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Disturbi alimentari: i vegetariani sono più a rischio

Secondo un nuovo studio alcuni aggiustamenti della dieta potrebbero giocare un ruolo nel trattamento dei pazienti affetti da artrite psoriasica

Per la scienza ormai è certo: masticare bene giova al corpo e alla mente, aiuta digestione e umore ma, aspetto inedito, frena anche il progredire delle demenze e perfino l’insorgere della malattia.

Disturbi alimentari, secondo i pediatri si riscontra una maggiore prevalenza tra i vegetariani. In gravidanza rischi di carenza di zinco, ferro e vitamina B12

“Non è possibile stabilire un nesso di causalità tra diete vegetariane e i disturbi della condotta alimentare (Dca). I dati della letteratura su pazienti in età pediatrica ed adolescenziale sono limitati a studi trasversali in cui i soggetti hanno già sviluppato il disturbo. I risultati sono però tutti coerenti nell’indicare una forte associazione, statisticamente significativa, tra vegetarianismo e Dca, nonché tra vegetarianismo ed altri disturbi come bassa autostima, ansia personale e sociale. In tutti gli studi la prevalenza di Dca è significativamente maggiore tra i vegetariani rispetto ai non vegetariani”. È quanto emerge dal position paper realizzato dalla Società italiana di Pediatria preventiva e sociale (Sipps), insieme alla Federazione italiana medici pediatri (Fimp), alla Società italiana di Medicina dell’adolescenza (Sima) e alla Società italiana di Medicina perinatale (Simp). Il documento vuole approfondire il tema delle diete vegetariane in relazione ai disturbi della condotta alimentare, sulla base della ricerca e della valutazione delle evidenze scientifiche a oggi disponibili, condotte secondo criteri metodologici validati.

Nel position paper viene raccomandata “l’opportunità di un monitoraggio in rapporto a segnali premonitori di Dca da parte dei professionisti, nei casi di pazienti di età pediatrica e adolescenziale che seguono una dieta vegetariana”.

Le quattro società scientifiche cercano di fare chiarezza anche sull’influenza delle diete vegetariane nello sviluppo del feto (parto prematuro, peso alla nascita, percentuale di abortività, sviluppo neuromotorio), evidenziando che “numerosi risultano gli studi di tipo osservazionale con i quali è stata indagata la qualità dei fattori di esposizione, i cosiddetti MDP. Non vi sono però studi metodologicamente robusti, o studi di intervento che associno gli MDP esclusivamente vegetariani al parto prematuro, al basso peso alla nascita, e alla percentuale di aborto. È tuttavia documentato che le donne vegetariane possono andare incontro a problemi di carenza di zinco, vitamina B12 e ferro, mentre da tali diete può risultare una maggiore assunzione di folati e magnesio. Pertanto, se le donne decidono di continuare a seguire tali abitudini alimentari anche durante la gravidanza – consigliano le società scientifiche come riferisc ela Dire (www.dire.it) – è necessario che vengano seguite da personale esperto e monitorate sia durante la gravidanza che durante il periodo dell’allattamento- concludono- per essere eventualmente supplementate con i nutrienti carenti”.

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