Ipertensione: confermati benefici degli integratori


Pressione arteriosa borderline da non trascurare. Confermati dalla Società Europea dell’Ipertensione i benefici degli integratori alimentari

Pressione arteriosa borderline da non trascurare. Confermati dalla Società Europea dell'Ipertensione i benefici degli integratori alimentari

Un recente documento di consenso della Società Europea dell’Ipertensione (ESH), pubblicato sul “Journal of Hypertension”, ha confermato che nei soggetti con livelli pressori borderline (compresi tra 130/139 mmHg per la massima e 85/89 mmHg per la minima), è raccomandato l’utilizzo di alimenti funzionali, prodotti nutraceutici e componenti di origine naturale che si sono dimostrati efficaci nel controllo della pressione arteriosa in studi clinici randomizzati e controllati, senza ricorrere a un approccio di tipo farmacologico.

L’informazione è rilevante, considerando che nella popolazione generale italiana circa un terzo delle persone presenta livelli di pressione arteriosa (PA) non ottimale (borderline) che mettono in pericolo la salute del cuore e delle arterie.  Per evitare che si instauri una ‘vera’ ipertensione (tra i principali fattori di rischio di malattie cardiovascolari [CV]), è opportuno intervenire con strategie di intervento non farmacologiche, grazie alla recente disponibilità di nuovi integratori alimentari specifici, da utilizzare in abbinamento a modifiche dello stile di vita.

Su questi temi si è confrontato un board di esperti in cardiologia e nutraceutica durante il webinar “FIRST, un primo approccio naturale contro i primi segnali di ipertensione”, organizzato da Neopharmed Gentili, azienda farmaceutica italiana specializzata nel trattamento delle principali patologie cardio-metaboliche.

Gli esperti hanno ribadito l’importanza di non trascurare i primi segnali dell’ipertensione, ricordando che il rischio di morte per malattia CV è direttamente proporzionale all’aumento dei livelli di PA, già a partire da valori di 115 mmHg sistolici e 75 mmHg diastolici. Si è però sottolineato come le più rilevanti modifiche dello stile di vita (controllo alimentare, esercizio fisico), utili a ridurre i principali fattori di rischio CV, siano spesso difficili da far seguire.

L’impiego di sostanze nutraceutiche potrebbe rappresentare per questi pazienti una grande soluzione. Il termine nutraceutico – è stato spiegato – deriva dall’unione dei termini ‘nutrizionale’ e ‘farmaceutico’ e definisce un cibo o una parte di un cibo o qualsiasi sostanza che ha dimostrato la capacità di promuovere condizioni di salute migliori attraverso un’azione di tipo farmacologico.

Il punti-chiave del documento di consenso
In particolare, l’ESH ha prodotto un documento di consenso finalizzato a identificare il ruolo della strategia nutraceutica nel controllo della PA, le modalità di identificazione delle sostanze nutraceutiche dotate di efficacia antipertensiva e soprattutto quali siano gli elementi da valutare quando si vuole considerare un qualsiasi prodotto nutraceutico alla stregua di un trattamento in grado di contribuire al controllo dei valori di PA.

Da questo punto di vista,  il primo step di questa ricerca è stato quello di selezionare le sostanze suddividendo tre grandi categorie in grado di esercitare un’azione nutraceutica:
• cibi funzionali, ovvero i cibi che ingeriti come tali sono in grado di controllare i valori di PA. Molti sono di uso comune e facili integratori di una dieta giornaliera. L’aspetto importante è che per ciascuno di questi fattori è stato decritto un potenziale meccanismo antipertensivo, con dati derivati da sperimentazioni cliniche controllate condotte in genere contro placebo o farmaci antipertensivi e quindi sono di rilevanza inequivocabile e definiscono la capacità di riduzione dei valori di PA sistolica e diastolica che vanno da 3 a 7-8 mmHg;
• nutrienti, ossia sostanze che possono essere componenti di cibo ma contemporaneamente possono essere utilizzati a costruire aggregati con valore nutrizionale a elevato contenuto di sostanze funzionalmente attive sul controllo della PA, sia in forma separata sia in forma di componente alimentare. Per gli stessi è stato identificato almeno un studio che ipotizzi un meccanismo d’azione, oltre a studi in grado di valutarne l’efficacia secondo la metodica tradizionale, in grado di dare una riduzione dei valori pressori che va da 2 a 4-5 mmHg per PA sistolica e diastolica;
• nutraceutici senza capacità nutrizionale, elementi di supporto di altri cibi – che hanno altre caratteristiche ma sono in grado – pur non avendo un’azione nutrizionale – di contribuire all’azione funzionale dei cibi nei quali sono contenuti. Anche in questo caso la procedura è stata esattamente la stessa, con l’identificazione di un meccanismo d’azione ben definito, l’esistenza di dati di controllo ottenuti nella logica della trialistica tradizionale. In questo caso la diminuzione della pressione è rilevante, potendo andare dai 3 agli 8-9 mmHg.

Sarebbe sbagliato obiettare che queste modificazioni della PA possono essere troppo modeste per incidere sul profilo di rischio del paziente, si è fatto notare, in quanto, ragionando dell’opportunità di considerare 4-5 mm Hg come rilevanti, non si sta parlando di farmaci antipertensivi ma di sostanze che si applicano su un’ampia sezione della popolazione e che quindi incidono soprattutto sul rischio CV della popolazione generale.

