Bronchiettasie da fibrosi: nuovi dati su brensocatib


Bronchiettasie da fibrosi non cistica, il trattamento con brensocatib per 24 settimane centra endpoint in fase 2: presentati i nuovi risultati

Bronchiettasie da fibrosi non cistica, il trattamento con brensocatib per 24 settimane centra endpoint in fase 2: presentati i nuovi risultati

Il trattamento con brensocatib per 24 settimane ha prolungato in modo significativo il tempo alla prima riacutizzazione  polmonare rispetto a placebo in pazienti con bronchiettasia da fibrosi non cistica.

Questo uno dei risultati principale dello studio di fase 2 WILLOW, presentato durante una sessione del congresso dell’American Thoracic Society, tenutosi quest’anno in modalità virtuale a causa della pandemia da SARS-CoV-2.

I risultati sono stati considerati incoraggianti dall’azienda responsabile dello sviluppo clinico del farmaco (Insmed), al punto che la Direzione Medica dell’Azienda ha annunciato, in un comunicato, l’intenzione di iniziare al più presto gli studi di fase 3 sull’impiego di brensocatib, come pure di voler esplorare la potenzialità di questa molecola in altre condizioni infiammatorie guidate da neutrofili.

Informazioni sulla Bronchiectasia non da fibrosi cistica (NCFBE)
La NCFBE è un grave disturbo polmonare cronico in cui i bronchi si dilatano in modo permanente a causa di un ciclo di infezione, infiammazione e danno al tessuto polmonare. La condizione è caratterizzata da frequenti esacerbazioni polmonari che richiedono una terapia antibiotica e/o ricoveri ospedalieri. I sintomi includono tosse cronica, eccessiva produzione di espettorato, respiro corto e ripetute infezioni respiratorie, che possono peggiorare la condizione di fondo. Negli Stati Uniti le NCFBE colpiscono da 340.000 a 520.000 pazienti Attualmente, non ci sono terapie specificamente mirate alle NCFBE.

Informazioni su brensocatib
Brensocatib (questo il nome del farmaco sperimentale inizialmente conosciuto con la sigla INS1007) è un inibitore sperimentale orale, selettivo e reversibile, della dipeptidil peptidase I (DPP1), sviluppato da Insmed per il trattamento di pazienti NCFBE.  La DPP1 è un enzima responsabile dell’attivazione delle serin proteasi dei neutrofili (NSP), come l’elastasi neutrofila.

I neutrofili sono il tipo più comune di globuli bianchi e svolgono un ruolo essenziale nella distruzione degli agenti patogeni e nel mediare i processi infiammatori. Nelle malattie polmonari infiammatorie croniche, però, i neutrofili si accumulano nelle vie aeree e provocano un eccesso di NSP che causano la distruzione e infiammazione dei polmoni.

Si ritiene che brensocatib  riduca gli effetti dannosi delle malattie infiammatorie come l’NCFBE mediante l’inibizione della DPP1 e della sua attivazione degli NSP, riducendo l’attività dei neutrofili.

Brensocatib ha di recente ottenuto dalla Food and Drug Administration Usa la designazione di  “ breakthrough therapy” ed è attualmente anche oggetto di studio come possibile trattamento di Covid-19.

I presupposti e gli obiettivi dello studio WILLOW
Le Linee guida vigenti per il trattamento delle bronchiettasie raccomandano il ricorso a terapie di clearance delle vie aeree respiratorie e mucoattive per contrastare la clearance anomala disordinata che le contraddistingue, nonché il ricorso ad antibiotici per via inalatoria per contrastare la colonizzazione batterica o l’infezione. Tuttavia, ad oggi, non esistono trattamenti aventi come bersaglio diretto l’infiammazione sostenuta da neutrofili, che rappresenta il tratto distintivo delle bronchiettasie.

Su questi presupposti è stato concepito lo studio WILLOW, un trial di fase 2 randomizzato, in doppio cieco, controllato vs. placebo, per gruppi paralleli, si è proposto di valutare l’efficacia e la sicurezza di brensocatib in pazienti con NCFBE.

Disegno dello studio
Lo studio ha reclutato 256 pazienti con bronchiettasie che avevano sperimentato almeno due episodi documentati di riacutizzazione polmonare nel corso dell’anno precedente all’ingresso nel trial.

