Tumore della vescica: avelumab allunga la vita


Cancro della vescica, mantenimento con avelumab dopo la chemioterapia di prima linea migliora la sopravvivenza globale secondo lo studio di fase 3 JAVELIN Bladder 100

Cancro della vescica, mantenimento con avelumab dopo la chemioterapia di prima linea migliora la sopravvivenza globale secondo lo studio di fase 3 JAVELIN Bladder 100

Il trattamento di mantenimento con l’anticorpo monoclonale anti-PD-L1 avelumab combinato con la migliore terapia di supporto, dopo la chemioterapia iniziale, permette di prolungare in modo significativo la sopravvivenza globale (OS) rispetto alla migliore terapia di supporto da sola in pazienti con carcinoma uroteliale avanzato. È quanto emerge da un’analisi ad interim dello studio randomizzato di fase 3 JAVELIN Bladder 100, appena presentata al congresso annuale dell’American Society of Clinical Oncology (ASCO), quest’anno in modalità virtuale per via dell’emergenza coronavirus.

Il miglioramento dell’OS nel braccio trattato con avelumab è stato di 7,1 mesi.

«I pazienti con carcinoma uroteliale avanzato spesso recidivano dopo il trattamento iniziale con la chemioterapia. Questo studio mostra il più grande beneficio di sopravvivenza visto finora nel carcinoma uroteliale avanzato. Se usato come terapia di mantenimento, avelumab ha prolungato significativamente il periodo di tempo fino alla recidiva» ha commentato il presidente dell’ASCO Howard Burris.

Nel gennaio scorso, Merck KGaA e Pfizer’s avevano annunciato che lo studio JAVELIN Bladder 100 aveva centrato l’endpoint primario, rappresentato appunto dall’OS, nell’analisi ad interim.

Lo studio JAVELIN Bladder 100

JAVELIN Bladder 100 è uno studio multicentrico internazionale che ha reclutato 700 pazienti con carcinoma uroteliale non resecabile localmente avanzato o metastatico, che non mostravano segni di progressione della malattia dopo la chemioterapia standard (gemcitabina più cisplatino o carboplatino).

I partecipanti sono stati assegnati in parti uguali a una terapia di mantenimento con avelumab assieme alla migliore terapia di supporto o alla migliore terapia di supporto da sola, ed era permesso un passaggio dal braccio di controllo al braccio sperimentale.

Oltre all’OS, valutata in tutti i pazienti randomizzati e nel sottogruppo con tumore PD-L1-positivo, gli sperimentatori hanno valutato come endpoint secondari anche la sopravvivenza libera da progressione (PFS), il tasso di risposta obiettiva e la sicurezza.

Il follow-up mediano è stato di 19 mesi e circa la metà dei pazienti (il 51%) era positivo per PD-L1.
OS significativamente più lunga con avelumab
L’analisi ha dimostrato che, quando combinato con la migliore terapia di supporto, il mantenimento con avelumab si è associato a un’OS mediana di 21,4 mesi, rispetto ai 14,3 mesi registrati con la sola terapia di supporto (HR 0,69; IC al 95% 0,56-0m86; P a 1 coda = 0,0005).

Il mantenimento con avelumab ha prolungato significativamente l’OS anche nel sottogruppo di pazienti PD-L1-positivi, nel quale l’OS mediana non è ancora stata raggiunta nel braccio sperimentale, mentre è risultata di 17,1 mesi nel braccio di confronto.

Inoltre, la PFS è risultata superiore con avelumab più la migliore terapia di supporto rispetto alla sola migliore terapia di supporto in tutti i pazienti trattati e anche in quelli con tumori PD-L1-positivi.
I dati di sicurezza
Sul fronte della sicurezza, gli effetti avversi più comuni di grado 3 o superiore sono stati le infezioni delle vie urinarie, anemia, ematuria, affaticamento e dolore alla schiena.

L’incidenza degli effetti avversi di grado 3 o superiore è risultata del 47,4% nel braccio avelumab contro 25,2% nel gruppo di controllo. Lo studio ora prosegue per valutare anche la durata della risposta.

Avelumab già approvato dall’Fda

Avelumab è stato approvato nel 2017 dalla Food and Drug Administration con procedura accelerata per il trattamento dei pazienti con carcinoma uroteliale localmente avanzato o metastatico nei quali la malattia ha progredito durante o dopo la chemioterapia contenente platino o ha progredita entro 12 mesi dal trattamento neoadiuvante o adiuvante con chemioterapia contenente platino. Il via libera dell’agenzia Usa si è basato sui dati di risposta del tumore e durata della risposta al trattamento emersi dallo studio di fase 1 JAVELIN Solid Tumor trial. Lo studio JAVELIN Bladder 100 è stato richiesto dall’agenzia per confermare i risultati. L’anticorpo, invece, non ha ancora avuto l’apporovazione della European Medicines Agency per quest’indicazione.