Malattia granulomatosa cronica: la terapia genica è una nuova via per combatterla. Il primo trial è stato effettuato su 9 pazienti tra Stati Uniti e Regno Unito
La malattia granulomatosa cronica (CGD) è una immunodeficienza primitiva rara (1 caso su 217.000 nati a livello mondiale), caratterizzata da suscettibilità alle infezioni da parte di funghi e batteri e dalla presenza di granulomi, cioè ammassi di tessuto infiammato, in tutto il corpo. Infatti, in questo caso i neutrofili, un tipo di globuli bianchi, non sono in grado di rispondere agli agenti estranei e svolgere la loro attività difensiva. Un recente studio pubblicato su Nature Medicine analizza i risultati preliminari della terapia genica su nove pazienti affetti CGD legata al cromosoma X, forma che colpisce il 65% dei pazienti in Nord America e Europa Occidentale e che è causata da mutazione sul gene CYBB. Si tratta del primo studio clinico con terapia genica per malattia granulomatosa cronica e i risultati sono promettenti.
Pur potendosi manifestare a tutte le età, la malattia granulomatosa cronica viene di solito diagnosticata nei bambini prima del compimento del quinto anno d’età a causa delle infezioni gravi e ricorrenti e delle lesioni granulomatose. Oltre alla forma con ereditarietà legata al cromosoma X, la malattia può essere autosomica recessiva (entrambe le copie del gene coinvolto, localizzate su cromosomi non sessuali, contengono il difetto genetico), con mutazioni a carico dei geni CYBA, NCF1, NCF2 e NCF4. Le immunodeficienze primitive fanno parte di quelle malattie particolarmente gravi per le quali la diagnosi precoce potrebbe cambiare la storia della malattia: proprio per questo lo screening neonatale sarebbe uno strumento ottimale per la presa in carico dei piccoli pazienti fin dai primi giorni di vita. L’unica possibilità di cura attualmente disponibile è il trapianto di midollo osseo (o trapianto di cellule staminali ematopoietiche, HSCT) da donatore compatibile, anche se negli ultimi anni la qualità di vita dei pazienti è migliorata molto grazie alla terapia profilattica antibatterica e antimicotica.
Ma ora una nuova speranza arriva dalla terapia genica per cui la prima sperimentazione clinica si è svolta con uno studio di Fase I/II in due diversi Paesi: dei nove pazienti reclutati, quattro sono stati trattati in Regno Unito e cinque negli Stati Uniti. I pazienti, tutti maschi di età compresa tra i 7 e i 27 anni, avevano una storia clinica di gravi infezioni, alcune attive all’epoca del trattamento, e diversi tra loro presentavano delle complicanze infiammatorie croniche. Le cellule utilizzate per la terapia genica sono le staminali ematopoietiche (le cellule del sangue e del sistema immunitario) e le cellule progenitrici, che sono state modificate utilizzando un vettore lentivirale, chiamato G1XCGD. Una volta modificate, sono state reinfuse nel paziente precedentemente sottoposto a mieloablazione, ovvero la procedura che permette di eliminare le cellule “originali” (con il difetto genetico) dal midollo osseo del paziente per lasciare spazio a quelle corrette grazie alla terapia genica. Procedura che viene effettuata tramite chemioterapia o radiazioni.
A un mese dal trattamento, i neutrofili modificati erano rilevabili nel sangue periferico dei pazienti. Purtroppo, ci sono stati due decessi non ricollegabili alla terapia genica, probabilmente causati da complicazioni preesistenti. I controlli dopo 12 mesi hanno evidenziato che il 16-46% del totale dei neutrofili di sei pazienti su sette erano geneticamente corretti. L’obiettivo primario della sperimentazione, cioè la valutazione della stabilità del trattamento a 1 anno dalla terapia genica, è stato raggiunto e confermato dalle diverse analisi effettuate. Inoltre, non ci sono stati eventi avversi riconducibili al trattamento sperimentale.
I pazienti non hanno avuto nuove infezioni legate alla malattia granulomatosa cronica e sei sono riusciti a interrompere il trattamento profilattico – antimicotico e antibiotico – standard per questa patologia. Il settimo paziente è rimasto sotto profilassi antibiotica a causa di una preesistente malattia polmonare e linfopenia. È quindi possibile affermare che sono stati soddisfatti anche i criteri per valutare l’efficacia a livello immunitario. Inoltre, il gruppo di ricerca ha stabilito che una correzione funzionale a lungo termine di almeno il 10% dei neutrofili circolanti fornirà un beneficio clinico duraturo, che può avvicinarsi alla normale resistenza alle infezioni se si arriva (o si supera) il 20% delle cellule modificate. Seguendo la stessa procedura, sono stati trattati ulteriori quattro pazienti negli Stati Uniti, che a distanza di 2-9 mesi stavano bene e non avevano infezioni legate alla malattia granulomatosa cronica.
Rispetto al trapianto di cellule staminali ematopoietiche, i vantaggi della terapia genica sono la prevenzione della malattia acuta da rigetto (Graft Versus Host Disease – GVHD) e la riduzione del regime terapeutico. Circa un anno fa, uno studio sul trapianto di cromosoma aveva preso in considerazione anche questa patologia e, anche se si tratta di uno studio preclinico, le evidenze raccolte supportano il proseguimento degli studi. In futuro, questi parametri potrebbero essere migliorati, perfezionando la procedura e il vettore virale, ma è già possibile affermare che la terapia genica è efficace sui pazienti gravemente affetti da CGD legata all’X. Ovviamente, sono necessari ulteriori studi per valutare efficacia e sicurezza clinica a lungo termine.