Moda: Tom Ford pronostica un anno di emergenza


Il designer Tom Ford non crede in una ripresa immediata del settore moda: per il texano serve un rallentamento dei ritmi del fashion

Moda: Tom Ford pronostica un anno di emergenza

Tom Ford, il designer texano a capo del Council of Fashion Designer of America, non crede in una immediata ripresa del sistema moda e si accoda all’idea di un ‘rallentamento’ dei ritmi del fashion del quale ha parlato per primo Giorgio Armani e che sta convincendo un numero sempre maggiore di operatori internazionali.

Tom Ford, spiega Garantitaly, arriva a criticare la riapertura delle attività commerciali a New York, a suo dire dettate dalle pressioni politiche, e pianifica almeno un altro anno di emergenza: «Il lusso e la moda – ha dichiarato lo stilista in una lunga intervista alla prestigiosa rivista Wwd – avranno bisogno di più tempo per riprendersi. Infatti, penso che le persone si abitueranno a non vestire più e uscire. Sempre di più ci sono persone su Zoom senza make-up, stanno bene e iniziano ad essere a proprio agio così. Per ora, quindi non c’è mercato, non c’è desiderio per la moda in questo momento. Credo che la moda abbia bisogno di andare in letargo. Se non si può andare al ristorante, perché avresti bisogno di un nuovo vestito e un paio di scarpe col tacco? Se non puoi andare in ufficio perché dovresti comprare un nuovo completo e una cravatta? Inoltre, le persone indossano le mascherine quindi perché mettere il rossetto?».

Se questa è la situazione negli Usa, Tom Ford comprende che il mercato italiano e francese seguano altre strategie: «Capisco – prosegue nell’intervista – perché Carlo Capasa tenga a separare il womenswear dal menswear. L’abbigliamento maschile è un settore importante in Italia e comprendo perché voglia dare enfasi anche alle sfilate uomo. È un settore completamente diverso, buyer diversi, stampa diversa. In America quel settore non è così sviluppato. In America, raccomandare 2 show annuali combinando uomo e donna ha senso. Capisco perché la Francia e l’Italia siano diversi, sono entrambi dei centri manifatturieri potenti con altre necessità, ma siamo tutti d’accordo sul taglio del numero delle collezioni».