Polmoniti comunitarie: biomarker poco utili su severità


Polmoniti comunitarie pediatriche: i biomarker hanno una scarsa predittività sulla loro severità secondo uno studio pubblicato su Pediatrics

Polmoniti comunitarie pediatriche: i biomarker hanno una scarsa predittività sulla loro severità secondo uno studio pubblicato su Pediatrics

Conta leucocitaria, conta assoluluta dei neutrofili, livelli di CRP e di procalcitonina non sembrano utili nel discriminare la le forme non severe da quelle severe di polmonite comunitaria pediatrica, per quanto i livelli di CRP e di procalcitonina sembrano essere di qualche utilità nel predire gli outcome più severi. Sono queste le conclusioni di uno studio recentemente pubblicato su Pediatrics.

Le polmoniti comunitarie (CAP) rappresentano una delle condizioni più frequentemente oggetto di cura da parte dei pediatri, anche se la predizione della severità di malattia e della prognosi risulta spesso difficile alla presentazione iniziale.

Alcuni studi condotti nell’adulto suggeriscono che alcuni biomarker, come i livelli di CRP, la conta leucocitaria, quella assoluta di neutrofili e i livelli di procalcitonina potrebbero essere associati con la severità di malattia.

Di qui il nuovo studio, di disegno prospettico e di coorte, che ha valutato se lo stesso fosse vero nei soggetti di età compresa dai 3 mesi ai 18 anni con sospetto di CAP, visitati in Pronto Soccorso.

I ricercatori hanno reclutato 477 individui (età media: 5,6 anni; 52,6% di sesso maschile, 67% di etnia Caucasica) in un periodo di 4 anni, visitati in Pronto Soccorso con segni e sintomi di infezione a caricao del tratto respiratorio inferiore e referto radiografico suggestivo di polmoniti comunitarie, sottoponendoli a prelievo ematico.

Sono stati esclusi dallo studio degli individui pediatrici immunocompromessi o affetti da condizioni mediche croniche predisponenti a polmoniti severe o ricorrenti.

L’outcome primario dello studio era rappresentato dalla severità di malattia, categorizzata come “lieve”, “lieve-moderata”, “moderata-severa” e “severa”.

Dall’analisi dei dati è emerso, nel complesso, che la mediana della conta leucocitaria (p=0,24), la conta assoluta di neutrofili (p=0,26), i livelli di CRP (p=0,6) e di procalcitonina (p=0,21) non erano associati alla severità di malattia.

Inoltre, tutti i partecipanti allo studio hanno mostrato valori predittivi negativi (NPV) al di sopra di 0,90 per i valori soglia selezionati, a suggerirne l’utilità nell’escludere la presenza di malattia severa.

Nei modelli aggiustati per l’età, trattamento antibiotico prima dell’arrivo in Pronto Soccorso, durata della febbre e individuazione di agenti patogeni virali, è emerso che i livelli di CRP erano modestamente associati con la severità di malattia (lieve vs. malattia più severa: OR= 1,19; IC95%= 1,04-1,35).

Quando sono stati esaminati gli outcome individuali, è stato osservato che i livelli di CRP e di procalcitonina erano moderatamente associati con lo sviluppo di polmoniti con complicanze, infezioni necessitanti di drenaggio toracico o shock settico.

Nel commentare i risultati, i ricercatori, pur riconoscendo come un limite dello studio il carattere monocentrico che limita la generalizzabilità dei risultati ottenuti, hanno sottolineato come il lavoro da loro pubblicato sia quello di più ampie dimensioni, rispetto agli studi precedenti, ad aver esaminato il ruolo predittivo dei biomarcatori nelle polmoniti comunitarie.