Ottantasette pazienti (età media: 64 anni; 63,2% di sesso femminile) sono stati randomizzati a trattamento con placebo; 82, invece, sono stati trattati con brensocatib 10 mg (età media: 64,6 anni; 69,5% di sesso femminile)  , mentre 87 pazienti (età media: 63,7 anni; 71,3% di sesso femminile) con il farmaco al dosaggio di 25 mg per 24 settimane.

L’endpoint primario era rappresentato dal tempo al primo episodio di riacutizzazione nel corso dei 6 mesi di durata dello studio.

Risultati principali
Endpoint primario
I risultati hanno mostrato che brensocatib, al dosaggio di 10 mg (HR=0,58; IC95%=0,35-0,95; p=0,029) e di  25 mg (HR=0,62; IC95%=0,38-0,99; p=0,046), è stato in grado di prolungare in modo statisticamente significativo il tempo alla prima riacutizzazione nel corso delle 24 settimane dello studio rispetto al gruppo placebo.

Il tasso di riacutizzazioni nel corso delle 24 settimane di trattamento è stato pari al 48,3% nel gruppo placebo rispetto al 31,7% nel gruppo brensocatib 10 mg (p=0,033) e al 33,3% nel gruppo brensocatib 25 mg (p=0,038).

Il tasso annualizzato di riacutizzazione è stato pari a 1,37 eventi per paziente per anno nel gruppo placebo rispetto a 0,88 eventi per paziente per anno nel gruppo brensocatib 10 mg (p=0,041) e a 1,03 eventi per paziente per anno nel gruppo brensocatib 25 mg (p=0,167).

Dati su concentrazioni elastasi
In aggiunta a questi dati, sono stati presentati i dati di un’analisi dei livelli di elastasi dei neutrofili nell’espettorato dei pazienti.

Brensocatib, ad entrambi i dosaggi, è stato in grado di ridurre in modo significativo le concentrazioni di elastasi, rispetto al placebo. Tale situazione si è mantenuta durante tutto lo studio, a suffragare la capacità del farmaco di inibire l’attività infiammatoria dei neutrofili a livello polmonare.

Non solo: da un’analisi in pool di nuovi dati presentata insieme a quelli sopra descritti e relativa ai soli pazienti trattati con il farmaco, indipendentemente dal dosaggio, è emerso che i pazienti trattati con brensocatib che raggiungevano livelli di elastasi neutrofila al di sotto del limite di quantificazione dopo il basale si caratterizzavano per un’incidenza più bassa di riacutizzazioni polmonari rispetto a quelli che mostravano livelli quantificabili di elastasi neutrofila post-basale (-72%).

Safety
Gli eventi avversi più frequentemente osservati nei pazienti trattati con brensocatib sono stati tosse, cefalea, incremento di produzione di espettorato, dispnea, riacutizzazioni infettive di bronchiettasie, diarrea, fatigue e infezioni a carico del tratto respiratorio superiore.

I tassi di eventi cutanei, compresa l’ipercheratosi, sono stati pari all’11,8% nel gruppo placebo, al 14,8% nel gruppo brensocatib 10 mg e al 23,6% nel gruppo brensocatib 25 mg. I tassi di infezioni (considerati eventi avversi di interesse speciale) sono stati pari al 17,6%, al 13,6% e al 16,9% nei tre gruppi di pazienti sopra considerati, rispettivamente.

Quanto agli eventi odontoiatrici, questi sono stati pari, invece, al 3,5%, al 15% e al 10,1% rispettivamente. A tal proposito, i ricercatori hanno sottolineato come lo studio WILLOW prevedesse un’accurata valutazione della safety dentale e che i risultati ottenuti non hanno evidenziato l’emersione di rischi particolari in termini di malattia parodontale.

Riassumendo
I risultati dello studio di fase 2 WILLOW hanno sottolineato il potenziale di brensocatib nel ridurre il rischio di riacutizzazioni polmonari in pazienti con NCFBE e sono rilevanti dato il circolo vizioso di infiammazione, danno polmonare e infezioni che i pazienti con NCFBE si trovano ad affrontare, in assenza di opzioni terapeutiche ad hoc.

Questo trial rappresenta uno studio chiave nella gestione delle bronchiettasie perchè condotto con un farmaco sperimentale che, per la prima volta, si dimostra in grado di colpire direttamente l’infiammazione neutrofila, migliorando anche la clinica di questi pazienti.

Se questi risultati saranno confermati in fase 3, brensocatib potrebbe configurarsi come un nuovo trattamento non antibiotico in grado di prevenire le riacutizzazioni nelle bronchiettasie.