Gli effetti ipotensivi dei principali nutraceutici sulla pressione normale-alta
«Gli integratori alimentari sono prodotti efficaci e sicuri, in particolare nelle condizioni di cosiddetta pressione normale-alta. Esiste un’ampia letteratura scientifica a supporto dell’efficacia clinica di formulazioni naturali che combinano elementi in grado di modulare i livelli di pressione arteriosa» spiega Arrigo Cicero, del Dipartimento di Medicina Clinica dell’Alma Mater Studiorum Università di Bologna e presidente della Società Italiana di Nutraceutica (SINut).

«Al proposito, in letteratura abbiamo a disposizione una meta-analisi di RCT in doppio cieco la quale mostra, in modo incontrovertibile, effetti davvero rilevanti della riduzione quantitativa della PA sistolica e diastolica relativa all’uso di questo tipo di estratti» sottolinea Cicero.

«Magnesio, ortosifon, biancospino e ibisco sostanze con efficacia dimostrata nel contrastare i primi segnali dell’ipertensione. I meccanismi d’azione di queste sostanze sono per lo più correlati al ripristino dell’omeostasi vascolare (miglioramento della funzionalità endoteliale), con il vantaggio di non avere effetti collaterali ipotensivanti e risultando sicuri anche se utilizzati in soggetti fragili» aggiunge Cicero.

«Queste sostanze svolgono effetti specifici sul vaso, moltissimi dei quali sono mediati dall’azione antiossidante e antiradicalica che non è necessariamente l’unica» riprende Cicero. «Si hanno inoltre interazioni con il sistema renina-angiotensina, azioni antinfiammatorie sulla parete vascolare. Vi sono poi alcuni precursori di prodotti sulfidrilici modulatori dell’effetto endoteliale, altre sostanze svolgono azioni anche di tipo diuretico di tipo similtiazidico. Di conseguenza, questi effetti globalmente danno ragione degli effetti clinici che si osservano negli studi clinici».

In particolare è provato che gli estratti di Ortosiphon stamineus svolgono in maniera importante e dose-dipendente un effetto di inibizione dell’enzima convertitore dell’angiotensina (ACE) comparabile a quello ottenuto con idroclorotiazide, specifica l’esperto.

«Il magnesio ha una serie di effetti diretti sul vaso ma anche ulteriori effetti pleiotropici, così che l’integrazione possa avere un razionale nella gestione di valori di PA normale/alta nella popolazione generale» aggiunge il presidente SINuT. «Ciò è dimostrato negli studi clinici dal fatto che la supplementazione con magnesio è in grado di ridurre marcatori di reazioni da stress come il cortisolo sierico salivare, noto per essere associato a un aumento dei livelli pressori».

Di grande interesse dal punto di vista del meccanismo d’azione – ma anche dell’efficacia clinica – è l’estratto vegetale di ibisco (Hibiscus sabdariffa) più noto come karkadé, che – spiega Cicero – è una bacca che ha un’altissima concentrazione di vitamina C che di per sé ha una dimostrata azione antipertensiva ma contiene anche una serie di flavonoidi e sostanze antiossidanti che parallelamente influiscono positivamente sulla reattività endoteliale con azione antiossidante, antinfiammatoria e parzialmente con effetto di ACE-inibizione che si riflette in modelli sperimentali in una riduzione della rigidità arteriosa.

Altro esempio particolarmente eclatante e specifico, continua Cicero, «è quello legato alla frazione flavonoica del biancospino, una bacca particolarmente ricca in principi attivi antiossidanti e antinfiammatori quali le oligoprocianidine che svolgono la loro azione dimostrata a livello del vaso e, in modelli sperimentali, anche un effetto di tipo vasorilassante diretto. Presumibilmente, una parte dell’effetto farmacologico della frazione flavonoica del biancospino è da ascriversi all’effetto ACE-inibitorio, come rilevato da osservazioni cliniche».

Questi nutrienti hanno dimostrato di ridurre i valori di pressione arteriosa in media dai 2 ai 5 mm, con un impatto diretto sulla prevenzione del rischio cardiovascolare associato all’ipertensione. «È stato osservato» continua Cicero «che per ogni 2mm di riduzione della pressione sistolica nella popolazione generale è possibile ottenere una riduzione del 7% dell’incidenza di cardiopatia ischemica e del 10% dell’incidenza di ictus».

Da ricordare, infine, altre sostanze molto studiate che hanno dimostrato effetto antipertensivo: i flavonoli del cacao (molto efficaci ma estremamente costosi), la barbabietola rossa (beta vulgaris), la vitamina C e gli estratti di aglio invecchiato (con proprietà cardio-metaboliche notevoli ma poco utilizzabili a causa di frequenti effetti gastrointestinali negativi).

«Come già ampiamente dimostrato nel caso dell’ipercolesterolemia, oggi gli integratori alimentari rappresentano un’arma in più a disposizione degli specialisti anche per la riduzione del rischio CV correlato alle prime manifestazioni di ipertensione arteriosa» conclude Cicero.