colpiscono le città americane come “da manuale dell’atteggiamento ‘due pesi e due misure’”.
Zhao si è chiesto: “Perchè gli Stati Uniti idolatrano i cosiddetti ‘indipendentisti’ di Hong Kong, e anche le frange più violente del movimento”, mentre “trattano da rivoltosi chi protesta contro il razzismo?”.
Il riferimento è alle manifestazioni contro l’influenza di Pechino che vanno avanti da mesi nell’ex colonia britannica. Mobilitazioni che, secondo il governo cinese, sarebbero in larga parte conseguenza di ingerenze straniere.